Autore: 
Heidi Barbara Heilegger

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI FIRENZE

Con decreto del 07 marzo 2017 il Tribunale per i minorenni di Firenze ha accolto la richiesta di riconoscimento dell'adozione di due minori, fratelli tra loro, pronunciata da una Corte britannica a favore di una coppia di uomini italiani residenti nel Regno Unito (1). Si tratta di una decisione che ha immediatamente suscitato reazioni contrastanti: salutata con entusiasmo da quanti sono favorevoli all'omogenitorialità (2), è stata, invece, aspramente criticata da chi all'omogenitorialità si oppone.

Alla citata pronuncia viene, infatti, attribuito il merito – o, a seconda dei punti di vista, la colpa – di aver legittimato sul piano giuridico l'adozione da parte di una coppia omosessuale (ipotesi che rientra pienamente nella definizione di omogenitorialità almeno secondo l'accezione ampia e generalmente condivisa proposta da Lingiardi).

Il decreto del Tribunale per i Minorenni di Firenze ha dunque riacceso il dibattito intorno ad un tema a dir poco spinoso che non solo chiama in gioco pareri e preoccupazioni diverse, ma vede fronteggiarsi posizioni ideologicamente opposte e probabilmente inconciliabili: da un lato chi considera l'omogenitorialità un attentato alla c.d. famiglia tradizionale, dall'altro chi vi legge solamente uno fra i molti, possibili modi in cui può declinarsi l'essere famiglia, tutti posti su un piano di pari dignità. Per evitare di incorrere nel rischio di piegare la citata pronuncia ad indebite e pericolose strumentalizzazioni, può essere a questo punto opportuno sospendere il giudizio e cercare di comprenderne la ratio ossia il principio alla stessa sotteso. I ricorrenti, nel caso esaminato dal tribunale fiorentino, avevano chiesto la trascrizione della sentenza straniera ai sensi dell’art. 36 comma quarto della legge n. 184/1983. In base a questa norma, l'adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di cittadini italiani, che dimostrino, al momento della pronuncia, di aver soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza per almeno due anni, è riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento del Tribunale per i minorenni, purché conforme ai principi della Convenzione dell'Aja (3)

La nostra disciplina generale sull’adozione si riferisce, infatti, a residenti in Italia e non a cittadini italiani residenti all’estero che adottano in quel Paese e che, quanto all'iter adottivo, resteranno soggetti alla sola normativa di quello Stato. Pertanto, in materia di riconoscimento di sentenze straniere di adozione internazionale, se gli adottanti sono residenti in Italia, si applica la normativa italiana, se, invece, gli adottanti sono cittadini italiani residenti all’estero, come nel caso in esame, il riconoscimento si basa sulla norma speciale di cui all’art. 36 comma quarto della stessa legge. Non trovando applicazione la legge italiana nessuno stupore, dunque, deve suscitare il fatto che i giudici non si siano preoccupati di verificare, ai fini del riconoscimento, la sussistenza dei presupposti richiesti dalla nostra legge per la validità dell’adozione nazionale tra cui, ad esempio, il requisito di essere “coniugi uniti in matrimonio”. Il problema da affrontare piuttosto era un altro e riguardava la non contrarietà della pronuncia straniera all’ordine pubblico.

ORDINE PUBBLICO E BEST INTEREST OF THE CHILD

Il concetto di ordine pubblico, tuttavia, a fini internazionalprivatistici, non va letto alla luce dell'ordinamento interno, quand'anche di principi imperativi ed inderogabili, bensì individuato sulla base della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo sui diritti fondamentali della persona e sulla tutela della vita privata e familiare. Si parla in tal caso di “ordine pubblico internazionale”, espressione con cui la giurisprudenza indica il complesso di principi e regole di carattere universale che tutelano i diritti fondamentali dell’uomo (4).

Per la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo la relazione sentimentale e sessuale tra due persone dello stesso sesso rientra a pieno titolo nel concetto di vita familiare, così come si è evoluto nella giurisprudenza e nella legislazione dei paesi membri. D'altra parte la recente introduzione nel nostro ordinamento, ad opera della legge n. 76/2016, la c.d. legge Cirinnà, delle Unioni Civili tra persone dello stesso sesso è il segno tangibile dell'affacciarsi anche in Italia di una nuova sensibilità ed apertura rispetto all'omosessualità e, dunque, della conferma di come il concetto di ordine pubblico sia tutt'altro che statico, ma si modifichi nel tempo riflettendo i cambiamenti culturali di una società.

Verificata la non contrarietà all'ordine pubblico nell'accezione indicata, il Tribunale fiorentino ha poi dovuto accertare quale fosse, nel caso concreto, il superiore interesse del minore concludendo come il suddetto non potesse che coincidere con il riconoscimento giuridico di un legame affettivo consolidato e già tutelato nell'ordinamento di provenienza. Il diritto dei figli – allo status, ma anche alla relazione con i genitori - non può essere condizionato all'esigenza di prevenire o sanzionare condotte dei genitori ritenute contra legem (ed a maggior ragione contrarie ai propri valori o al proprio “sentire”). Diversamente ad essere penalizzato, schiacciato da posizioni ideologiche - che si possono condividere o all'opposto osteggiare, non è questo il punto - sarebbe proprio quell'interesse del minore che quanti hanno criticato la decisione del Tribunale per i minorenni di Firenze affermano di voler tutelare.

Non ci si può, infatti, non interrogare in quale sorte potrebbe incorrere un minore in assenza del riconoscimento del provvedimento di adozione internazionale attraverso cui è diventato figlio qualora la famiglia decidesse, ad esempio, di trasferirsi in Italia.

Dovrebbe forse essere affidato a terzi – una coppia eterosessuale si suppone – e strappato alle cure ed all'affetto di quelli che sono a tutti gli effetti i suoi genitori? O collocato in comunità a tempo indeterminato? O ancora lasciato in seno alla sua famiglia, ma senza diritti o comunque con meno diritti di un minore adottato da una qualunque altra coppia eterosessuale?

Si tratta in tutta evidenza di ipotesi assurde, volutamente provocatorie e paradossali, in netto contrasto con l'interesse del minore come appare evidente non appena il suddetto venga declinato su un piano di realtà e non letto attraverso la lente deformante e forviante dell'ideologia. Più concretamente, e con specifico riferimento al caso sottoposto all'attenzione dei giudizi fiorentini, il mancato riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione esistente avrebbe avuto conseguenze pregiudizievoli quali ad esempio l’impossibilità per i bambini di acquisire la cittadinanza italiana, i diritti ereditari, di essere rappresentati dai genitori nei rapporti con le istituzioni italiane o anche solo di circolare liberamente nel territorio. I minori sarebbero precipitati in un limbo, una condizione di incertezza giuridica che è quanto di più lontano dal best interest of the child – parametro fondamentale per orientare i provvedimenti del Tribunale per i Minorenni - si possa immaginare. Secondo il Tribunale per i Minorenni di Firenze non si può neppure parlare “di una elusione della normativa nazionale, che allo stato vieta l'adozione alle coppie omosessuali, in quanto la legge stessa all'art. 36 comma 4 ha previsto un apposito procedimento di verifica da parte dell'autorità giudiziaria presumendo che un periodo di tempo pari a due anni (ma la coppia in questione è tutt'ora residente nel Regno Unito) sia una circostanza che fa presumere la stabilità di residenza all'estero e non che tale trasferimento all'estero sia strumentale ad aggirare la nostra normativa in tema di adozione”. Si consideri inoltre che “il giudizio riguardante la compatibilità con l'ordine pubblico secondo il diritto internazionale privato è finalizzato non già ad introdurre in Italia direttamente la legge straniera, come fonte autonoma e innovativa di disciplina della materia, ma esclusivamente a riconoscere effetti in Italia ad uno specifico atto o provvedimento straniero relativo ad un particolare rapporto giuridico tra determinate persone”.

LE FAMIGLIE OMOGENITORIALI

Del resto l'omogenitorialità, anche in Italia, è ormai una realtà seppur non ancora normata. Vale la pena ricordare come la c.d. stepchild adoption , l'adozione del figlio del partner (da non confondere con l'adozione di un minore in stato di abbandono) sia stata stralciata dal disegno iniziale della legge Cirinnà sebbene resti la possibilità di veder riconosciuto il legame tramite il ricorso all'istituto dell'adozione in casi particolari (Legge n. 184/83, art. 44 lettera d). In tal caso, tuttavia, il riconoscimento non sarà automatico, ma subordinato alla prova, in sede giudiziale, dell'esistenza di una relazione affettiva significativa e meritevole di tutela tra il richiedente (il cosiddetto co-genitore o genitore sociale) ed il minore. Soprattutto negli ultimi anni le famiglie omogenitoriali si sono moltiplicate o hanno comunque acquisito maggiore visibilità: ci sono i nuclei di prima costituzione ove il progetto genitoriale nasce nella coppia e viene realizzato grazie all'apporto di una madre sostituta o alla fecondazione eterologa che, in molti paesi, è consentita anche a persone single o comunque non coniugate, ci sono le famiglie ricostituite in cui i figli provengono da una precedente unione eterosessuale di uno dei partner, ma possono instaurare un legame affettivo significativo con il nuovo compagno (o compagna) del genitore, ed infine ci sono le famiglie in cui i genitori divengono tali tramite adozioni avvenute all'estero (come appunto il caso esaminato dal Tribunale per i Minorenni di Firenze).

Di tutte queste nuove famiglie il diritto non può semplicemente disinteressarsi. Diversamente verrebbe meno al suo compito che è anche, se non principalmente, quello di disciplinare le questioni della vita sociale. Senza il riconoscimento giuridico del co-genitore i figli di genitori omosessuali rischiano di andare incontro a non pochi problemi quando non a veri e propri traumi: si pensi, ad esempio, all'ipotesi in cui i genitori si lascino ed il genitore biologico decida di precludere al figlio la frequentazione dell'altro, o ancora alla morte del genitore biologico con conseguente, possibile affidamento del minore a parenti ed estromissione del genitore sociale. Nessuno – neppure chi ritiene che un bambino necessiti sempre, al fine di una crescita serena ed armonica, di due genitori di sesso differente (5) – dovrebbe sottovalutare le ripercussioni psicologiche che un tale sradicamento affettivo comporterebbe per un minore.

Va detto, per completezza, che ad oggi le ricerche internazionali che si sono occupate di omogenitorialità hanno dato risposta negativa ai due principali quesiti oggetto di indagine ossia se l'orientamento omosessuale (o per meglio dire meglio omoaffettivo dal momento che nell'orientamento sessuale rientra non solo la dimensione erotica, ma anche quella emotivo-affettiva e relazionale) dei genitori potesse incidere sull'identità di genere dei figli e se il benessere complessivo – in termini affettivi, psicologici e di comportamento sociale – di un minore cresciuto in famiglie omogenitoriali fosse inferiore rispetto a quello di un minore cresciuto in un contesto “classico”. Gli esiti delle ricerche ad oggi condotte indicano anzi che, quando esistono delle differenze tra i minori che vivono in famiglie omogenitoriali e gli altri, le suddette riguardano una maggiore apertura e flessibilità rispetto al comportamento di genere cioè questi bambini sono meno legati a interessi o giochi che riflettono l'appartenenza di genere. (6)

OMOGENITORIALITA' E ADOZIONE

E' ovviamente legittimo, anzi doveroso chiedersi se una coppia omosessuale possa rappresentare una valida risorsa ed una possibile risposta anche ai bisogni di un minore adottabile che, proprio in quanto tale, è stato precocemente segnato da esperienze avverse quando non traumatiche: si tratta di un fenomeno relativamente recente, gli studi in materia sono ancora limitati, ma va comunque sottolineato come quelli ad oggi condotti indichino un trend non dissimile da quello riportato per tutte le altre famiglie omogenitoriali. (7)

Anche se le ricerche ci dicono che i genitori omosessuali possono essere dei buoni genitori, sono in molti a chiedersi se un bambino, soprattutto se con un vissuto abbandonico alle spalle, non abbia comunque diritto ad una famiglia il più possibile “normale” cioè che rifletta il modello attualmente più diffuso e socialmente accettato se non altro per evitare, crescendo, di venire discriminato, deriso o osteggiato, bollato con lo stigma sociale che spesso, anche al giorno d'oggi, segna chi sia a qualunque titolo diverso (ed il minore adottato da una coppia omogenitoriale lo sarebbe due volte). Rispetto a quest'ultimo interrogativo non ci sono ancora risposte nette, certe: nuovi studi, anche longitudinali cioè estesi nel tempo, potranno completare un quadro che, per il momento, ha sconfessato la maggior parte delle paure e preoccupazioni legate all'omogenitorialità.

Per quel che mi riguarda – ed è doveroso da parte mia evidenziare che si tratta di una mia personalissima considerazione – nel dubbio, che merita sempre di essere accolto e coltivato, sono più incline a leggere nella diversità una risorsa anziché un limite. Vorrei quindi concludere con le parole che in “Sei come sei” coraggioso e disarmante romanzo di Melania Mazzucco, Giose rivolge al compagno Cristian quando lo interroga – e si interroga - sulla scelta di diventare genitori di un figlio che, crescendo, dovrà inevitabilmente fare i conti con il suo “essere diverso”, scontrandosi con possibili pregiudizi e discriminazioni sociali: “alcuni hanno il privilegio di essere amati, altri no. Alcuni sono educati alla libertà, altri sono schiavi della guerra, della dittatura, del fanatismo religioso ……. Chi nasce nero non è bianco, chi nasce malato, non nasce sano, chi nasce povero nasce svantaggiato. …. I figli non appartengono a chi li mette al mondo, non sono l’appendice dei genitori, sono individui... Non è l’uguaglianza che conta nella vita, ma il suo contrario ...ciò che ci rende diversi dagli altri può salvarci.”

 

Note

1 - Si tratta di adozione di minori in stato di abbandono e non già dell'adozione del figlio del partner, la c.d. stepchild adoption. Si precisa che in alcuni paesi europei – quali ad esempio Regno Unito, Francia, Spagna, Belgio, Olanda Norvegia, Svezia e Danimarca – l'adozione è consentita anche alle coppie omosessuali.

2 - Omogenitorialità: legame, di diritto o di fatto, tra uno o più bambini (sia figli biologici, sia adottati) e una coppia di persone omosessuali o una singola persona omosessuale che ne ricopre le veci di genitore (Lingiardi, 2007). 

3 - Convenzione per la cooperazione in materia di adozioni internazionali del 29 maggio 1993 firmata all'Aja, per brevità anche detta solo Convenzione dell'Aja.

4 - Cass. Civ. sentenza n. 19405/2013

5 - Numerosi studi indicano anche come la funzione materna legata all'accudimento e la funzione paterna legata alla normatività non siano necessariamente ancorate al sesso dei genitori potendo venir esercitate da genitori dello stesso sesso, per un approfondimento si rimanda a “Crescere in famiglie omogenitoriali”, Cavina-Danna, 2009

6 - Tra le ricerche, a titolo esemplificativo: Gartrell N. Usa, 2005, Biblarz T. Usa, 2010, Penning G., UK, 2011: Il sesso biologico del genitore non è legato alla salute psicologico-fisica del bambino; Golombok S., Usa, 2003, Lingiardi V., Italia, 2006: Avere genitori omosessuali non incide sull'identità di genere dei figli. Ricerche con risultati opposti, ad esempio quelle condotte da Cameron, si sono rivelate false, basate su risultati inventati tanto che Cameron è stato espulso dall'APA.

7 - V. rassegna di Schneider e Vecho relativa alle ricerche che si sono occupate di adozioni da parte di genitori omosessuali, 2015.

8 - “Sei come sei” di Melania Mazzucco, Edizioni Einaudi, 2013

Data di pubblicazione: 
Mercoledì, Maggio 17, 2017

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