Autore: 
Livia Botta

Articolo pubblicato nella rivista di Genitori si diventa "Adozione e dintorni" di marzo 2013 con il titolo "La fatica di imparare".

I bambini adottivi e la scuola

I bambini e i ragazzi adottati incontrano più facilmente dei coetanei difficoltà di apprendimento?

La risposta è sì, se consideriamo le numerose ricerche effettuate a livello nazionale e internazionale: pur nella grande varietà dei casi singoli, i minori adottati sono una categoria maggiormente vulnerabile alle difficoltà scolastiche. Ciò non significa che per tutti i bambini adottati il percorso scolastico si presenti irto di ostacoli.

Se molti hanno difficoltà anche serie, ce ne sono altri che nonostante esperienze precoci particolarmente avverse riescono ad avere una buona crescita cognitiva e a confrontarsi positivamente con l'apprendimento. E' inoltre dimostrato che bambini che incontrano difficoltà all'inizio del loro percorso scolastico possono recuperare molto, se ricevono attenzioni adeguate.

Sono molte le variabili che possono fare la differenza tra caso e caso: l'età in cui il bambino viene adottato, il paese di provenienza, la lingua appresa prima dell'adozione, le esperienze precoci, le caratteristiche della famiglia adottiva e del contesto di vita del post-adozione. Contano molto anche fattori individuali come il patrimonio genetico del bambino, il suo temperamento, la sua capacità di resilienza (cioè la capacità di far fronte e superare le esperienze avverse), senza escludere la casualità, anch'essa un fattore che influenza lo sviluppo umano.

Ma vediamo cosa ci dicono le ricerche. La letteratura sul tema è concorde nel sostenere che, mediamente, i minori adottati presentano generiche difficoltà scolastiche e disturbi specifici di apprendimento in percentuale maggiore dei coetanei. Il termine "disturbi specifici di apprendimento" si riferisce a difficoltà tipiche di lettura (dislessia), scrittura (dislessia e disortografia) e calcolo (discalculia), che si presentano in bambini con intelligenza nella norma. Queste difficoltà, che possono permanere per tutta la vita, si incontrano spesso insieme, e oltre a rendere difficoltoso l'apprendimento possono generare sentimenti di demoralizzazione, scarsa autostima e disaffezione nei confronti della scuola.

Le ricerche internazionali ci dicono che queste difficoltà sono presenti nei bambini adottati in percentuale quattro volte superiore alla norma. Divengono solitamente evidenti dopo i primi due anni di scolarizzazione, quando le abilità di lettura, scrittura e calcolo dovrebbero essere acquisite. E' importante riconoscerle per tempo, per evitare di attribuire gli insuccessi scolastici a tratti personali quali svogliatezza, pigrizia, scarsa concentrazione. Sono cosa diversa dai disturbi specifici di apprendimento le difficoltà scolastiche generiche, che possono essere correlate a una immaturità psicologica e funzionale del bambino.

Rallentamenti nello sviluppo delle funzioni intellettive causati da problematiche perinatali, situazioni di deprivazione precoce o traumi possono far sì che il bambino non sia pronto per gli apprendimenti scolastici adeguati alla sua età cronologica. Nel caso dei minori adottati in età scolare, aver iniziato i primi apprendimenti in una lingua diversa rappresenta un ulteriore fattore di rischio, così come l'aver frequentato nel paese d'origine scuole con insegnamento inadeguato.

Ma le problematiche maggiori sembrano presentarsi nell'ambito dell'attenzione, della concentrazione e della capacità di autoregolarsi. Scarsa capacità di prestare attenzione alle consegne e alle spiegazioni, di mantenere la concentrazione, di memorizzare, di organizzarsi, di completare un compito in autonomia; iperattività, difficoltà nel controllo degli impulsi e nel rispetto delle regole: questi tratti si traducono in ostacoli potenti all'apprendimento. E un bambino che incontra tali difficoltà nell'imparare finisce o per utilizzare la passività come espediente per evitare di mettersi in gioco, o per assumere in classe condotte disturbanti e atteggiamenti oppositivi difficili da gestire.

L'incapacità di contenere l'aggressività può generare atteggiamenti di rifiuto da parte dei coetanei, in un circolo vizioso che rischia di rendere questi bambini sempre più arrabbiati e intrattabili. Anche queste problematiche possono essere presenti in soggetti di buona intelligenza, il che può trarre in inganno genitori e insegnanti che, soprattutto nel progredire del percorso scolastico, possono attribuire gli insuccessi a "cattiva volontà" e "scarso impegno", piuttosto che a difficoltà più radicate e più difficili da superare.

Ma da cosa dipendono queste difficoltà? Cosa appesantisce il percorso scolastico di un così gran numero di bambini adottati?

Va detto subito che non esiste una risposta univoca. Le ragioni possono essere molteplici e ascrivibili a fattori differenti, spesso in interazione tra loro. Dobbiamo aver chiaro che analoghe manifestazioni possono avere alla base cause diverse, di cui possiamo non avere conoscenza. Sono tre le variabili che entrano in gioco: la biologia, la storia pregressa del bambino e l'ambiente attuale.

Consideriamole una per una.

Le componenti biologiche.

Il cervello umano si forma e si differenzia nelle sue funzioni durante il periodo prenatale. L'affinamento della capacità sensoriali si completa entro l'età prescolare, mentre lo sviluppo dei sistemi responsabili delle attività cognitive superiori continua fino all'adolescenza. Si tratta di processi in parte automatici, in parte sensibili alle interazioni con l'ambiente: lo sviluppo neurologico di un bambino può cioè essere influenzato, oltre che da variabili genetiche, anche da eventi negativi o positivi, sia prenatali che postnatali. La malnutrizione o l'assunzione di sostanze nocive da parte della madre in gravidanza, così come un suo profondo malessere emotivo o fisico, possono provocare un rallentamento dello sviluppo cerebrale del bambino, che potrà evidenziarsi nelle aree dell'acquisizione del linguaggio, del grafismo, delle abilità visuo-spaziali e cognitive (memoria, attenzione, concentrazione...), nei processi sociali ed emotivi (iperattività, difficoltà di controllo emotivo).Numerose ricerche hanno evidenziato che è soprattutto l'esposizione prenatale all'alcol ad avere, potenzialmente, gli effetti più dannosi sullo sviluppo neurologico del bambino.

Nel periodo successivo alla nascita, il normale sviluppo cerebrale può essere rallentato da un'alimentazione inadeguata, malattie, stimoli sensoriali e interazioni sociali carenti. Alcuni studi di neurobiologia hanno dimostrato che nei primi anni di vita anche i traumi e le situazioni di istituzionalizzazione più critiche possono influenzare lo sviluppo cerebrale, alterando la produzione di cortisolo (il cosiddetto "ormone dello stress") e danneggiando il sistema di allarme interno di risposta allo stress, che finirà per attivarsi in modo anomalo e scattare con niente.

Se questi sono i fattori di rischio, non è detto che gli esiti siano per forza drammatici. Molti bambini si sviluppano bene anche in condizioni difficili, probabilmente poiché posseggono dei fattori genetici di protezione in grado di contrastare o di correggere tempestivamente i danni delle esperienze avverse. Anche nei casi più critici, dobbiamo comunque ricordare che il cervello in fase evolutiva è un organo con incredibili capacità di recupero: benché alcune compromissioni possano essere permanenti, altri circuiti si possono riorganizzare grazie alla maturazione e all'esperienza. Questa considerazione deve spingerci a non scoraggiarci e a studiare gli interventi più efficaci per mettere in grado questi bambini, nel periodo post-adozione, di sviluppare al massimo le loro potenzialità.

Le componenti psicologiche.

Diverse teorie psicologiche ci vengono in aiuto per comprendere perché esperienze difficili e/o traumatiche sperimentate nella prima infanzia possono tradursi in ostacoli all'apprendimento. Dobbiamo in primo luogo considerare che la scuola è un ambiente in cui riescono a dare il meglio di sé bambini fiduciosi e sicuri, capaci di entrare in sintonia con gli adulti, dotati della curiosità necessaria per usufruire delle opportunità offerte dalla scuola e per correre i rischi che l'apprendimento comporta. Ma è difficile che un bambino adottato abbia ricevuto nella prima infanzia la protezione e la stabilità indispensabili per acquisire un tale senso di sicurezza e fiducia. La precoce separazione dalla madre biologica e la mancanza di continuità nei successivi legami di attaccamento tendono infatti a generare stili di attaccamento insicuri, orientati o all'evitamento del contatto emotivo o ad "aggrappamenti" accompagnati dal bisogno di controllo continuo dell'adulto, che si riflettono anche nel contesto scolastico.

Le ripetute interruzioni dei legami sperimentate dai bambini prima dell'adozione possono farli sentire "di scarso valore", non meritevoli di amore. L'autostima carente si traduce in sfiducia nelle proprie capacità e difficoltà a tollerare la frustrazione e l'insuccesso, laddove "imparare" comporta proprio il riconoscimento di non sapere (cioè la possibilità di tollerare la mancanza), la dipendenza da qualcuno che sa (cioè la possibilità di affidarsi) e infine la possibilità di ricevere e assimilare.

La mancanza, nei momenti iniziali della vita del bambino, di un adulto che lo abbia accudito amorevolmente, dando di volta in volta nome e significato alle sue prime esperienze sensoriali ed emotive, può rendere difficoltosa la costruzione di quel contenitore-mente che consente di dar senso, immagazzinare e collegare conoscenze ed esperienze. Le rotture di continuità dovute alle ripetute interruzioni dei legami e alla stessa adozione possono riflettersi in una frammentazione e disorganizzazione del pensiero. Difese emotive come la rimozione o la scissione, utilizzate per tenere lontane e separate le esperienze dolorose del passato, possono attaccare la capacità di pensare, facendo perdere il contatto con alcune aree della mente e generando i meccanismi di inibizione cognitiva riconoscibili in quei bambini e adolescenti con buona intelligenza che manifestano inspiegabili "blocchi del pensiero". Mentre alcuni di questi meccanismi hanno un carattere strutturale e sono difficilmente modificabili, altri sono di natura transitoria. Si presentano nei momenti critici e possono trarre grande vantaggio dalle funzioni di accoglienza, riconoscimento e valorizzazione che la scuola può offrire.

Le componenti ambientali.

L'ultima variabile è il contesto attuale, che può favorire o al contrario ostacolare il raggiungimento di risultati di apprendimento soddisfacenti. E' la variabile su cui è possibile intervenire, sia a scuola che a casa, per aiutare i bambini più vulnerabili. Ma di questo parleremo in dettaglio in un prossimo articolo.

Data di pubblicazione: 
Venerdì, Luglio 21, 2017

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