Autore: 
Anna Guerrieri

Vedo per la prima volta Tiziana durante un convegno sulle adozioni in Luglio. E’ una donna bruna, asciutta, dalla voce roca e appassionata.

Prima legge un messaggio di Rosa Maria Ortiz, vice-presidente del Comitato dei diritti dei bambini dell’ONU. Ricordo: “Il Comitato osserva che in alcuni paesi fragili una domanda molto grande di adozioni internazionali promuove il traffico, la vendita dei bambini, la forzatura delle madri.” Tiziana passa quindi a raccontare la sua esperienza in Guatemala indagando la rete delle adozioni nel paese, adozioni gestite da una rete di avvocati e procuratori di bambini e di come tutto diventi un “mercato”. Attraverso le sue parole colgo tutta l’angoscia di chi ha scoperto un mondo assurdo e criminale in cui i bambini sono oggetti e merci di scambio. Sento il dolore e l’indignazione per quello che ha visto in prima persona. La sento preoccupata, davvero preoccupata. Per questo decido di contattarla. Trovo una persona di grande disponibilità.

Chi è Tiziana Gagnor?
Sono una tecnica del cinema, ho fatto l’aiuto-regista ed ora faccio la regista. Mi occupo di video, pubblicità, cortometraggi e documentari.

Cosa significa Bebè discount (Todo legal!)
E’ il titolo del mio lungometraggio documentario. Racconto cosa ci sta dietro le adozioni in Guatemala, di come i bambini resi adottabili siano di fatto senza un reale stato di abbandono, di come ci sia una rete di persone che gestisca le cose in una surreale apparente legalità. Già i numeri sono indicativi: circa 5000 bambini piccolissimi all’anno contro le poche centinaia dei paesi vicini.

Come hai scoperto il Guatemala?
Da sempre sono interessata all’America Latina. Ho girato anni fa un documentario “Perle nel fango” sulla tortura in Salvador. Raccontavo la storia di una mia amica che rimase “desaparecida” per 20 giorni. Le successe di tutto, compresa la tortura. Da allora sono in contatto con Amnesty International e lavoro sui diritti umani con particolare attenzione all’universo femminile. Ad un certo punto ho scritto un copione “Repuestos” (Pezzi di ricambio) ambientato in Guatemala, che trattava dei diritti negati dell’infanzia e del traffico dei bambini. Il copione ha vinto una borsa di studio al premio Solinas per la sceneggiatura, poi è rimasto nel cassetto per lungo tempo. Un anno fa lo riprendo in mano e decido di lavorarci sopra, andando in Guatemala di persona per elaborare una nuova versione della sceneggiatura e per verificare le condizioni tecnicologistiche per realizzare un film in quel paese, impresa tutt’altro che facile.

E in Guatemala che succede?
Era la mia prima volta lì (non la prima in America latina, ma la prima in Guatemala si). Avevo con me la tanta documentazione raccolta sul traffico dei bambini (documentazione che in passato avevo anche passato alla Fondazione Lelio Basso e a Rosa Maria Ortiz del Comitato dei diritti dei bambini dell’ONU). Avevo tanta preparazione teorica ma non sapevo cosa avrei trovato là, non avevo idea che mi sarei occupata del mercato illegale che sta dietro le adozioni. Pensavo di occuparmi dei bambini di strada, pensavo di lavorare per il film che dovevo realizzare (capire la situazione logistico-produttiva in un paese in cui artisti e tecnici sono tornati a lavorare e ad esprimersi in seguito al processo di pace, fare sopralluoghi, un abbozzo di casting locale, ecc), invece ho trovato questo mondo dell’adozione che mi ha travolto, sconvolto.

Chi te ne ha parlato per primo?
Rosa Maria Ortiz. Lei è del Paraguay dove c’era una realtà simile prima che venisse messa in opera una legge seria che ha cambiato le cose. In Paraguay ci si è arrivati solo dopo un lungo lavoro di sensibilizzazione delle autorità.

Come entri per davvero in questo mondo delle adozioni?
Ho dovuto prima raccogliere molta documentazione. Mi basavo su Rosa Maria ma anche su Casa Alianza che di questo si è occupata. E’ stata Casa Alianza a farmi incontrare in Guatemala i primi testimoni. Poi ho iniziato io a fare il giro degli alberghi della capitale.

E cosa vedi?
Tante, tante famiglie americane col loro bebè in braccio. Bastano 20 minuti e ne vedi decine, con bambini piccolissimi, bambini di pochi mesi, entro i due anni. Provo davvero delle strane sensazioni, e inizio a parlare con la gente del luogo. Scopro che certi alberghi si fanno pubblicità unendo touristic trips al pacchetto “adozione”. Chiedevo … e tutti sapevano. Ristoranti, alberghi, airlines erano tutti coinvolti in una sorta di rete. Mi dicono anche che negli ultimi tempi va di moda prendere due ragazzini assieme. Lo chiamano il “duplex”. Lo noto, lo vedo anche io. Negli alberghi, stando a guardare, scopro delle dinamiche. Dinamiche su cui poi indago, che inseguo.

E quali sono queste dinamiche?
Bisogna prima di tutto capire che in Guatemala non c’è una legge sulle adozioni, e che il 98% vengono fatte per via notarile. Ne segue che tutto è in mano ad una rete di avvocati e notai che certificano dallo stato di abbandono all’adozione. Non è la magistratura che si occupa di questo, bensì gli avvocati e i notai. E’ stato completamente stravolto il ruolo che l’avvocato deve avere nel processo di adozione: anziché una tutela dei diritti del minore si è passati a una sorta di brokeraggio, sono gli avvocati stessi a trovare i bambini da adottare, ci sono stati casi di avvocati che li hanno addirittura portati alle famiglie adottive, all’estero. Si è creata in Guatemala dunque una rete di avvocati che si occupa di tutto il sistema, che lo controlla e lo guida. Sono potentissimi e molto ricchi. Dovrei dire potentissime, perché una caratteristica della rete di persone che si occupa delle adozioni è che si tratta spesso di “donne”. Mi ha molto colpita il protagonismo delle donne in tutta questa faccenda: donne sono le vittime, le madri a cui vengono sottratti i bébé, donne sono in buona parte le avvocatesse, le procuratrici, le badanti, donne sono le madri adottive e le nonne o le sorelle che spesso le accompagnano…
Ma andiamo per gradi. La base della Rete sono le Jaladoras. Sono loro a persuadere le ragazze madri e le ragazze povere a dare i figli in genere in cambio di piccole cifre. Agiscono anche come sentinelle sul territorio e avvertono gli avvocati adozionisti delle situazioni di fragilità. Segnalano i bambini. Nei quartieri poveri trovi addirittura delle locandine: “Sei incinta? Non puoi occuparti di tuo figlio? Ti aiuteremo anche economicamente e tu e lui avrete un futuro migliore! Todo legal!

Altre volte i piccoli sono rubati. Nel documentario si riporta il caso di una ragazza madre che aveva rifiutato di vendere il proprio bambino e che, il giorno dopo, è stata avvicinata da un’auto coi vetri oscurati. Degli uomini l’hanno violentemente fatta salire, le hanno detto “Vedi? Ora te ne rimani senza soldi e senza figlio” All’incrocio successivo l’hanno sbattuta fuori, si sono tenuti il piccolo e a tutt’oggi non si sa nulla di lui. Nel documentario c’è anche la testimonianza di un papà, Gustavo. Aveva un figlio ma lui era partito emigrante e la mamma lasciava il bimbo alla vicina quando lavorava. Un’altra vicina era una Jaladora e il bambino è stato immediatamente portato via dai servizi e reso automaticamente adottabile. Adottabilità in pochi mesi. Dopo che Gustavo ha fatto una denuncia, è stato minacciato e aggredito fisicamente (l’hanno, letteralmente, preso a machetate dicendogli “Questo è perché tu stia zitto”). Non riuscendo ad avere giustizia, ora Casa Alianza ha portato il caso davanti alla Corte Interamericana per i diritti umani. La rete è molto estesa e, direi, scientifica. Comprende anche le “madri sostitute” che in cambio di piccole cifre appaiono come madri biologiche in certificati fatti da funzionari anagrafici compiacenti, e poi il tessuto di “consulenti” nelle cliniche pediatriche e nei laboratori di analisi…

I bambini vengono poi portati in “casas cuna” (il Corriere della Sera del 14 agosto ha riportato uno degli ultimi casi di irruzione, con una quarantina di bimbi dai pochi mesi ai due anni) dove vengono curati in attesa di “andare all’estero”. Ma questo sistema faceva sì che a volte i vicini denunciassero gli strani movimenti che notavano attorno a quegli appartamenti e la Policia Nacional interveniva su mandato del magistrato svuotandoli e rilevando le illegalità. Così il sistema si è affinato: ora i piccoli vengono tenuti dalle “Cuidadoras”: madri di famiglie “normali” che badano al massimo a due bambini, di cui spesso si spacciano per zii o parenti, passando così inosservati.

Le coppie americane sanno?
E’ difficile a dirsi. Una sorta di consapevolezza c’è. Un malessere, capisci? Le telecamere facevano paura a tutti ed ho spesso dovuto usare una handycam. La mia sensazione è che le coppie e molti altri in Guatemala stesso vivano un equivoco di fondo. Pensano: “I bambini vanno a star meglio”. Così dimenticano il resto.

Quanto costa un’adozione con un’agenzia americana?
Dai 30mila ai 50mila dollari.

Quanto tempo dura il viaggio per adottare un bambino?
3-5 giorni.

Come vengono distribuiti i soldi?
Le madri biologiche, quelle sostitute, le cuidadoras prendono pochissimo. Ad arricchirsi sono sostanzialmente gli avvocati e i notai, che infatti in tutti questi anni hanno costituito una potente lobby contro l’adesione alla Convenzione dell’Aja e contro il varo di una legge sulle adozioni. Ma le cose stanno cambiando, sia per una crescente coscienza nel paese che per le pressioni internazionali.

Cosa pensi di tutto questo?
Quello che ho visto dell’adozione in Guatemala fa male, si tratta di un “buco nero” in America Latina, gli altri paesi hanno una struttura molto diversa. Io spero solo che tutto finisca. Che ci si inizi a prendere cura dei bambini per davvero, nella loro stessa comunità, nel loro paese, con uno stato presente nella sanità, nell’educazione… E che un’importante, utile istituzione come l’adozione tra paesi venga usata e valorizzata per i piccoli in reale stato di abbandono. Ciò a tutela, prima di tutto, dei diritti dei bambini, e poi anche di quelli delle famiglie di origine nonché di quelle adottive realmente intenzionate a svolgere il loro ruolo. E’ fondamentale, nei nostri paesi “ricchi”, sviluppare una cultura della consapevolezza dell’adozione. E’ importante che siano le associazioni di famiglie adottive a parlare di queste cose. Ha un valore in più.

Data di pubblicazione: 
Venerdì, Novembre 23, 2007

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