Autore: 
Antonella Avanzini

 

In questo articolo di veloce utilizzo, vorrei fornire ai genitori adottivi uno strumento operativo per confrontarsi al meglio con la scuola e ben “sfruttare” l’importante e determinante documento vigente che si chiama “Linee di indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati”1. (Link alla copia integrale del documento nelle note a fondo articolo).

Un documento che possiamo chiamare lo “scudo di protezione” dei bambini adottati e delle famiglie adottive e che, se ben utilizzato, è uno strumento completo e utilissimo.

Quindi, documento alla mano, armiamoci di coraggio e affrontiamo la scuola!

Perché, quando le norme ci sono, è anche un po’ compito e dovere delle persone che traggono beneficio da quelle norme, chiedere che vengano applicate e attivarsi per la tutela dei loro diritti. All’interno delle “Linee di indirizzo” è già presente tutto quanto necessario al corretto rapporto tra famiglia, alunno, scuola.

In primo luogo, suggerisco di iniziare il confronto con la scuola come con qualunque altra situazione nuova: presentando noi e i nostri figli e cercando un dialogo aperto e collaborativo con tutti gli interlocutori con i quali possiamo interagire; interlocutori che in ambito scolastico non sono solamente gli insegnanti che avrà in classe nostro figlio, ma anche tutte le altre figure che possono aiutare il benessere a scuola dei nostri bambini: referenti e dirigenti e fino se necessario gli uffici scolastici regionali.

Vero è, che malgrado la disponibilità dei genitori, può capitare che insegnanti e dirigenti non offrano alla famiglia e soprattutto ai bambini, tutti quei supporti e quelle buone prassi che renderebbero la loro vita scolastica migliore. Appoggiamoci quindi alle "Linee di indirizzo", che offrono strumenti idonei e utilizzabili per tutto il percorso scolastico dei nostri bambini e ragazzi, dal nido all'università.

Ho perciò raccolto in questo articolo, un catalogo delle principali affermazioni non conformi alla buona operatività, che insegnanti e dirigenti hanno espresso nei colloqui con i genitori adottivi, sul tema dell’inserimento e della vita dei bambini adottivi a scuola, e alle quali spesso il genitore non sa come rispondere.

Sono tutte situazioni che poi, nella vita quotidiana, si trasformano in sofferenza e criticità per i bambini e per le famiglie. (E’ un campionario, non esaustivo,di quanto ascoltato negli anni nel confronto con tanti genitori adottivi che ci hanno raccontato direttamente, o hanno scritto le loro esperienze nei gruppi o forum online.2).

Perché queste cattive prassi non si verifichino, dobbiamo noi genitori per primi, chiedere a viva voce, e punto su punto, l’applicazione di quanto messo nero su bianco nelle “Linee di indirizzo” dai tecnici del Ministero della Pubblica Istruzione e dai diversi esperti e consulenti che hanno partecipato alla formazione del documento.

Oltre al testo della norma, all’interno del documento delle "Linee di indirizzo" sono presenti  due allegati, che ritengo molto importanti per la famiglia e per l’insegnante: offrono una ottima opportunità per instaurare un dialogo fruttuoso tra scuola e famiglia:

  • - “Allegato 1 – scheda di raccolta informazioni a integrazione dei moduli di iscrizione”;una scheda nella quale la famiglia fornisce alla scuola alcune informazioni di base sul figlio in riferimento all’adozione e al gruppo familiare. Questa scheda sarà compilata al momento dell’iscrizione e sarà propedeutica alla successiva presente nell’allegato 2.
  • - “Allegato 2 – scheda per una maggiore conoscenza dell’alunno adottato”, da compilarsi al primo colloquio con gli insegnanti, dove la famiglia può riferire comportamenti specifici del figlio sia comportamentali sia legati alla scolarizzazione e socializzazione.

In particolare, il questionario presente nell’”Allegato 2” è uno strumento a mio avviso determinante sia per la famiglia sia per il docente, poiché è ritenuto sufficiente, qualora mettesse in evidenza bisogni particolari del bambino o del ragazzo adottato, per attuare un piano didattico personalizzato. Questo sia già a inizio anno, ma se necessario anche in corso d’anno, qualora si confermino o emergano le criticità e/o difficoltà dei bambini:

<< Le misure sopra elencate, attuate nella fase di accoglienza in classe/a scuola, è auspicabile che, laddove risulti necessario, siano formalizzate in sede di Consiglio di Classe all’interno di un Piano Didattico Personalizzato, che risponda agli effettivi bisogni specifici dell’alunno.>>

<< Nella fase successiva al primo inserimento è possibile prevedere, anche avvalendosi di strumenti quali quelli suggeriti nell’Allegato 2 e cui è dovuto il trattamento riservato ai dati sensibili, un secondo incontro specifico scuola-famiglia al fine di fare il punto della situazione e poter stabilire, se vi è la necessità di elaborare un Piano Didattico Personalizzato (PDP). La Direttiva Ministeriale del 27 Dicembre 2012 e la conseguente Circolare applicativa n. 8 del 6 Marzo 2013 ben descrivono la complessa realtà delle nostre classi evidenziando che “ogni alunno con continuità o per determinati periodi, può evidenziare bisogni educativi speciali: o per motivi fisici, biologici o fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta.” Bisogna dunque prevedere, nei casi di alunni adottati, la possibile elaborazione del PDP in ogni momento dell’anno, fermo restando che, se tra l’arrivo a scuola del minore e la chiusura dell’anno scolastico non vi è il sufficiente tempo utile per l’osservazione e la stesura del documento, la scuola dovrà comunque prevedere delle misure didattiche di accompagnamento da formalizzare nel PDP nell’anno scolastico successivo. >> (Linee di indirizzo, 2014, pag. 13)

Quindi è diritto della famiglia chiedere che siano riconosciuti per il loro figlio, anche da subito, bisogni educativi speciali (BES) e che questi vengano formalizzati in un piano educativo anche qualora non vi siano disturbi di apprendimento o altri specifici disturbi certificabili o disabilità riconosciute, ma sia necessario riconoscere che:

<< Tutti gli alunni adottati al primo ingresso, in particolare se arrivati in corso d’anno, dovrebbero avere la possibilità di poter usufruire - solo per un limitato periodo iniziale - di un orario flessibile, secondo un percorso specifico di avvicinamento, sia alla classe che alle attività (es. frequenza nelle ore in cui ci sono laboratori/lezioni di musica/attività espressive e grafiche, di motoria, laboratori interculturali ecc …), in modo da favorire l’inserimento, valutando l’incremento di frequenza caso per caso; così come sembra possa essere favorente prevedere, rispetto alla classe di inserimento, la possibilità per l’alunno di partecipare ad attività includenti e di alfabetizzazione esperienziale in classi inferiori. Soprattutto dopo qualche mese dall’inserimento in classe, i minori potrebbero manifestare stati di sofferenza emotiva, che è che hanno necessità di essere accolti. Potrebbero risultare utili, se applicabili, le seguenti misure:

  • una riduzione dell’orario di frequenza (esonero nei pomeriggi di rientro o in altri momenti per permettere la frequentazione di altre esperienze di cura - logopedia, psicomotricità ecc … che se esperite dopo la frequenza dell’intero orario scolastico potrebbero non portare ai risultati attesi);
  • didattica a classi aperte;
  • didattica in compresenza;
  • l'utilizzo dei modelli di apprendimento cooperativo e di tutoring.

Questo non significa che allo studente adottato non vadano rivolte proposte di attività o studio, ma che siano adeguate in termini di quantità e qualità, per lo meno nella fase iniziale, al fine di:

  • promuovere condizioni di sviluppo resiliente (vedi nota 16)
  • promuovere la relazione all’interno della classe di appartenenza;
  • favorire lo scambio ed il confronto delle esperienze anche in ambito extrascolastico;
  • sostenere e gratificare l’alunno al momento del raggiungimento dei successi scolastici;
  • permettere all’alunno di dedicarsi con serenità a tutte le altre richieste relative al processo di integrazione anche famigliare e che sicuramente assorbono tanta della sua energia. >> (pag. 29)

E’ importante che le fragilità e le difficoltà dei bambini siano riconosciute dalla scuola e dalla famiglia e che come ben espresso nelle “Linee di indirizzo” sia concesso a questi bambini il tempo e le modalità necessarie affinché possano vivere il percorso scolastico in modo sereno, indipendentemente dalle loro prestazioni e dai loro risultati in ambito didattico; è chiaro che solamente attraverso l’eliminazione di ansie, paure e fragilità emotive, è possibile dare ai bambini o ai ragazzi quel benessere che permette loro di elaborare il processo di apprendimento.

Se la scuola non riconosce i diritti dei bambini adottivi a recuperare un “equilibrio” sufficiente all'apprendimento, nei modi e nei tempi idonei, vale davvero la pena far presente tutto quanto è contenuto nelle “Linee di indirizzo” ovvero nella direttiva del Miur. Per questo motivo ho scritto questo vademecum: per dare strumenti per rispondere alle più comuni obiezioni o affermazioni inesatte, citando direttamente il documento delle “Linee di indirizzo” (riporto gli estratti dal documento in virgolettato, con indicazione della pagina in cui si trovano nel documento). Essendo una direttiva emanata proprio dal Ministero della Pubblica Istruzione, ovvero dal “capo” del dirigente e degli insegnanti della scuola dei vostri figli, potete certamente far presente che applicando quanto contemplato, non stanno soddisfacendo una specifica richiesta vostra in quanto genitore e di tutti coloro che vi supportano (associazioni, specialisti, equipe Asl, Enti, ecc.), ma stanno rispondendo a una espressa richiesta del mondo scolastico del quale essi stessi sono parte.

Ecco quindi a seguire l’elenco delle affermazioni espresse dagli insegnanti o dai dirigenti nei colloqui con i genitori adottivi. E’ un elenco non esaustivo ma ne raccoglie le più frequenti. Se vi riconoscete in alcune fatemelo sapere, se invece avete avuto altre esperienze non comprese nell’elenco, comunicatemele e le aggiungo!

  • 1. Io tratto i bambini tutti allo stesso modo perché sono tutti uguali.
  • 2. La scuola non può farsi carico delle situazioni di ogni bambino.
  • 3. I bambini adottivi non hanno problemi una volta arrivati in Italia o entrati nella famiglia adottiva perché sono fortunati e migliorano le loro condizioni di vita; se non studiano o hanno problemi di comportamento è perché lo vogliono.
  • 4. Suo figlio è ormai due (tre, quattro …) anni che parla bene italiano, se fa errori nel testo scritto è perché è incapace, svogliato e superficiale.
  • 5. Suo figlio è ormai due (tre, quattro …) anni che parla bene italiano, se fa errori nelle verifiche orali o scritte è perché è incapace, svogliato e superficiale.
  • 6. Le linee guida non valgono se i bambini sono a scuola da più di un anno, ovvero dall’anno successivo al loro inserimento a scuola.
  • 7. Alla richiesta di un colloquio preventivo conoscitivo, la scuola si rifiuta di accogliere il genitore per presentare la storia del bambino.
  • 8. Non possiamo attivare un piano didattico personalizzato in corso d’anno.
  • 9. Non ho bisogno di informarmi su come devono essere aiutati i bambini adottivi perché ho 10-20-30 … anni di esperienza come insegnante e ho gestito tutti i tipi di bambini.
  • 10. Non ho bisogno di informarmi in merito ai bambini adottivi perché i bambini sono tutti uguali.
  • 11. Non abbiamo bisogno di fare formazione in questa scuola perché abbiamo insegnanti molto validi.
  • 12. Non ho bisogno di informarmi sui bambini adottati perché ho già avuto un bambino adottato in classe ed è andato tutto benissimo.
  • 13. Abbiamo in classe già alcuni bambini stranieri che non parlavano italiano quando sono arrivati, sappiamo come affrontare la situazione
  • 14. Dovete iscrivere il bambino/ragazzo solo quando sarà arrivato in Italia.
  • 15. Dovete far frequentare la scuola al bambino appena arrivato in Italia, pena la denuncia alle forze dell’ordine per mancata frequenza, per cui non potete aspettare e dovete iscriverlo e inserirlo nella sua classe di competenza.
  • 16. Dovete iscrivere subito il bambino a scuola (dell’infanzia, primaria, secondaria inferiore o superiore) e fargli frequentare la sua classe di competenza per età.
  • 17. Dovete iscrivere il bambino/ragazzo con il nome dei genitori biologici.
  • 18. Non facciamo formazione agli insegnanti sui bambini adottati perché abbiamo altre più importanti casistiche.
  • 19. Suo figlio deve stare fermo seduto al banco, non deve chiedere di uscire al bagno molte volte, non deve dimenticare e/o rovinare oggetti didattici (matite libri astuccio temperini ecc.) e poiché continua a farlo lo penalizzeremo nei voti/bocceremo/sospenderemo.
  • 20. Non abbiamo un insegnante referente per l’adozione perché non ci serve e non lo vogliamo nominare.
  • 21. Non vogliamo confrontarci con nessuno specialista esterno alla scuola che abbia a che fare con il bambino o con il tema adottivo.
  • 22. Non vogliamo fare formazione sull’adozione perché non la riteniamo utile.

Come potete rispondere? Citando  direttamente il documento delle "Linee di indirizzo" (ed eventualmente consegnando copia degli estratti inerenti).

A seguire, trovate le stesse affermazioni con scritto subito di seguito la parte di testo presente nelle “Linee di indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati”, che risponde ed evidenzia come quanto affermato non corrisponda alla prassi da seguire e spiega invece come occorre agire. Reagiamo quindi, se non viene realizzato nella quotidianità della scuola quanto previsto in questo documento dedicato, caso per caso.

Detto questo, teniamo comunque presente che quanto previsto nelle “Linee di indirizzo” non deve essere sempre attuato per tutti i bambini adottivi, che hanno storie diverse e sono, come tutti i bambini, ognuno una persona unica e irripetibile. Ovvero non  sempre è necessario mettere in campo un piano didattico personalizzato. Ma, in base alle esigenze specifiche di ogni bambino, chiediamo agli insegnanti e al dirigente, con educazione e forza, che quanto previsto nel documento, e necessario ad un bambino, venga messo in campo, per permettere ai nostri figli di percorrere la strada dell’apprendimento nel miglior modo possibile.

Se non volete leggere tutti i punti potete, seguendo la numerazione dell'elenco scritto sopra, andare direttamente al capitolo numerato di maggiore vostro interesse.

VADEMECUM

1) Io tratto i bambini tutti allo stesso modo perché sono tutti uguali.

<< Occorre considerare che alla condizione adottiva non corrisponde un’uniformità di situazioni, e quindi di bisogni, e che i bambini adottati possono essere portatori di condizioni molto differenti che, se poste lungo un continuum, possono andare da un estremo di alta problematicità ad un altro di pieno e positivo adattamento. Ciò detto, è innegabile che all’essere adottato siano connessi alcuni fattori di rischio e di vulnerabilità che devono essere conosciuti e considerati, affinché sia possibile strutturare una metodologia di accoglienza scolastica in grado di garantire il benessere di questi alunni sin dalle prime fasi di ingresso in classe, nella convinzione che un buon avvio sia la migliore premessa per una positiva esperienza scolastica negli anni a venire. In questo senso è necessario che la scuola sia preparata all’accoglienza dei minori adottati in Italia e all’estero e costruisca strumenti utili, non solo per quanto riguarda l’aspetto organizzativo, ma anche didattico e relazionale, a beneficio dei bambini, dei ragazzi e delle loro famiglie. Naturalmente prassi e strumenti adeguati dovranno essere garantiti anche nelle fasi successive all’inserimento, con particolare attenzione ai passaggi da un ordine di scuola all’altro.>> (pag. 4)

<< Come già affermato, pur nell’estrema varietà di situazioni, vi sono alcune esperienze sfavorevoli che tutti i bambini adottati hanno sperimentato prima dell’adozione. Tutti hanno, infatti, vissuto la dolorosa realtà della separazione dai genitori di nascita e, a volte, anche dai fratelli e, oltre questi difficili eventi, molti di loro hanno sperimentato condizioni di solitudine, lunghi periodi di istituzionalizzazione, esperienze di maltrattamento fisico e/o psicologico. Taluni bambini vengono adottati dopo affidi o precedenti esperienze di adozione non riuscite.

I bambini giunti per adozione internazionale, inoltre, vivono un’ulteriore complessità poiché hanno dovuto confrontarsi con numerosi cambiamenti (linguistici, climatici, alimentari, ecc.) e sono stati inseriti in contesti per loro completamente nuovi e sconosciuti. Si tratta di un cambiamento esistenziale drastico che viene affrontato, molto spesso, lasciandosi alle spalle pezzi di storia difficili di cui si sa poco (le informazioni sulla loro salute e vita pregressa sono frequentemente esigue e frammentate). Infine, le differenze culturali e somatiche che caratterizzano coloro che provengono da altri Paesi, ma anche un numero significativo di minori adottati in Italia, contribuiscono a rendere ancora più complesso e delicato il loro percorso di integrazione nel nuovo contesto di vita.>> (pag. 5) .

 

2) La scuola non può farsi carico delle situazioni di ogni bambino.

Oltre a quanto indicato al punto precedente, si può aggiungere.

<< ll presente documento è stato elaborato con l’obiettivo di fornire conoscenze e linee di indirizzo teorico-metodologico che aiutino a far sì che la scuola possa garantire ai bambini e ai ragazzi adottati e alle loro famiglie ulteriori strumenti nel loro percorso di crescita.>> (pag. 4)

 

3) I bambini adottivi non hanno problemi una volta arrivati in Italia o entrati nella famiglia adottiva perché sono fortunati e migliorano le loro condizioni di vita; se non studiano o hanno problemi di comportamento è perché lo vogliono.

Ribadiamo quanto scritto in parte della risposta alla affermazione n. 1.

<< Come già affermato, pur nell’estrema varietà di situazioni, vi sono alcune esperienze sfavorevoli che tutti i bambini adottati hanno sperimentato prima dell’adozione. Tutti hanno, infatti, vissuto la dolorosa realtà della separazione dai genitori di nascita e, a volte, anche dai fratelli e, oltre questi difficili eventi, molti di loro hanno sperimentato condizioni di solitudine, lunghi periodi di istituzionalizzazione, esperienze di maltrattamento fisico e/o psicologico. Taluni bambini vengono adottati dopo affidi o precedenti esperienze di adozione non riuscite.

I bambini giunti per adozione internazionale, inoltre, vivono un’ulteriore complessità poiché hanno dovuto confrontarsi con numerosi cambiamenti (linguistici, climatici, alimentari, ecc.) e sono stati inseriti in contesti per loro completamente nuovi e sconosciuti. Si tratta di un cambiamento esistenziale drastico che viene affrontato, molto spesso, lasciandosi alle spalle pezzi di storia difficili di cui si sa poco (le informazioni sulla loro salute e vita pregressa sono frequentemente esigue e frammentate). Infine, le differenze culturali e somatiche che caratterizzano coloro che provengono da altri Paesi, ma anche un numero significativo di minori adottati in Italia, contribuiscono a rendere ancora più complesso e delicato il loro percorso di integrazione nel nuovo contesto di vita.>> (pag. 5) .

 

4) - Suo figlio è ormai due (tre, quattro …) anni che parla bene italiano, se fa errori nel testo scritto è perché è incapace, svogliato e superficiale.

<< 1.3.7 Italiano come L2. L’esperienza indica come, generalmente, i bambini adottati internazionalmente apprendano velocemente il vocabolario di base dell'italiano e le espressioni quotidiane utilizzate nelle conversazioni comuni (le cosiddette “basic interpersonal communicative skills”). Il linguaggio più astratto, necessario per l'apprendimento scolastico avanzato (le cosiddette “cognitive/academic linguistic abilities”, costituite da conoscenze grammaticali e sintattiche complesse e da un vocabolario ampio), viene invece appreso molto più lentamente. Secondo l'esperienza e gli studi in materia, i bambini adottati internazionalmente spesso presentano difficoltà non tanto nell'imparare a “leggere”, quanto nel comprendere il testo letto o nell'esporre i contenuti appresi, mentre più avanti negli studi possono incontrare serie difficoltà nel comprendere e usare i linguaggi specifici delle discipline e nell'intendere concetti sempre più astratti. Va anche ricordato che le strutture linguistiche dei Paesi di provenienza sono spesso molto diverse, presentando fonemi inesistenti nella lingua italiana e viceversa. In molti casi il riconoscimento e la produzione di suoni nuovi, non precedentemente appresi, può essere estremamente difficile, rendendo imprecisa l’esecuzione dei dettati e/o l’esposizione. Queste difficoltà nell’uso del linguaggio si intersecano con le difficoltà di apprendimento già precedentemente evidenziate8.Inoltre la modalità di apprendimento della lingua non è “additiva” (la nuova lingua si aggiunge alla precedente), come nel caso degli immigrati, bensì “sottrattiva” (la nuova lingua sostituisce la precedente), e implica pertanto maggiori difficoltà che in alcuni momenti possono portare a sentirsi “privi di vocaboli per esprimersi”, provocando rabbia ed una gamma di emozioni negative che possono diventare di disturbo all’apprendimento scolastico. >> (pagg. 7,8)

 

5) - Suo figlio è ormai due (tre, quattro …) anni che parla bene italiano, se fa errori nelle verifiche orali o scritte è perché è incapace, svogliato e superficiale.

<< Nello specifico, si evidenzia, in un numero significativo di bambini adottati, la presenza di aree critiche che devono essere attentamente considerate.>>

<< 1.3.1. Difficoltà di apprendimento. Vari sono gli studi che si sono occupati della presenza, tra i bambini adottati, di una percentuale di Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA) superiore a quella mediamente presente tra i coetanei non adottati3. E’ da sottolineare che, tuttavia, pur in assenza di disturbo specifico dell’apprendimento, a causa di una pluralità di situazioni di criticità, quali i danni da esposizione prenatale a droghe o alcol, l’istituzionalizzazione precoce, l’assunzione di psicofarmaci durante la permanenza in istituto, l’incuria e la deprivazione subite, l’abuso, il vissuto traumatico dell’abbandono, molti bambini adottati possono presentare problematiche nella sfera psico-emotiva e cognitiva tali da interferire sensibilmente con le capacità di apprendimento (in particolare con le capacità che ci si aspetterebbe in base all’età anagrafica). Tali difficoltà possono manifestarsi con deficit nella concentrazione, nell’attenzione, nella memorizzazione, nella produzione verbale e scritta, in alcune funzioni logiche.>> (pag. 5)

<< 1.3.2. Difficoltà psico-emotive. Le esperienze sfavorevoli nel periodo precedente l’adozione possono, quindi, determinare in molti casi conseguenze negative relativamente alla capacità di controllare ed esprimere le proprie emozioni. La difficoltà nel tollerare le frustrazioni, i comportamenti aggressivi, il mancato rispetto delle regole, le provocazioni, l’incontenibile bisogno di attenzione, sono solo alcune delle manifestazioni evidenti di un disagio interiore che può pervadere molti bambini. La mancanza di figure di riferimento stabili e capaci di offrire adeguate relazioni di attaccamento può causare un senso d’insicurezza rispetto al proprio valore e di vulnerabilità nel rapporto con gli altri, portando il bambino a costruire una rappresentazione di sé come soggetto indesiderabile, nonché dell’ambiente come ostile e pericoloso. Il bisogno di sentirsi amati, di percepire la considerazione degli altri, il timore di essere rifiutati e nuovamente abbandonati, la rabbia e il dolore per quanto subito, sono i vissuti che albergano nell’animo di molti bambini rendendo loro difficile gestire con equilibrio e competenza le relazioni con adulti e coetanei. Questi bambini hanno bisogno solitamente di tempi medio-lunghi per acquisire modalità di relazione adeguate, imparando a riconoscere ed esprimere correttamente le proprie emozioni. Si tratta di un percorso impegnativo che deve essere tenuto nella giusta considerazione, soprattutto per quei bambini che sono adottati in età scolare ed iniziano il loro percorso scolastico quasi in concomitanza con l’inserimento nella nuova famiglia.

1.3.3. Scolarizzazione nei Paesi d’origine. I bambini adottati internazionalmente possono provenire da Paesi prevalentemente rurali, con strutture sociali fragili, dove il tasso di analfabetismo e/o di abbandono scolastico precoce è rilevante. I bambini che provengono da tali situazioni potrebbero aver ricevuto un’esigua scolarizzazione, non averla ricevuta affatto, o averla ricevuta con modalità piuttosto differenti da quelle attualmente adottate in Italia. Va inoltre considerato che in molti dei Paesi di provenienza dei bambini (ad esempio in Brasile, Bulgaria, Etiopia, Federazione Russa, Lituania, Polonia, Ucraina, Ungheria) il percorso scolastico, differentemente da quello italiano, inizia a sette anni4, a volte con un ciclo di scuola primaria quadriennale. Il fatto che in così tanti Paesi di origine la scuola inizi a sette anni è un dato di particolare importanza, considerato che nel nostro Paese ciò avviene a sei anni, talvolta anche a cinque. Per i bambini in arrivo in Italia per adozione internazionale, quindi, quella dei sei anni è sovente ancora l’età della scuola dell’infanzia. A ciò si aggiunge il fatto che, in alcuni Paesi, i bambini affetti da ritardi psico-fisici possono essere stati dirottati in percorsi di “istruzione speciale”.

1.3.4. Bambini segnalati con bisogni speciali o particolari. Negli ultimi anni sono andate significativamente aumentando le cosiddette “adozioni di bambini con bisogni speciali” (special needs adoption). Con questa definizione, in senso ampio, ci si riferisce alle adozioni:

  • di due o più minori;
  • di bambini di sette o più anni di età;
  • di bambini con significative problematiche di salute o di disabilità;
  • di bambini reduci da esperienze particolarmente difficili e/o traumatiche.

Queste ultime due tipologie assumono particolare rilevanza in relazione all’inserimento e alla frequenza scolastica (6). Infatti, come si potrà ben comprendere, questi bambini possono più facilmente presentare specifiche problematiche sul piano degli apprendimenti e dell’adattamento al contesto scolastico. Va inoltre segnalato che il dato globale, anche per la sola salute, è sottostimato. Spesso nelle cartelle cliniche appaiono i sintomi piuttosto che le diagnosi e i diversi Paesi hanno standard valutativi differenti. Infine, in alcuni casi, i dossier medici sono carenti o insufficienti e alcune situazioni possono essere verificate o accertate solo dopo l’arrivo in Italia.

1.3.5. Età presunta. In diversi Paesi di provenienza i bambini non vengono iscritti all’anagrafe al momento della nascita, nonostante tale atto rappresenti un diritto sancito dall’art. 7 della Convenzione sui Diritti del Fanciullo del 1989. Di conseguenza, può capitare che a molti bambini che saranno poi adottati venga attribuita una data di nascita e, quindi un’età, presunte, ai soli fini della registrazione anagrafica e solo al momento dell’ingresso in istituto o quando viene formalizzato l’abbinamento con la famiglia adottiva. Non è raro rilevare ex-post discrepanze di oltre un anno fra l’età reale dei bambini e quella loro attribuita, anche perché i bambini possono essere, nel periodo immediatamente precedente l’adozione, in uno stato di denutrizione e di ritardo psico-motorio tali da rendere difficile l'individuazione dell’età reale.

1.3.6. Preadolescenza e adolescenza. Un numero significativo di bambini e ragazzi arriva in Italia dopo i 10 anni, in un’età complessa di per sé in cui la strutturazione dei legami affettivi e famigliari si scontra con la naturale necessità di crescita e di indipendenza. Per i ragazzi adottati internazionalmente tutto questo implica un vissuto più lungo e più complesso e richiede, pertanto, ulteriori forme di flessibilità nelle fasi di inserimento e di accompagnamento scolastico. Anche per coloro che sono stati adottati nell’infanzia, inoltre, il sopraggiungere della preadolescenza e dell’adolescenza può comportare l’insorgere di significative problematiche connesse alla definizione della propria identità, ai cambiamenti del corpo, alle relazioni con i coetanei e, più in generale, con il contesto sociale, che possono interferire con le capacità di apprendimento. >> (pagg. 6,7)

<< 1.3.8. Identità etnica. Un altro aspetto rilevante che caratterizza la condizione di molti bambini adottati, sia in Italia sia all’estero, è quello di essere nati da persone di diversa etnia e, in molti casi, di avere tratti somatici tipici e riconoscibili. Per questi bambini si pone il compito di integrare l'originaria appartenenza etnico-culturale con quella della famiglia adottiva e del nuovo contesto di vita. Si tratta di un compito impegnativo che può assorbire molte energie cognitive ed emotive.

Il bambino adottato è, dal momento dell’adozione, cittadino italiano a tutti gli effetti e totale legittimazione gli è dovuta dall’ambiente che lo accoglie, senza, per altro, imporgli alcuna rimozione delle sue radici e della sua storia. Nel nostro Paese tuttavia, ancora oggi, spesso scatta automatico il criterio di considerare straniero chi è somaticamente differente: la scuola è quindi chiamata a svolgere un ruolo importante nel far crescere la consapevolezza che ci sono molti italiani con caratteristiche somatiche tipiche di altre aree geografiche. In questo senso, la presenza in classe di alunni adottati è un valore aggiunto nel processo di inclusione e di accettazione delle diversità.

E' necessario evitare l'errore di equiparare l'alunno adottato all'alunno straniero immigrato. In realtà il bambino adottato, anche se proveniente da un altro Paese, non è un bambino immigrato. E’ bensì un bambino che - pur differenziandosi nei tratti somatici dalla sua nuova famiglia - ha genitori italiani e vive in un ambiente culturale italiano. A differenza dei minori immigrati con la famiglia, che mantengono un rapporto vitale con la cultura e la lingua d'origine, i bambini adottati perdono velocemente la prima lingua e possono manifestare un'accentuata ambivalenza verso la cultura di provenienza, con alternanza di momenti di nostalgia/orgoglio a momenti di rimozione/rifiuto.>> (pag. 8)

 

6) - Le linee guida non valgono se i bambini sono a scuola da più di un anno, ovvero dall’anno successivo al loro inserimento a scuola.

<< 2.2.3. Adozioni internazionali: il passaggio dalla Lingua1 alla Lingua 2 - Si è già detto che i minori adottati apprendono in tempi molto brevi la nuova lingua familiare. Questo dato potrebbe indurre a ritenere che essi non incontreranno a scuola significative difficoltà di ordine linguistico. In realtà, tuttavia, quella che essi apprendono in tempi molto brevi è la lingua della quotidianità e non quella dell'apprendimento scolastico, carica di polisemie, sfumature, nessi, inferenze e riferimenti culturali. Il rafforzamento della padronanza linguistica è pertanto fondamentale e va portato avanti non solo all'inizio, ma anche nelle fasi più avanzate del percorso scolastico, che richiedono competenze linguistiche sempre più raffinate.

Nel caso di minori inseriti negli ultimi anni della primaria o in classi successive, l’esperienza maturata in questo campo, indica quale fattore facilitante l’affiancamento all’alunno adottato, soprattutto se neo arrivato, di un compagno tutor e, se possibile, di un facilitatore linguistico (17). Questi potrebbe essere un insegnante di italiano, anche di altra sezione, che diventi figura referente di un impianto didattico ed educativo più ampio. Tale insegnante dovrebbe possedere un'esperienza e/o una formazione pregressa dell’insegnamento dell’Italiano come Lingua 2 (soprattutto nella delicata fase dell’“interlingua”...) e curare in primis, nella fase d'accoglienza, l’alfabetizzazione comunicativa, e successivamente l’approccio alla lingua specifica dello studio.

La necessità di un supporto linguistico, soprattutto nel caso di alunni adottati in età scolare, può, in alcuni casi, dover essere riconosciuta anche nel proseguimento del percorso scolastico, in particolare negli ultimi anni della scuola dell'obbligo e all'inizio delle superiori, con l'attivazione – se necessario – delle stesse attività di potenziamento linguistico (comprensione del testo, esposizione orale e scritta) solitamente programmate per gli alunni italiani con difficoltà linguistiche.>> (pag. 14)

<< 2.3.1. Continuità nel percorso scolastico - Anche nelle scuole in cui sono prestate le dovute attenzioni nei confronti degli alunni adottati, può accadere che - superata la prima fase di accoglienza e di inserimento - la loro peculiare condizione sia considerata superata, e non si presti pertanto più attenzione alle specificità di questi alunni. Occorre ricordare a tal proposito che l'essere adottati rappresenta una condizione esistenziale che dura tutta la vita, e che in alcuni momenti del percorso scolastico e della crescita possono emergere problematicità e insicurezze che vanno comprese alla luce dell'adozione. Infatti, se il passaggio tra ordini e gradi di scuola, con le discontinuità che ciò comporta (cambiamenti delle figure di riferimento, dei compagni, degli stili educativi e delle prestazioni richieste) può essere temporaneamente destabilizzante per molti studenti, ciò può, alcune volte, valere ancor di più per gli alunni adottati, a causa di una possibile fragilità connessa ad una particolare reattività ai cambiamenti, autostima precaria, difficoltà di pensarsi capaci, timore di non essere accettati da compagni e insegnanti. Col procedere del percorso di studi, inoltre, le richieste scolastiche si fanno sempre più complesse, richiedendo una buona organizzazione dello studio e una continua integrazione di saperi molteplici e complessi. Si tratta di una modalità di apprendimento che spesso si scontra con difficoltà abbastanza comuni per molti studenti adottati, quali la necessità di tempi più lunghi per consolidare la comprensione e la memorizzazione dei contenuti scolastici, nonché la fatica a mantenersi costanti su un'attività di studio o ad impegnarsi. A ciò possono aggiungersi le difficoltà connesse a un’incompleta padronanza delle abilità linguistiche necessarie per l'apprendimento superiore (linguaggio astratto, sintassi complessa, lessico specialistico), retaggio della sostituzione della lingua italiana alla prima lingua materna. Anche i vissuti emotivi che caratterizzano la preadolescenza e l'adolescenza, fasi della vita in cui si va definendo l'identità, possono manifestarsi in alcuni ragazzi adottati come un processo ancora più complesso, poiché nel loro caso pensare l'identità implica tentare una complessa ricucitura tra quanto si è vissuto nel passato e quanto si vive nel presente. E' un processo che può durare a lungo ed essere accompagnato da periodi di estrema turbolenza esistenziale, in cui lo spazio mentale per gli apprendimenti può essere ridotto, quando non completamente invaso dall'urgenza di altri pensieri.

Quanto detto può essere particolarmente vero per chi viene adottato in preadolescenza. E' quindi auspicabile l’attivazione di buone prassi che facilitino il progredire del percorso scolastico di questi ragazzi, quali:

  • un accurato scambio di informazioni (concordato con la famiglia) fra docenti dei diversi gradi di scuola e la possibilità che i ragazzi possano, se necessario, familiarizzare con il nuovo ambiente tramite visite alla scuola e incontri con gli insegnanti prima dell'inizio dell'effettiva frequenza;
  • una particolare cura dei rapporti scuola-famiglia, mediante la predisposizione di incontri iniziali e in itinere per favorire la comunicazione e monitorare i progressi nella maturazione personale e negli apprendimenti;l'individuazione di un insegnante all'interno del consiglio di classe che possa rappresentare un riferimento privilegiato per il ragazzo e per la sua famiglia18;
  • l'attivazione tempestiva di interventi ad hoc (potenziamento linguistico, acquisizione del metodo di studio, percorsi individualizzati consentiti dalla normativa), quando si ravvisino difficoltà nell'apprendimento all'inizio di un nuovo ciclo scolastico;
  • una particolare attenzione al clima relazionale di classe, attraverso attività che sensibilizzino gli studenti all'accoglienza, alla valorizzazione delle diversità e all'inclusione.

Attenzione va inoltre dedicata al percorso di orientamento che prelude alla scelta della scuola secondaria di secondo grado. Il successo scolastico dei ragazzi adottati varia da caso a caso, ma può accadere che quanto insito nella loro storia adottiva possa rendere difficoltoso il raggiungimento di obiettivi di apprendimento a cui, peraltro, genitori e ragazzi aspirerebbero. Se l'orientamento scolastico è uno dei compiti fondamentali della scuola secondaria di primo grado, ciò vale maggiormente per gli alunni con storie differenti e piene di criticità (tra cui alcuni ragazzi adottati) per i quali va curato con particolare attenzione attraverso un iter che, snodandosi per l'intero triennio, aiuti a comprendere quale percorso scolastico consentirà a ciascuno di sfruttare le proprie doti e potenzialità. L'inserimento in un percorso scolastico rispondente alle proprie capacità e attitudini porta tutti gli adolescenti (e quindi anche gli adolescenti adottati) a una corretta riflessione su di sé e a un rafforzamento della sicurezza personale. Aspettative troppo elevate possono generare ansia e senso di inadeguatezza, che rischiano di esprimersi nell'isolamento e nella chiusura rispetto al gruppo classe e agli insegnanti, o in una spirale di atteggiamenti provocatori e trasgressivi. Aspettative troppo basse, d’altra parte, possono confermare i ragazzi in una percezione di sé svalutata. L'esperienza insegna che troppo spesso scelte scolastiche non ben ponderate finiscono per minare l'autostima ed esasperare le crisi adolescenziali. Nota 18) Si sottolinea come un rapporto preferenziale con un adulto che mostri un'attenzione personalizzata si riveli, anche nella scuola superiore, di particolare utilità per orientare e sostenere i ragazzi adottati più fragili dal punto di vista emotivo e relazionale >> (pagg. 15,16)

 

7) - Alla richiesta di un colloquio preventivo conoscitivo la scuola si rifiuta di accogliere il genitore per presentare la storia del bambino.

<< 2.2.2. L'insegnante referente. L'insegnante referente, formato sulle tematiche adottive, nella fase di prima accoglienza precedente l'iscrizione porta a conoscenza della famiglia:

  • i progetti inseriti nel POF;
  • le eventuali esperienze e conoscenze pregresse nel campo dell’adozione;
  • le risorse e gli strumenti disponibili volti a facilitare l’inserimento dei bambini e dei ragazzi adottati.

Il docente referente (o il Dirigente scolastico) raccoglie inoltre le informazioni utili ai fini del buon inserimento dei bambini e dei ragazzi, avvalendosi anche di strumenti quali quelli suggeriti nell’Allegato 1 per la scuola Primaria. In ogni caso si ritiene possano essere importanti le seguenti informazioni da trattare come dati sensibili:

  •  Nome e cognome dei bambini e ragazzi (si raccomanda la massima attenzione per i casi di adozione nazionale).
  •  Tipo di adozione (nazionale o internazionale).
  •  Provenienza ed età di inizio della scolarizzazione nel paese di origine (nei casi di adozione internazionale).
  •  Precedente scolarizzazione dei bambini (o assenza di scolarizzazione) ed eventuale documentazione pregressa (se presente).
  •  Eventuale valutazione degli operatori dei servizi e/o degli Enti Autorizzati sulla situazione emotiva e affettiva del bambino.

Oltre ai suddetti dati, sarebbe auspicabile che gli operatori scolastici diano rilevanza anche alle seguenti specificità:

  •  Esperienza dei genitori rispetto all’inserimento in famiglia.
  •  Durata del periodo di ambientamento del bambino nella nuova famiglia prima dell’entrata a scuola, con particolare attenzione al tempo trascorso dall'arrivo in Italia.
  •  Potenziale situazione di età presunta.Questi bambini, spesso con un’età dichiarata di uno o più anni diversa da quella reale, possono presentare, dopo un primo periodo di inserimento scolastico e sulla base delle capacità manifestate, il bisogno di passare ad una classe inferiore o successiva. La scuola deve pertanto prevedere la possibilità di consentire il passaggio a classi diverse attraverso specifici percorsi di flessibilità >> (pag. 13)

 

8) - Non possiamo attivare un piano didattico personalizzato in corso d’anno.

<< Nella fase successiva al primo inserimento è possibile prevedere, anche avvalendosi di strumenti quali quelli suggeriti nell’Allegato 2 e cui è dovuto il trattamento riservato ai dati sensibili, un secondo incontro specifico scuola-famiglia al fine di fare il punto della situazione e poter stabilire, se vi è la necessità di elaborare un Piano Didattico Personalizzato (PDP). La Direttiva Ministeriale del 27 Dicembre 2012 e la conseguente Circolare applicativa n. 8 del 6 Marzo 2013 ben descrivono la complessa realtà delle nostre classi evidenziando che “ogni alunno con continuità o per determinati periodi, può evidenziare bisogni educativi speciali: o per motivi fisici, biologici o fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta.” Bisogna dunque prevedere, nei casi di alunni adottati, la possibile elaborazione del PDP in ogni momento dell’anno, fermo restando che, se tra l’arrivo a scuola del minore e la chiusura dell’anno scolastico non vi è il sufficiente tempo utile per l’osservazione e la stesura del documento, la scuola dovrà comunque prevedere delle misure didattiche di accompagnamento da formalizzare nel PDP nell’anno scolastico successivo.

Al riguardo appare utile rammentare che l’eventuale elaborazione di un PDP ha lo scopo di attivare percorsi personalizzati che tengano conto della speciale attenzione richiesta nei casi di alunni adottati, mettendo in campo tutte le strategie educative e didattiche ritenute opportune nella fase di accoglienza e/o di transizione tra ordini e gradi di scuola. In ogni caso, ciò non comporta l’adozione di misure dispensative o di strumenti compensativi (tranne nel caso in cui siano diagnosticati anche disturbi specifici dell’apprendimento), con la conseguenza chela valutazione avviene nelle forme e nei modi previsti dal D.P.R. 122/2009 per tutti gli alunni. >> (pagg. 13,14)

 

9) - Non ho bisogno di informarmi su come devono essere aiutati i bambini adottivi perché ho 10-20-30 … anni di esperienza come insegnante e ho gestito tutti i tipi di bambini.

e 10) - Non ho bisogno di informarmi in merito ai bambini adottivi perché i bambini sono tutti uguali.

e 11) - Non abbiamo bisogno di fare formazione in questa scuola perché abbiamo insegnanti molto validi.

<< 3.4. I docenti - In presenza di alunni adottati in classe, i docenti coinvolgono tutte le componenti scolastiche a vario titolo chiamate nel processo di inclusione di alunni adottati al fine di attivare prassi mirate a valorizzarne le specificità, a sostenerne l'inclusione e a favorirne il benessere scolastico. Nello specifico, quindi:

  • partecipano a momenti di formazione mirata sulle tematiche adottive;
  • propongono attività per sensibilizzare le classi all'accoglienza e alla valorizzazione di ogni individualità;
  • mantengono in classe un atteggiamento equilibrato, evitando sia di sovraesporre gli studenti adottati sia di dimenticarne le specificità;
  • nell’ambito della libertà d’insegnamento attribuita alla funzione docente e della conseguente libertà di scelta dei libri di testo e dei contenuti didattici, pongono particolare attenzione ai modelli di famiglia in essi presentati;
  • creano occasioni per parlare delle diverse tipologie di famiglia esistenti nella società odierna, proponendo un concetto di famiglia fondato sui legami affettivi e relazionali;
  • nel trattare tematiche “sensibili” (quali la costruzione dei concetti temporali, la storia personale, l’albero genealogico, ecc.) informano preventivamente i genitori e adattano i contenuti alle specificità degli alunni presenti in classe;
  • se necessario, predispongono percorsi didattici personalizzati calibrati sulle esigenze di apprendimento dei singoli;
  • tengono contatti costanti con le famiglie ed eventualmente con i servizi pubblici e/o privati che accompagnano il percorso post-adottivo.>> (pag. 18)

<< 4. FORMAZIONE - La formazione di tutto il personale scolastico, relativamente all’inserimento dell’alunno adottato nell’attuale sistema scolastico, è un aspetto imprescindibile per garantire il successo formativo di questi alunni. È bene che tutte le componenti scolastiche – nel rispetto delle reciproche competenze – abbiano una conoscenza di base delle peculiarità dell'adozione e delle attenzioni specifiche da riservare agli studenti adottati e alle loro famiglie. A questo scopo sarà compito degli Uffici Scolastici Regionali attivare interventi di formazione mirati, in sinergia con i Servizi socio-sanitari territoriali, le Università e gli altri soggetti che si occupano di adozione sul territorio. Le Istituzioni scolastiche, anche collegate in rete, potranno a loro volta promuovere percorsi di formazione finalizzati allo sviluppo di competenze specifiche di carattere organizzativo, educativo e didattico del personale scolastico. In una prima fase saranno destinatari della formazione i docenti referenti di istituto per l'adozione, chiamati a svolgere una fondamentale e delicata funzione di raccordo tra i diversi soggetti che seguono il minore nel post-adozione e di supporto ai colleghi che accolgono alunni adottati nelle loro classi

4.1. Metodi e contenuti .  La delicatezza e la multidimensionalità della fase post-adottiva, all'interno della quale il benessere scolastico rappresenta un fattore di primaria importanza, rende opportuna una formazione ad ampio raggio che non si limiti all'aspetto didattico-educativo, ma comprenda anche quello psico-sociale, e sia condotta da esperti con una competenza specifica sulle tematiche adottive. Oltre che fornire strumenti teorico-pratici per agevolare l'inserimento scolastico dei minori adottati, finalità della formazione sarà quella di accrescere i livelli di consapevolezza dei docenti, affinché possano utilizzare le proprie competenze e sensibilità per individuare di volta in volta le soluzioni più adeguate al contesto. Soprattutto - ma non solo - agli insegnanti che accolgono alunni adottati nelle loro classi sarà opportuno proporre occasioni formative che si configurino come spazi di riflessione e supporto, utilizzando una metodologia attiva che stimoli il confronto e la condivisione (progettazione in sottogruppi, discussione di casi, ecc.). A titolo meramente esemplificativo, si elencano di seguito le possibili tematiche a cui far riferimento per costruire percorsi formativi flessibili e calibrati sui bisogni dei docenti e degli alunni adottati:

1. La cornice contestuale di riferimento. L'adozione nazionale e internazionale in Italia oggi: dati quantitativi, l'iter adottivo, le caratteristiche dei minori adottati.

2. La complessità del fenomeno adottivo. Le storie pregresse dei minori adottati, la fase dell’adozione, la costruzione delle relazioni nella famiglia adottiva, le criticità dell'adolescenza adottiva.

3. Il post-adozione. I ruoli e i compiti dei diversi soggetti istituzionali, le collaborazioni attivabili per sostenere il benessere scolastico degli studenti adottati in un'ottica di rete.

4. Il minore adottivo e la scuola. I sistemi scolastici e gli stili educativi nei Paesi di provenienza dei bambini adottati internazionalmente.

5. L'accoglienza nella scuola italiana. L'avvio e il mantenimento della relazione scuola-famiglia, gli aspetti normativi e burocratici, la questione critica della scelta della classe, i tempi e i modi del primo inserimento a scuola.

6. Possibili difficoltà. Gli effetti di traumi e perdite sullo sviluppo emotivo e sull'apprendimento. Come riconoscere i bisogni impliciti ed espliciti dei minori adottati e saper leggere eventuali segnali di disagio. Difficoltà che possono presentarsi nei diversi gradi di scuola, da quella dell'infanzia alla secondaria di 2° grado. Problemi connessi al passaggio da L1 a L2.

7. L'alunno adottato nella classe. Come creare ambienti di apprendimento per sviluppare capacità collaborative, autostima, percezione di autoefficacia.

8. Strategie educative e didattiche. Percorsi e strumenti didattici e normativi per far fronte a eventuali difficoltà di apprendimento e/o problemi di comportamento e relazione nei diversi gradi di scuola.

9. Parlare a scuola di famiglia, di adozione, della propria storia personale. Come farlo rispettando i bisogni e la sensibilità dei minori adottati.

10. La differenza etnica. Come valorizzare le diversità etniche e culturali e impostare progetti di educazione interculturale nelle classi in cui sono inseriti minori adottati internazionalmente.

La formazione del personale scolastico potrà avvalersi anche delle modalità rese disponibili dalle nuove tecnologie e dalla rete. Si segnala inoltre che, come già esplicitato nel terzo capitolo, il MIUR predisporrà una specifica sezione all’interno del proprio sito Internet per la segnalazione e divulgazione di contributi scientifici e metodologico-didattici sul tema e per la condivisione delle buone prassi didattico-educative realizzate dalle scuole.>> (pagg. 19,20)

 

12) - Non ho bisogno di informarmi sui bambini adottati perché ho già avuto un bambino adottato in classe ed è andato tutto benissimo.

<< Occorre considerare che alla condizione adottiva non corrisponde un’uniformità di situazioni, e quindi di bisogni, e che i bambini adottati possono essere portatori di condizioni molto differenti che, se poste lungo un continuum, possono andare da un estremo di alta problematicità ad un altro di pieno e positivo adattamento.>> (pag. 4)

 

13) - Abbiamo in classe già alcuni bambini stranieri che non parlavano italiano quando sono arrivati, sappiamo come affrontare la situazione.

<< E' necessario evitare l'errore di equiparare l'alunno adottato all'alunno straniero immigrato. In realtà il bambino adottato, anche se proveniente da un altro Paese, non è un bambino immigrato. E’ bensì un bambino che - pur differenziandosi nei tratti somatici dalla sua nuova famiglia - ha genitori italiani e vive in un ambiente culturale italiano. A differenza dei minori immigrati con la famiglia, che mantengono un rapporto vitale con la cultura e la lingua d'origine, i bambini adottati perdono velocemente la prima lingua e possono manifestare un'accentuata ambivalenza verso la cultura di provenienza, con alternanza di momenti di nostalgia/orgoglio a momenti di rimozione/rifiuto.>>

 

14) - Dovete iscrivere il bambino/ragazzo solo quando sarà arrivato in Italia.

<< Dall’anno scolastico 2013/2014, per le scuole statali le procedure da seguire per l’iscrizione alle prime classi, fatta eccezione la scuola dell’infanzia, avviene esclusivamente online. Le famiglie dovranno registrarsi al portale www.iscrizioni.istruzione.it, quindi compilare e inoltrare la domanda di iscrizione alla scuola prescelta. La medesima modalità potrà essere utilizzata anche per le istituzioni scolastiche paritarie che abbiano aderito alla procedura informatizzata.

La famiglia che adotta internazionalmente, tuttavia, può trovarsi ad iscrivere il bambino o il ragazzo e in una fase in cui l’iter burocratico che porta alla formalizzazione dell’adozione non è ancora completato. La famiglia, pertanto, potrebbe non essere subito in possesso del codice fiscale del minore o di tutta la documentazione definitiva.

La presentazione della domanda di iscrizione online è comunque consentita anche in mancanza del suddetto codice fiscale9. Una funzione di sistema, infatti, permette la creazione di un “codice provvisorio”, che, appena possibile, l’istituzione scolastica cui è diretta l’iscrizione on line dovrà sostituire sul portale SIDI con il codice fiscale definitivo, avvalendosi dei documenti presentati dalla famiglia in grado di certificare l’adozione avvenuta all’estero (Commissione Adozioni Internazionali, Tribunale per i Minorenni).

In ogni caso, poiché non può essere possibile prevedere il momento di arrivo dei bambini nei nuclei familiari adottivi, è comunque consentito alle famiglie - sia nei casi di adozione nazionale che internazionale - di iscrivere ed inserire i figli a scuola in qualsiasi momento dell’anno, anche dopo la chiusura delle procedure online, presentando la domanda di iscrizione direttamente alla scuola prescelta. >> (pag. 9)

 

15) - Dovete far frequentare la scuola al bambino appena arrivato in Italia, pena la denuncia alle forze dell’ordine per mancata frequenza, per cui non potete aspettare a inserirlo nella classe.

<< 2.1.1.2 Tempi d'inserimento. I bambini e i ragazzi arrivati per adozione internazionale, qualsiasi sia la loro età, hanno bisogno di essere accolti nel nuovo sistema scolastico con modalità rispondenti alle loro specifiche e personali esigenze legate alla comprensione del nuovo contesto familiare che si va formando e alla conoscenza dell’ambiente sociale che li sta accogliendo. Anche al fine di facilitare e supportare la costruzione dei legami affettivi con le nuove figure genitoriali, sarà possibile, in casi particolari attentamente valutati, procrastinare l’inizio del percorso scolastico di alcuni mesi (informazioni a riguardo sono fornite nell’Allegato 3). >> (pag 10)

<< Tempi e modalità d'inserimento dei minori neo-arrivati.  Le indicazioni e i suggerimenti che seguono riguardano espressamente i minori adottati internazionalmente che si trovano a dover affrontare l’ingresso scolastico a ridosso dell'arrivo in Italia.

Scuola dell’infanzia

  • E’ auspicabile inserire nel gruppo classe un alunno adottato internazionalmente non prima di dodici settimane dal suo arrivo in Italia. L’inizio della frequenza richiede altrettanta attenzione ai tempi. E’ necessario evidenziare che i bambini con vissuti di istituzionalizzazione possono percepire lo spazio scuola come una situazione “familiare”: tuttavia, anche se il bambino può sembrare a proprio agio, non appare opportuno accelerare le fasi di inserimento, ma è consigliabile, in ogni caso, riservare il tempo necessario al consolidamento dei rapporti affettivi in ambito familiare. Pertanto, anche attraverso il confronto di rete (scuola, famiglia, enti, servizi) occorre definire un progetto che sia rispettoso dei tempi di adattamento dei bambini; ad esempio, per le prime otto settimane sarebbe auspicabile aumentare con progressività (compatibilmente con i permessi lavorativi della famiglia) la frequenza scolastica:
  • Nelle prime quattro settimane attivare una frequentazione di circa due ore, possibilmente in momenti di gioco e in piccolo gruppo e ponendo attenzione affinché ci sia continuità con gli stessi spazi e riti. Nella pratica si è visto che è facilitante attivare le prime frequentazioni non a ridosso dell’avvio del tempo scuola e con preferenza nella mattinata. Può essere facilitante prevedere la prima frequentazione con l’accoglienza durante una merenda a cui può seguire il gioco. Per bambini di questa età è consigliabile l’esplorazione degli spazi scuola con gradualità, soprattutto nel passaggio dentro-fuori.
  •  Nelle successive quattro settimane si può cominciare ad alternare la frequentazione: un giorno due ore al mattino e un giorno due ore al pomeriggio. Il tempo mensa può essere introdotto in modo alterno anch’esso. Il tempo pieno con fase riposo, se il minore è nel gruppo dei piccoli, può essere così introdotto a partire dalla dodicesima settimana di frequentazione.

Scuola Primaria

E’ auspicabile inserire nel gruppo classe un alunno adottato non prima di dodici settimane dal suo arrivo in Italia. Nella prima accoglienza in classe di un alunno adottato, specialmente se arrivato in corso d’anno, al fine di creare rapporti di collaborazione da parte dei compagni, si consiglia di:

  • realizzare una visita collettiva nella scuola per conoscerla con la presenza del neo-alunno, dei genitori, della insegnante prevalente e di un compagno/a;
  • presentare all’alunno la sua futura classe, le principali figure professionali (il collaboratore scolastico, gli insegnanti delle classi vicine, ecc.);
  • preparare nella classe un cartellone/libretto di BENVENUTO con saluti (anche nella sua lingua di origine, se adottato internazionalmente). Predisporre un cartellone di classe dove incollare con lui la sua foto, precedentemente fornita dai genitori adottivi;
  • durante la visita attirare l’attenzione dell’alunno adottato sui locali più significativi della scuola attaccando cartelli in italiano e cartelli simbolo (ad esempio, per il bagno, per la palestra, per le aule speciali ecc.).

Tutti gli alunni adottati al primo ingresso, in particolare se arrivati in corso d’anno, dovrebbero avere la possibilità di poter usufruire -solo per un limitato periodo iniziale- di un orario flessibile, secondo un percorso specifico di avvicinamento, sia alla classe che alle attività (es. frequenza nelle ore in cui ci sono laboratori/lezioni di musica/attività espressive e grafiche, di motoria, laboratori interculturali ecc …), in modo da favorire l’inserimento, valutando l’incremento di frequenza caso per caso; così come sembra possa essere favorente prevedere, rispetto alla classe di inserimento, la possibilità per l’alunno di partecipare ad attività includenti e di alfabetizzazione esperienziale in classi inferiori. Soprattutto dopo qualche mese dall’inserimento in classe, i minori potrebbero manifestare stati di sofferenza emotiva, che è che hanno necessità di essere accolti. Potrebbero risultare utili, se applicabili, le seguenti misure:

  • una riduzione dell’orario di frequenza (esonero nei pomeriggi di rientro o in altri momenti per permettere la frequentazione di altre esperienze di cura - logopedia, psicomotricità ecc … che se esperite dopo la frequenza dell’intero orario scolastico 30 potrebbero non portare ai risultati a attesi);
  • didattica a classi aperte;
  • didattica in compresenza;
  • l'utilizzo dei modelli di apprendimento cooperativo e di tutoring.

Questo non significa che allo studente adottato non vadano rivolte proposte di attività o studio, ma che siano adeguate in termini di quantità e qualità, per lo meno nella fase iniziale, al fine di:

  • promuovere condizioni di sviluppo resiliente (vedi nota 16 [verificare se il numero è corretto]);
  • promuovere la relazione all’interno della classe di appartenenza;
  • favorire lo scambio ed il confronto delle esperienze anche in ambito extrascolastico;
  • sostenere e gratificare l’alunno al momento del raggiungimento dei successi scolastici;
  • permettere all’alunno di dedicarsi con serenità a tutte le altre richieste relative al processo di integrazione anche famigliare e che sicuramente assorbono tanta della sua energia.

Le misure sopra elencate, attuate nella fase di accoglienza in classe/a scuola, è auspicabile che, laddove risulti necessario, siano formalizzate in sede di Consiglio di Classe all’interno di un Piano Didattico Personalizzato, che risponda agli effettivi bisogni specifici dell’alunno.

Scuola Secondaria

E’ auspicabile inserire nel gruppo classe un alunno adottato non prima di quattro/sei settimane dal suo arrivo in Italia. Sono da evidenziare alcune possibili criticità. Gli anni passati prima dell’adozione e i ricordi legati alla differente vita di prima fanno sì che questi alunni possano dover confrontarsi con l’alterità23(leggi la nota a fine testo) ancor più di quanto non debbano fare gli alunni adottati con età inferiore. Inoltre, ragazzi di questa fascia di età vogliono generalmente essere come gli altri, mimetizzarsi con loro, alla ricerca di quell’identità di gruppo condivisa che permette il passaggio e l’evoluzione verso il riconoscimento del sé personale. Pertanto è indispensabile che i docenti posseggano le opportune informazioni sulla storia pregressa all’adozione, al fine di disporre di notizie relative alle abitudini ed eventuali relazioni passate. Questa conoscenza è un processo dinamico e continuativo, che richiede confronti assidui con la famiglia adottiva. Inizialmente quindi, proprio per agevolare la conoscenza, i momenti di permanenza in aula possono, dover essere più finalizzati ad agevolare la socializzazione e la partecipazione degli alunni adottati alla vita di classe, da alternare, se possibile, con momenti di lavoro individuale o in piccoli gruppi dedicati all’alfabetizzazione e all’apprendimento del nuovo codice linguistico senza tuttavia trascurare del tutto la riflessione metalinguistica. A tal riguardo l’alunno potrebbe essere inserito provvisoriamente nella classe di competenza per età, o nella classe inferiore rispetto a quella che gli spetterebbe in base all’età anagrafica, in attesa di raccogliere gli elementi utili a valutare:

  • le sue capacità relazionali,
  • la sua velocità di apprendimento della lingua italiana,
  • le competenze specifiche e disciplinari.

L’esperienza indica come, generalmente, solo dopo sei/otto settimane dall’inserimento, i docenti siano in grado di raccogliere le informazioni necessarie per l’assegnazione dell’alunno alla classe definitiva. Nel caso della presenza nella scuola di più sezioni di una stessa classe, è auspicabile che la scelta ricada su quella meno numerosa. E’ auspicabile anche che la programmazione didattica della classe definitiva di accoglienza dell’alunno adottato venga rivisitata, nelle prime settimane, per favorire un inserimento adeguato, privilegiando momenti di maggiore aggregazione fra alunni quali quelli del gioco e dell’esercizio fisico attraverso i quali veicolare i concetti di accettazione e rispetto della diversità e quelli, eventualmente con modalità di gruppo e di laboratorio, della musica, dell’arte, e della tecnica.

Nella prima fase di frequentazione a scuola, i docenti potranno avere bisogno di impegnarsi nell’individuare la migliore e più idonea modalità di approccio con l’alunno, prima ancora di verificarne le competenze e gli apprendimenti pregressi, elementi da cui non si può certamente prescindere ai fini di una opportuna programmazione didattica da esprimere, se necessario, in un PDP aderente agli effettivi bisogni dell’alunno24. Nota 23 - Sebbene le loro radici culturali sembrino, a volte, essersi confuse in quel terremoto emotivo che è stata la transizione adottiva, le relazioni distanti e perdute e quelle presenti (si fa riferimento agli eventi e agli attaccamenti del periodo prima dell’adozione e quelli affrontati ed incontrati con l’inserimento nella famiglia adottiva) devono trovare punti e luoghi di incontro che contengano il “qui ed ora” e il “là ed allora” in una logica di connessione. La scuola può essere uno snodo rilevante per un alunno, in questa fascia di età, che è alle prese con emozioni ambivalenti perché sta ri-costruendo legami affettivi con il nucleo famigliare tra affidamento e timori; vuole intrecciare relazioni con i pari, ma ne ha paura; ha un passato spesso segnato da sofferenze e solitudini affettive e un presente carico di nuove sfide. Lo smarrimento e la vulnerabilità iniziali, talvolta evidenti, devono essere ri-conosciuti e supportati. La scuola può così contribuire ad inaugurare quel cammino di apprendimento e di “ri-nascita” che Cyrulnik definisce efficacemente neosviluppo resiliente e gli insegnanti e gli educatori possono diventare “tutori di resilienza“, capaci di quell’ascolto empatico che si traduce in azioni e proposte di compiti (con un’attenzione particolare agli ambiti disciplinari che danno gratificazione) adeguati allo sviluppo del minore.>> (pagg. 28, 29,30,31)

 

16) Dovete iscrivere subito il bambino a scuola (dell’infanzia, primaria, secondaria inferiore o superiore) e fargli frequentare la sua classe di competenza per età.

<< Alla luce di tale necessità, le tempistiche effettive di inserimento vengono, dunque, decise dal Dirigente scolastico, sentito il Team dei docenti, in accordo con la famiglia e con i servizi pubblici e/o privati che sostengono ed accompagnano la stessa nel percorso adottivo. Particolare attenzione va prestata ai casi riguardanti i bambini adottati, sia nazionalmente che internazionalmente, aventi tra i cinque e i sei anni di età e che presentano particolari fattori di vulnerabilità. Per tali bambini, e solo in casi circostanziati da documentazione che ne attesti la necessità, è prevista la possibilità di deroga dall'iscrizione alla prima classe della primaria al compimento dei sei anni e la possibilità di rimanere un anno in più nella scuola dell’Infanzia, come già precisato nella nota 547 del 21/2/201411. A tale proposito sarebbe opportuno che, nella fase di inserimento a scuola di un bambino adottato, oltre alla valutazione di specifici fattori di rischio relativi alla sua storia pre-adottiva, venisse effettuata, a cura dei professionisti che accompagnano la famiglia nella fase di primo ingresso, una valutazione dell’effettivo livello di competenze neuropsicologiche e funzionali raggiunto. Il principio è quello di considerare necessario conoscere le effettive risorse e le difficoltà del soggetto per fare una scelta ponderata relativamente alla classe più adeguata in cui inserirlo. Qualora sia possibile ed opportuno, si procederà effettuando la valutazione mediante gli strumenti classici (prove e test appositi), privilegiando l’utilizzo di test non verbali per la valutazione delle capacità cognitive, onde evitare che la ridotta conoscenza della lingua italiana vada ad influenzare negativamente le performance del soggetto. Se, viceversa, si considera non possibile e/o non opportuno sottoporre il bambino ad una valutazione strutturata ed impegnativa, si dovrà comunque procedere, in particolare nei casi di bambini in procinto di iniziare la scuola dell’obbligo, con una rilevazione del livello di sviluppo, che consenta di stabilire se l’inserimento debba avvenire nella classe scolastica corrispondente per età, ovvero in quella precedente 12. Occorre, pertanto, distinguere due diverse tipologie di valutazione: quella informale e quella strutturata. La prima consiste nella raccolta di informazioni attraverso un’interazione “informale” con il bambino (durante la visita domiciliare, mediante il gioco, ecc.). La seconda è basata sulla somministrazione di prove strutturate.>> (pagg. 10,11)

2.1.1.3. Scelta della classe di ingresso. La fase del primo ingresso a scuola e la scelta della classe d'inserimento sono ritenute cruciali per tutti i minori adottati. Dunque, come evidenziato anche in altri contesti13, per quel che riguarda i minori adottati internazionalmente che arrivano in Italia in età scolare, la scelta della classe d'inserimento dovrà tener conto delle informazioni raccolte nella fase di dialogo Scuola-Famiglia, di cui si rimanda alla sezione successiva, nonché delle relazioni dei servizi pubblici e/o privati che accompagnano la fase post-adottiva. Il Dirigente deciderà la classe d'inserimento in accordo con la famiglia, recependo, se presenti, i pareri dei professionisti che seguono il minore, considerando anche la possibilità, in casi particolari (ad es. carente scolarizzazione pregressa, lingua d'origine molto diversa dall'italiano) di inserire il minore in una classe inferiore di un anno a quella corrispondente all'età anagrafica. >> (pag. 11)

 

17) Dovete iscrivere il bambino/ragazzo con il nome dei genitori biologici.

<< In ogni caso, poiché non può essere possibile prevedere il momento di arrivo dei bambini nei nuclei familiari adottivi, è comunque consentito alle famiglie - sia nei casi di adozione nazionale che internazionale - di iscrivere ed inserire i figli a scuola in qualsiasi momento dell’anno, anche dopo la chiusura delle procedure online, presentando la domanda di iscrizione direttamente alla scuola prescelta.

Parimenti, la famiglia che adotta nazionalmente può dover affrontare lunghe fasi intermedie in cui i bambini e le bambine sono in affidamento "provvisorio” (anche chiamato affido o adozione a rischio giuridico)10 o in affidamento preadottivo. In tali passaggi, la modalità di iscrizione online del minore che ancora mantiene i dati anagrafici originari, ma risulta allo stesso tempo presso il domicilio degli adottanti, pone un reale rischio di tracciabilità del minore stesso e della famiglia cui è stato assegnato. Non è un caso che, per evidenti motivi di riservatezza, il Tribunale per i Minorenni talvolta vieti espressamente di diffondere i dati del bambino. Pertanto, come evidenziato dal MIUR nelle FAQ sull’iscrizione online 2014, anche in tali contesti "stante la particolare situazione, al fine di garantire protezione e riservatezza ai minori, l'iscrizione viene effettuata dalla famiglia affidataria recandosi direttamente presso l'istituzione scolastica prescelta", quindi senza dover obbligatoriamente usare la piattaforma delle iscrizioni online.>> (pagg. 9,10)

<< 2.1.2.1. Iscrizione. Successivamente alla presentazione della domanda di iscrizione, sia online sia in corso d’anno, la segreteria scolastica richiede alla famiglia copia dei documenti previsti dalla normativa. Tuttavia, sia nel caso delle adozioni nazionali che internazionali, possono intervenire criticità legate alla mancanza di definizione nell’immediato della documentazione in possesso delle famiglie che adottano all’estero, oppure alla riservatezza delle informazioni relative ai bambini adottati all’interno del territorio nazionale e in affido preadottivo. Le scuole sono tenute ad accettare la documentazione in possesso della famiglia (rilasciata dai Paesi di provenienza, dalla Commissione delle Adozioni Internazionali, dal Tribunale per i Minorenni) anche quando la medesima è in corso di definizione14. La scuola usualmente richiede la documentazione accertante gli studi compiuti nel Paese di origine (pagelle, attestati, dichiarazioni, ecc.); in mancanza di tutto questo, richiede ai genitori le informazioni in loro possesso. Per quel che riguarda le adozioni nazionali, la buona prassi è quella già praticata in Piemonte a seguito della nota prot. n. 4403 del 15-05-2011 dell’Ufficio Scolastico Regionale. Le scuole si limitano a prendere visione della documentazione, rilasciata dal Tribunale per i Minorenni nel caso di affido a fini adottivi, senza trattenerla nel fascicolo personale del minore. Analoga procedura va messa in atto per tutti gli altri documenti necessari per l’iscrizione o per il trasferimento ad altra scuola (ad es. nulla-osta). Il Dirigente Scolastico inserisce dunque nel fascicolo del minore una dichiarazione in cui attesta di aver preso visione della documentazione necessaria per l’iscrizione. Le segreterie, quindi, attivano modalità per cui i nomi dei bambini e delle bambine vengano trascritti nei registri di classe direttamente con i cognomi degli adottanti, facendo attenzione che non compaia il cognome di origine in alcun contesto.

2.1.2.2. Certificazioni scolastiche. Quando si tratta di minori a rischio giuridico di adozione o in fase di affido preadottivo, deve essere consegnata una scheda di valutazione in cui il minore possiede il cognome degli adottanti. Il Dirigente provvede quindi a sottoscrivere una dichiarazione in cui dà atto che l’identità del minore – cui è stata rilasciata la scheda di valutazione – corrisponde a quella effettiva15. >> (pag. 11,12)

 

18) - Non facciamo formazione agli insegnanti sui bambini adottati perché abbiamo altre più importanti casistiche.

<< La presenza dei minori adottati nelle scuole italiane è divenuta un fenomeno quantitativamente rilevante.>> (pag. 4)

 

19) - Suo figlio deve stare fermo seduto al banco, non deve chiedere di uscire al bagno molte volte, non deve dimenticare e/o rovinare oggetti didattici (matite libri astuccio temperini ecc.) e poiché continua a farlo lo penalizzeremo nei voti/bocceremo/sospenderemo.

<< 1.3.2. Difficoltà psico-emotive.  Le esperienze sfavorevoli nel periodo precedente l’adozione possono, quindi, determinare in molti casi conseguenze negative relativamente alla capacità di controllare ed esprimere le proprie emozioni. La difficoltà nel tollerare le frustrazioni, i comportamenti aggressivi, il mancato rispetto delle regole, le provocazioni, l’incontenibile bisogno di attenzione, sono solo alcune delle manifestazioni evidenti di un disagio interiore che può pervadere molti bambini. La mancanza di figure di riferimento stabili e capaci di offrire adeguate relazioni di attaccamento può causare un senso d’insicurezza rispetto al proprio valore e di vulnerabilità nel rapporto con gli altri, portando il bambino a costruire una rappresentazione di sé come soggetto indesiderabile, nonché dell’ambiente come ostile e pericoloso. Il bisogno di sentirsi amati, di percepire la considerazione degli altri, il timore di essere rifiutati e nuovamente abbandonati, la rabbia e il dolore per quanto subito, sono i vissuti che albergano nell’animo di molti bambini rendendo loro difficile gestire con equilibrio e competenza le relazioni con adulti e coetanei. Questi bambini hanno bisogno solitamente di tempi medio-lunghi per acquisire modalità di relazione adeguate, imparando a riconoscere ed esprimere correttamente le proprie emozioni. Si tratta di un percorso impegnativo che deve essere tenuto nella giusta considerazione, soprattutto per quei bambini che sono adottati in età scolare ed iniziano il loro percorso scolastico quasi in concomitanza con l’inserimento nella nuova famiglia.>> (pag 6).

 

20) - Non abbiamo un insegnate referente per l’adozione perché non ci serve e non lo vogliamo nominare.

<< L’accoglienza, l’integrazione e il successo formativo del bambino adottivo a scuola possono essere garantiti solo attraverso un processo di collaborazione tra famiglia, istituzione scolastica, équipes adozioni, Enti Autorizzati e gli altri soggetti coinvolti tra cui bisogna annoverare anche le associazioni cui sovente le famiglie fanno riferimento. (Si sottolinea che l’Allegato 3 contiene approfondimenti in merito). Al fine di agevolare tale lavoro di rete, è auspicabile che ogni Istituzione scolastica individui un insegnante referente sul tema. Al primo contatto con la scuola, prima di iscrivere il figlio o la figlia, i genitori potranno ricevere informazioni riguardanti l’organizzazione scolastica, il POF adottato nella scuola, i tempi di inserimento tramite un colloquio con il docente referente e/o il Dirigente. L’insegnante referente potrà essere d’ausilio anche in fasi successive come di seguito descritto.>> (pag. 12)

<< 3.2. I dirigenti scolastici. Il Dirigente, quale garante delle opportunità formative offerte dalla scuola e della realizzazione del diritto allo studio di ciascuno, promuove e sostiene azioni finalizzate a favorire il pieno inserimento nel contesto scolastico dell’alunno adottato. A tal fine:

  • si avvale della collaborazione di un insegnante referente per l'adozione con compiti di informazione, consulenza e coordinamento;
  • garantisce che nel Piano dell'Offerta Formativa della scuola siano indicate le modalità di accoglienza e le attenzioni specifiche per gli alunni adottati;
  •  decide la classe di inserimento dei neo-arrivati, sentiti i genitori e il referente, e presa visione della documentazione fornita dalla famiglia e dai servizi pubblici e/o privati che la accompagnano; >> (pag. 17)

 

21) - Non vogliamo confrontarci con nessuno specialista esterno che abbia a che fare con il bambino o con il tema adottivo.

<< 2.3.2. Continuità con le risorse del territorio.  La multidimensionalità della condizione adottiva richiede che l'inserimento scolastico degli studenti adottati sia adeguatamente accompagnato e sostenuto attraverso un lavoro coordinato tra scuola, famiglia, servizi socio-sanitari, Associazioni Familiari e altri soggetti che si occupano di adozione sul territorio. Una rete di coordinamento tra i diversi soggetti potrà garantire, in un'ottica di collaborazione, il confronto sulle problematiche che potrebbero eventualmente presentarsi, sia al momento dell'accoglienza a scuola che successivamente, nonché mettere a disposizione competenze e professionalità diversificate, al fine di sostenere il benessere scolastico degli studenti adottati tramite un approccio multidisciplinare. A livello delle singole scuole risulta, in particolare, opportuno che il personale scolastico abbia chiari i diversi ruoli dei soggetti coinvolti e ne possegga contatti e riferimenti utili. In ambito provinciale e regionale si auspica che la stipula di protocolli d'intesa tra i diversi soggetti territoriali (Ambito Territoriale Provinciale, Aziende Sanitarie Locali, Enti Locali, Enti Autorizzati, Associazioni Familiari), prassi già consolidata negli ultimi anni, riceva un'ulteriore accelerazione che consenta la costituzione di una rete capillare di accordi diffusi su tutto il territorio nazionale.>> (pag. 16)

 

22) - Non vogliamo fare formazione sull’adozione perché non la riteniamo utile.

<< La formazione di tutto il personale scolastico, relativamente all’inserimento dell’alunno adottato nell’attuale sistema scolastico, è un aspetto imprescindibile per garantire il successo formativo di questi alunni. È bene che tutte le componenti scolastiche – nel rispetto delle reciproche competenze – abbiano una conoscenza di base delle peculiarità dell'adozione e delle attenzioni specifiche da riservare agli studenti adottati e alle loro famiglie. A questo scopo sarà compito degli Uffici Scolastici Regionali attivare interventi di formazione mirati, in sinergia con i Servizi socio-sanitari territoriali, le Università e gli altri soggetti che si occupano di adozione sul territorio. Le Istituzioni scolastiche, anche collegate in rete, potranno a loro volta promuovere percorsi di formazione finalizzati allo sviluppo di competenze specifiche di carattere organizzativo, educativo e didattico del personale scolastico. >> (pag. 19)

 

Questa piccola guida pratica che spero troverete di utilità, deve in ogni caso attuarsi accompagnata sempre dal buon senso, e da tutti gli sforzi necessari alla strategia più efficace per un rapporto di collaborazione ottimale tra scuola e famiglia. Perché qualunque strumento messo in campo, deve essere fatto nella reciproca fiducia e apertura. Come famiglie non dobbiamo chiudere le porte al confronto, ma al contrario, con gli strumenti normativi a disposizione dobbiamo stimolare la scuola e le persone tutte che ne fanno parte, a dare il meglio di sé.

Buona scuola a tutti!

Note:

1) A questo link, trovate la copia in pdf delle Linee di indirizzo: http://www.istruzione.it/allegati/2014/prot7443_14_all1.pdf

2) In particolare attraverso il gruppo Facebook “Adozione&Scuola”, dove potete trovare ulteriore documentazione sulla applicazione delle Linee di indirizzo", gli eventi di formazione per insegnanti e genitori, discussioni sull'argomento. Questo il link al gruppo: https://www.facebook.com/groups/348849981866117/

 

 

Data di pubblicazione: 
Venerdì, Agosto 30, 2019

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