Autore: 
Monica Arcadu

Quanti corsi, quanti libri e quanti consigli riempiono lo zainetto dei neo-genitori adottivi.

Ad un certo punto sembra di sapere proprio tutto, che non ci sia più nulla da imparare. La laurea è in tasca. Ma poi arriva una telefonata che annuncia l'abbinamento con un bambino in carne ed ossa e tutta la sicurezza si scioglie al sole, le gambe fanno giacomo giacomo e il panico prende il sopravvento.

Quando l'attesa giunge al termine

Quella che era sembrata un'attesa infinita improvvisamente appare un tempo brevissimo e non sufficiente a prepararsi a dovere. La pratica è tutt'altra cosa dalla teoria e quando arriva il momento di andare in scena sembra di essersi dimenticati tutto. È un oblio apparente perché in realtà, al momento giusto, quello che si è assimilato nella lunga attesa emergerà spontaneamente per venire in soccorso, ma il panico dilaga!

La fantasia lascia il posto alla realtà ed il bambino immaginato prende vita nelle parole di chi lo descrive o nelle poche fotografie che si hanno a disposizione. È più piccolo, più serio, più grande, più magro, più scuro, più grasso di come era stato immaginato, ma questa volta è vero.

Prepararsi all'incontro vuol dire smettere di fantasticare e cominciare ad agire. Vuol dire pensare a cosa dire, cosa fare e, proprio come ad un primo appuntamento, la paura ed il timore di sbagliare fanno compagnia. Questo non deve spaventare e non deve mettere in discussione tutto il percorso compiuto, l'importante è non sentirsi mai "arrivati", il continuare ad interrogarsi è la qualità migliore che un genitore possa mantenere poiché gli permette di non dare mai nulla per scontato.

Conoscersi e riconoscersi

Il primo appuntamento è un momento delicato perché è un incontro tra persone estranee che diventeranno a poco a poco una famiglia. La coppia deve immediatamente mostrare al piccolo protezione, affetto, accudimento nonostante la totale assenza di conoscenza e la distanza che li separa. I genitori, nonostante l'ansia da prestazione costante, sono consapevoli di ciò che stanno vivendo e desiderano profondamente conoscere il bambino, vederlo, parlargli. Il bambino si trova invece in una posizione diversa: essere adottato vuol dire lasciare ciò che è noto e conosciuto da sempre per incontrare persone e luoghi estranei. I punti di riferimento della sua vita vengono meno e, anche se erano carenti, erano gli unici che conosceva. Ansia, timore, paura abiteranno in lui al primo appuntamento e anche per diverso tempo a seguire.

Il momento dell'incontro è un cambiamento radicale che richiede tempo per essere compreso ed accettato e la coppia deve rispettare i tempi di questo cambiamento per permettere al bambino di separarsi nel modo più sereno e semplice dal suo contesto e per avvicinarsi loro, per conoscerli e per imparare a riconoscerli come genitori.

Emozioni da leggere e comprendere

Le reazioni dei bambini a questo momento possono essere le più disparate a seconda delle loro esperienze pregresse e del loro carattere. Alcuni bambini fin da subito accolgono col sorriso i futuri nuovi genitori, adattandosi alle loro richieste ed aderendo perfettamente ai loro desideri. Quest'atteggiamento se da un lato risulta essere molto rassicurante per la coppia, dall'altro nasconde una profonda insicurezza del bambino che non riesce ad essere realmente se stesso per paura di un nuovo abbandono. In altri casi invece i bambini rifiutano l'incontro, si nascondono, si negano. Temono la nuova situazione, quelli che dovrebbero essere i loro futuri genitori in realtà sono dei perfetti sconosciuti e, come avviene per tutti i bambini gli estranei fanno paura, ci vuole del tempo per capire che non sono una minaccia. Altri ancora si scateneranno in corse, urla e salti perché le loro emozioni non avranno altra via di uscita che quella del corpo. Le reazioni possono essere infinite e non esiste un manuale per ogni occasione. Ogni bambino è diverso ed ogni incontro avviene in modo diverso. La cosa importante è non spaventarsi davanti a nessun tipo di comportamento, ma cercare di capire cosa esso ci vuole dire o cosa può nascondere.

Mettersi nei suoi panni è la chiave per avvicinarsi a lui

Sappiamo benissimo che ogni novità, anche se positiva, ha bisogno di tempo per essere assimilata e metabolizzata. Questo vale per noi adulti, ma vale ancora di più se il mutamento riguarda un bambino. La vita dei piccoli risulta rassicurante grazie ai riti quotidiani e alle consuetudini, quindi il bambino che arriva in nuovo ambiente non deve immediatamente abbandonare i suoi ritmi e il suo stile di vita per acquisire quello dei nuovi genitori, è necessario mantenere una continuità tra abitudini passate e future.

Tu, fino ad ora, per me non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono che per te una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo»[1]. Come insegna la volpe nel Piccolo Principe addomesticare significa creare dei legami, e per farlo bisogna essere molto pazienti: « In principio tu ti sederai un po' lontano da me, così nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla...ma ogni giorno potrai sederti sempre più vicino[2].

[1] A. de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe, Bompiani, Milano 1984, p.92.

 

[2] Ivi, p.94.

Data di pubblicazione: 
Giovedì, Agosto 18, 2011

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