Autore: 
Marina Zulian, Associazione "Barchetta Blu", Venezia

 

Bisogna assomigliarsi per volersi bene?

Quando i suoi genitori lo trovarono erano senza figli e ormai disperavano di averne. I dottori erano stati chiari: Voi non avrete figli, avevano detto.

Così, quando vicino alla palude trovarono un neonato sembrò loro un regalo del cielo e non fecero troppo caso al fatto che avesse le branchie come un pesce. Non capirono se era stato abbandonato o se aveva perso i genitori, ma poco importava, perché ne aveva trovati altri due.

Lo chiamarono Boris.

Inizia così "Il richiamo della palude" scritto da Davide Calì e illustrato da Marco Somà.

Boom! Un pugno sullo stomaco leggere queste prime righe. I disegni mi avevano colpito e affascinato, gli autori li conoscevo bene per altri libri ma quelle prime frasi suscitarono in me delle fortissimi e contrastanti emozioni.

Che fatica riordinare le idee, che atmosfere strepitose ha saputo creare l’illustratore!

L’autore non aveva fatto allusioni o giri di parole; era andato subito al punto!

Decido di proseguire la mia avventura con questo magnetico albo illustrato.

Si racconta di come quel bambino cresce, gioca, mangia e ride come gli altri bambini. Di come va in bicicletta, si arrampica sugli alberi va scuola e come tutti i bambini impara cose utili e anche qualcuna inutile.

All’improvviso, dopo anni felici, o perlomeno non infelici, Boris sente un soffio di vento, sente un odore che va a smuovere qualcosa nel profondo dei suoi ricordi. Sente l’odore della palude e si chiede come sarebbe stata la sua vita se fosse rimasto là. Lo chiede anche ai suoi genitori che rispondono semplicemente che gli volevano bene e che altrimenti avrebbe rischiato di morire.

In Boris però le domande non si fermano, continuano a giragli per la resta, a non farlo dormire, e a fargli avere la sensazione di soffocare.

Ciò che aveva era ciò che desiderava o quello che altri avevano desiderato per lui?

Una mattina Boris inizia a seguire il richiamo della palude, del suo odore e si convince che fino ad allora aveva vissuto una vita che non gli apparteneva, in un mondo che gli era estraneo.

Inizia nella testa e nel cuore del bambino una nuova fase; incomincia a percorrere una strada nuova alla ricerca delle sue origini; un viaggio, forse ineludibile, per trovare la verità e per cercare di comprendere la propria profonda identità.

Le domande continuano e Boris vorrebbe darsi delle risposte. Nella palude trova molti altri che gli assomigliano con branchie e occhi sporgenti; si rende conto che si era sempre sentito diverso e che non aveva neanche mai immaginato che potesse esistere qualcuno di simile a lui. Inevitabilmente il bambino pensa di aver trovato una nuova famiglia, la sua vera famiglia. All’inizio Boris ride come non aveva mai fatto prima ma, dopo qualche tempo, vede delle differenze tra se e quelli che gli sembravano uguali a lui: gli altri ridevano, mangiavano e parlavano diversamente.

Quanto uguali sono le persone alle quali ci sentiamo uguali? Difficile dirlo.

Già, quante domande frullano ora nella mia testa e come batte forte il cuore nel leggere queste parole. Un albo illustrato che non dà risposte precostituite, che fa riflettere, che mette in risalto le difficoltà e le criticità delle scelte che si fanno nella propria vita, come figli e come genitori.

E in tutto questo cosa fanno i genitori di Boris? Non lo chiamano, non lo supplicano di tornare a casa, non lo ricattano emotivamente. Vanno spesso alla palude e gli lasciano dei messaggi appesi agli alberi o dentro in bottiglia:

Se tu sei felice dove sei, siamo felici anche noi.

Che brividi. Si può essere veramente dei genitori così profondi e comprensivi. Come si può non pretendere niente dai propri figli? E io, come mamma, saprò dare ai miei figli quell’amore incondizionato del quale parla questo libro? Ai figli spesso chiediamo, magari in modo indiretto, una gratitudine che ci gratifica. Ma ne abbiamo davvero diritto?

In questo suo percorso ad un tratto Boris sente nostalgia dell’odore di casa e non solo. Non si sente rassicurato e questi pensieri lo riempiono ancora una volta di disperazione e insicurezza. Sembra quasi voler mollare tutto, voler lasciarsi andare, voler morire.

Boris lasciò la sua nuova famiglia. Forse, pensò, io sono solo e unico. Per quello sono nato senza famiglia.  Per quello non posso averne una. E con questo pensiero si immerse nella palude e camminò sul fondo fino a perdersi.

Ancora una volta Davide Calì non fa giri di parole, affonda con le sue parole fino dentro al cuore.

Mi chiedo a che età un bambino possa leggere questo albo illustrato, che come tale normalmente è rivolto a bambini anche piccolissimi. Sicuramente un genitore deve essere preparato, averlo letto primo. Letto e riletto come ho fatto io per capire se è veramente giusto affrontare in questo modo temi così delicati.

Vedo Boris con gli occhi chiusi, in fondo alla palude. Intorno a lui foglie, alghe, radici, animali che nuotano indifferenti. Sono disperata anch’io. Sono là, nella palude con le mie domande, senza trovare risposte.

Mi faccio forza e giro pagina. Sbarro gli occhi come una bambina. Siamo sempre in fondo alla palude ma l’atmosfera è completamente cambiata. La magia questa volta la fa anche il bravissimo illustratore Marco Somà: incastrate sul fondo della palude ci sono tante bottiglie; in ognuna c’è un fiore luminoso e un biglietto, una foto, un ricordo.

Tutti i biglietti dicevano: Se tu sei felice dove sei, siamo felici anche noi.

Quante bottiglie abbiamo lasciato noi genitori ai nostri figli? Quanti messaggi abbiamo lanciato loro? Quante domande suscita ancora in me questa commovente e coinvolgente storia?

Boris capisce che i suoi genitori lo vogliono anche se non gli assomigliava ed esce dalla palude incamminandosi verso la città. Si ferma un attimo, respira ancora l’odore salmastro ma poi ritorna da dove è venuto, con il suo cane, la sua bicicletta, gli occhi sporgenti e le simpatiche branchie.

Quanto uguali a noi devono essere le persone alle quali voler bene?

Forse quelli uguali a noi sono semplicemente coloro a cui vogliamo bene e quelli che ce ne vogliono?

Domande, ancora domande. Questa coppia di autori riesce in maniera leggera e profonda allo stesso tempo a farci interrogare sulle difficili dinamiche della vita fra genitori e figli: la capacità di amare a prescindere dalla somiglianza, la necessità di lasciare liberi i propri figli anche quando fanno scelte che vorremmo non facessero. Poche parole precise e dirette si accompagnano a immagini originali e raffinate.

In particolare mi ha colpito come l’illustratore abbia unito armoniosi elementi della natura con elementi più schematici. Il vento e i riflessi dell’acqua ci avvolgono, ci accompagnano e ci riempiono di suggestioni. Dopo aver letto la storia si può ritornare indietro, pagina dopo pagina, e soffermarsi a vedere i particolari dei disegni: foglie, rami e radici mi hanno catturata, le bottiglie mi hanno fatto scendere una lacrima, gli occhioni di Boris, quando si sono riaperti, mi hanno ridato speranza nella vita.

Consiglio in primo luogo questo libro a tutti i genitori; possono tenerlo come un punto di partenza per ragionare sui tanti e non semplici messaggi che rimanda; ciascuno di loro saprà decidere se condividerlo con il proprio figlio.

Ripercorro all’indietro le pagine del libro e torno alla prima. Dentro di me sento delle delusioni, delle indecisioni e delle contraddizioni. Mi soffermo sui messaggi che potrebbero lasciare alcune parole e immagini del libro. Mi interrogo sul fatto che nella prima pagina si scriva che ai nuovi genitori poco importava se era stato abbandonato o se aveva perso i genitori. Sono convinta che ad un bambino adottato sia importante spiegare bene il motivo per cui i genitori biologici lo hanno lasciato, in modo narrabile a seconda dell’età, trovando il giusto momento e le giuste parole. Quella affermazione mi lascia insoddisfatta: si può lasciare un bambino nell’insicurezza data da quella frase per la quale c’era la possibilità che Boris si fosse perso e che magari i genitori biologici lo stessero cercando? Anche quando si parla di “vera famiglia” si aprono altre questioni.

Cerco di rasserenarmi; d’altra parte un libro fa fare un viaggio, suscita un batticuore, pone tanti interrogativi e non necessariamente offre risposte (potrebbero rivelarsi inadatte o stereotipate). Rimango con le mie perplessità e indecisioni ma trovo la certezza di aver letto un libro meraviglioso, un libro che fa fare un viaggio. E allora auguro a tutti i genitori, adottivi e biologici, buona avventura, piena di domande e poche certezze, piena di dubbi e di contraddizioni. Auspico per tutti una vita ricca, di soddisfazioni sapendo che ci saranno anche dolori, con tante difficoltà e peripezie da superare ma anche qualche momento felice.

E concludo che, essere genitori, ne vale davvero la pena!

 

Bibliografia

Il richiamo della palude. D. Calì, M. Somà, Kite Edizioni, 2016

Data di pubblicazione: 
Lunedì, Gennaio 30, 2017

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