Autore: 
Dr. Franco Carola - psicologo, psicoterapeuta e gruppoanalista

L’adolescenza è un periodo di transizione utile ad individuarsi nel mondo, a definirsi come individui nel tessuto sociale in cui siamo immersi.
È un periodo della vita in cui, attraverso sperimentazioni, ribellioni, riconferme, ricomposizioni interne, sistematizziamo il nostro addio alla vita infantile per affermarci come adulti, capaci e responsabili delle nostre scelte ed azioni.
Tale processo accade attraverso tantissimi episodi sociali e psicologici, spalmati in un tempo tanto ampio da non permettere spesso allo spettatore esterno di apprezzarne il filo evolutivo, anzi! Il genitore che osservi la crescita del proprio figlio adolescente il più delle volte fatica a vedere determinati cambiamenti come utili alla crescita del proprio pargolo: si assiste a comportamenti apparentemente incongrui, dissonanti da sé e ciò che si sarebbe voluto vedere nascere nel proprio figlio, mutevoli tanto rapidamente da non aver il tempo di coglierne il senso. Eppure, tutte le sperimentazioni, i cambi di ideali e modi di essere, i cambiamenti somatici o di “immagine” di un adolescente rappresentano il suo duro lavoro interno per acquisire una sempre più radicata sensazione di esser “individuo”, una persona unica con proprie convinzioni e chiarezze. Le prime ideologie che saranno dunque messe in discussione saranno tutti i mandati genitoriali: ciò che mi è stato insegnato/inculcato mi rappresenta o no? Mi è davvero ancora utile o no? Le discussioni in casa in questo frangente si accenderanno con maggiore facilità.
L’adolescenza di un figlio adottivo, all’interno di questo processo di scoperta identitaria, deve includere un numero maggiore di elementi: insieme a ciò che è stato appreso dalla famiglia adottiva dovrà metter in discussione, almeno dentro di sé, le idee, le fantasie rispetto a una coppia genitoriale di cui egli sa poco o niente, o conosce notizie comunque spesso apprese da altri, informazioni cagionevoli di distorsioni ed incertezze, alterate dal tempo. Risultato è un processo di individuazione di sé più complesso e spesse volte più sofferto, sia da sé
che dalla famiglia.

Il figlio adolescente in quarantena

La privazione di una libertà di azione, della socialità quotidiana, per un figlio adolescente si prospetta come una battuta di arresto: il momento evolutivo vede “uscire di casa” come la possibilità di affrancarsi dai mandati genitoriali e, fuori dalle mura domestiche, poterli metter più facilmente in discussione; pare negata la possibilità di incontrare il mondo, se non virtualmente, e definirsi in esso.

Il vademecum per i genitori: alcune riflessioni per la propria sopravvivenza

Premessa al vademecum

Piacere di conoscerla!

L’arrivo dei figli, in qualunque stato fosse la coppia o qualsiasi fosse l’età del bambino, in caso di adozione, al tempo dell’incontro, segna un passaggio per tutti. I genitori devono rivedere la struttura delle loro vite lavorative e sociali, i figli fare i conti con una nuova realtà piena di nuove regole e sistemi di vita. La quotidianità si articola tra gli impegni degli uni e degli altri: lavoro, amici, scuola, sport, impegni di ogni sorta, rendono il tempo da trascorrere in famiglia spesso limitato ai pasti e ai fine settimana. La quarantena è un vero banco di prova della famiglia: una convivenza come mai prima si era esperita. E, come spesso accade, il convivere consente l’emergere di aspetti inediti dei famigliari o, quantomeno, passati inosservati in precedenza. Ci viene fornita la possibilità di conoscersi come mai prima d’ora. Si prospetta quindi un’opportunità più unica che rara di guardarsi e lasciarsi guardare con occhi nuovi proprio da chi si pensa di conoscere già fin troppo.

Vademecum

1. Sei già grande!

Il proprio figlio è già adulto: la natura, la biologia lo affermano. Coinvolgerlo nelle scelte, nelle necessità domestiche della contingenza, aiuteranno lui a definirsi meglio, a vedersi utile, e aiuterà il genitore ad alleggerirsi di compiti. Lasciate sia lui a decidere cosa mangiare e a preparare il cibo, magari con l’ausilio dei tutorial sul web, a pulire, a darsi da fare. Su una nave in balia delle onde, tutti devono contribuire affinché il mezzo resista alla tempesta.

2. Chi è al comando?

Stiamo vivendo un momento storico unico, che ci riconnette a temi di sopravvivenza fisica e psicologica. I nostri figli sono sopravvissuti all’abbandono, all’essere inseriti in una nuova realtà senza poterla scegliere: marinai su navi guidate da altri. Sono i più attrezzati, volenti o nolenti, all’adattabilità. Lasciamo dunque che siano loro a prendere il comando a volte, a ricoprire mansioni di sempre maggiore responsabilità. Lasciamo siano loro gli adulti, si sperimentino in scelte familiari che noi stessi avvertiamo difficili. Lasciamoci sorprendere dal loro modo di vedere le cose, anche se ci potrà apparire semplicistico. Lasciamo che ci facciano sentire meno soli nelle nostre scelte e loro, un domani, fieri e consapevoli di saper comandare, all’occorrenza, una qualsiasi nave.

3. Il proprio figlio e le sue conoscenze

 L’adolescente possiede conoscenze accessibili e fruibili. In un momento in cui i media e le comunicazioni virtuali, ad esempio, sembrano esser l’esclusivo sistema per connettersi al mondo esterno, ricorriamo ai nostri figli e alle loro abilità per esser eruditi sul come farlo al meglio. Lasciamo loro spazio perché ci spieghino, dimostrino quanto sanno! Potremmo rimanere davvero stupiti dalla mole di informazioni e capacità nascoste che possiedono.

4. Le emozioni dei figli

Ognuno avrà un proprio modo di processare emotivamente il periodo in atto, alle volte in maniera più evidente, altre no. Se mio figlio assume una posizione “cinica”, emotivamente distaccata da quanto sta accadendo, non significa non stia soffrendo. Difendersi dalle emozioni forti è un sistema naturale per non esser disintegrati dal marasma emotivo che si percepisce. Laddove il piano emotivo ci pare sia considerato o percepito come troppo pericoloso, proviamo a coinvolger nostro figlio  in lavoretti ed attività fisiche: aiutiamolo a tornare ad un piano di realtà pratico dove sarà più facile poter smaltire l’energia emotiva in eccesso. Spostare i mobili, imbiancare, pulire casa, fare ginnastica (magari chiedendo a lui di insegnarci qualche esercizio), riparare, mettere insieme i cocci di un piatto rotto, un chiodo ad una parete, etc. Cerchiamo un linguaggio più rudimentale, meno concettuale o emotivo, col quale dialogare.

5. Nuovi ed inattesi amici

I nostri figli possono essere i nostri migliori amici. Spesse volte sento i genitori lamentarsi perché i figli non li accolgono nella loro privacy, nella loro ristretta cerchia di simpatie. Mi domando: ma i genitori, quanto REALMENTE si relazionano ai figli come pari? Quanto loro stessi offrono un po’ della propria amichevolezza, la propria socievolezza, al proprio figlio, rinunciando per qualche attimo alle asimmetrie intrinseche del rapporto che li lega? Questo periodo offre l’opportunità di conoscersi come mai prima d’ora. Se, come adulti, sentiamo la mancanza della nostra cerchia sociale, beh, organizziamo una serata “tra amici” coi figli, in cui fare o dire anche qualcosa (nei limiti consentiti dall’età) da cui di solito li escludiamo: bere un bicchiere insieme, vedere un film vietato ai minori, rotolarsi sul pavimento o qualsivoglia piccola follia che riteniamo divertente. Concediamoci l’opportunità di scoprire che magari nostro figlio, un essere che pensiamo di conoscere a fondo, possa essere inaspettatamente socievole e simpatico, in modo a noi finora ignoti: una persona inedita ed interessante, un nuovo amico da frequentare. E offriamo a lui questa pari opportunità: avere un genitore più amico di quanto non si fosse pensato prima.

6. Rispettiamo la nostra umanità

Tutti abbiamo esperito, crescendo, l’umanità dei nostri genitori, spesso perdonandone i limiti: una volta adulti noi stessi, abbiamo meglio compreso alcune delle scelte da loro compiute e le motivazioni ad esse sottese. La quarantena può avere, tra i suoi effetti sui figli adolescenti, anche quello di una accelerazione di questo naturale processo di comprensione: “i miei genitori non sono onnipotenti, sono umani e, come tali, non infallibili o inaffondabili”. Gli adulti stanno provando, chi più, chi meno, emozioni intense: sensazioni di angoscia per il futuro, per la situazione lavorativa ed economica, per la salute dei propri cari e via discorrendo. Una lista articolata e a rapida mutevolezza di scenari interni pregni e carichi di tensione. Cercare a tutti i costi di mascherare le proprie emozioni al cospetto del proprio figlio non ha alcuna utilità. I figli imparano anche osservando come i propri genitori gestiscono le emozioni e il sovraccarico di stress da esse generato. Dimostrare ai figli che si può essere fragili e spaventati li aiuta ad esserlo loro stessi, a mostrare implicitamente loro, la loro stessa forza, la loro intrinseca capacità di sopravvivere con semplicità alle emozioni forti e alle dure prove che la vita a volte impone.

In una realtà così piena di incertezze quale quella in cui siamo al momento globalmente immersi, il figlio adolescente, nel pieno del suo processo evolutivo di individuazione del Sé, ci offre, col suo stesso esistere, l’opportunità di ri-pensarci, di dare a noi stessi nuova linfa vitale, di rifondare il nostro stesso essere su parametri inediti, rendendoci liberi, seppur confinati dalle mura domestiche.

Data di pubblicazione: 
Lunedì, Aprile 13, 2020

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