Autore: 
Antonio Fatigati

L’albergatore è uno di quelli bravi, capace di far sentire a suo agio una zebra in soggiorno climatico in Islanda. Il tocco di classe nella sua ospitalità è la lunga tavolata che intravediamo nella grande sala del camino in questo caratteristico ristorante di campagna.

" Ogni giovedì è così " - mi racconta il cameriere che ci serve in una stanza più riservata – raccoglie i suoi ospiti e li porta qui a mangiare, davanti al caminetto acceso. " E vedrà quando cominciano gli inni", conclude poi, lasciandoci con un sorriso tra il divertito e l’ironico. Le mie figlie mi guardano, sorprese.

" Inni? ", mi chiedono. " Ne so quanto voi ", dico cercando aiuto in mia moglie che allarga le braccia sconsolata. Ma il segreto dura poco: verso le undici di sera, quando nella stanza grande le oltre 50 persone sono arrivate all’ultima delle tante portate, sento partire, improvvise, le note dell’inno di Mameli. Ci affacciamo a guardare: tutti gli ospiti italiani sono in piedi, e cantano a squarciagola le parole dell’inno, un po’ storpiandolo, ma con una passione che non mi aspettavo.

" Tu non canti? ", mi chiede una delle mie figlie, sbirciandomi dal basso. "Certo, però canta anche tu ", le dico richiamando alla memoria le parole imparate tanti anni fa. Quando l’inno finisce e noi torniamo a sederci, lo speaker annuncia che adesso sarà il turno dell’inno. Tedesco. E poi, di seguito, toccherà all’austriaco, al francese e persino all’inglese, che ogni volta che lo senti ti viene da voltarti per verificare se per caso non stia comparendo il corteo reale con tanto di guardie in alta uniforme.

E quando tutto sembra finito e gli ultimi battimani si sono spenti, l’indomito speaker fa un annuncio sensazionale, ovvero che a quella tavolata cosmopolita per la prima volta, senti senti, c’è persino un ospite russo e che in suo onore verrà eseguito l’inno della Federazione. E mentre le note partono e l’ospite solitario si alza cantando le parole storiche dell’Internazionale, vedo con la coda dell’occhio le mie figlie alzarsi in piedi, emozionate. Io e mia moglie ci guardiamo e, ne sono sicuro, in quell’attimo stiamo pensando entrambi a quel giorno in cui abbiamo conosciuto le nostre figlie e passando da una delle piazze principali di San Pietroburgo, una piccola banda eseguiva l’inno mentre veniva alzata la bandiera a tre colori.

E’ un attimo e ci ritroviamo in piedi accanto a loro, convinti che questi piccoli gesti valgano più di tutte le parole dette loro affinché del loro Paese avessero un’immagine positiva, più del lungo elenco di poeti, scrittori, musicisti, città e luoghi russi che gli andiamo propinando da anni. Poiché se davvero crediamo che l’autostima ha radici lontane, e quindi anche nel Paese in cui sei nato, allora diventa fondamentale rispettare ciò che a quel Paese appartiene profondamente.

Come il suo inno, magari, ascoltato in piedi in una lontana sera d’estate in un piccolo ristorante di campagna…

 
 

Data di pubblicazione: 
Mercoledì, Marzo 1, 2006

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