Autore: 
Flavia Romano e Antonella Zenga

La musicoterapia è una metodologia terapeutica a base sonora che promuove la costruzione di una relazione stabile tra il professionista in musicoterapia e l’utente/gruppo, attraverso lo sviluppo della comunicazione non-verbale e l’uso del canale corporo-sonoro–musicale. Gli strumenti musicali, la voce, il movimento e la produzione sonora che si realizza durante la seduta, costituiscono il contesto non verbale e sono gli elementi fondamentali che il musicoterapista ha a disposizione per costruire la relazione. Infatti, il principale obiettivo di un’attività musicoterapica non è l’apprendimento della musica, né la realizzazione di un prodotto esteticamente valido, ma il miglioramento delle relazioni che il linguaggio sonoro-musicale può contribuire a realizzare, facilitando l’espressione e la comunicazione delle emozioni e del proprio mondo interno. La metodologia del Prof. R.O. Benenzon (BMT, Benenzon Music Therapy) è fra i modelli di musicoterapia attiva universalmente riconosciuti. Alla base della teoria. benenzoniana vi è il concetto di ISO (Identità sonora), che può essere definito come l’insieme infinito delle energie sonore, acustiche e di movimento che appartengono ad ogni individuo e lo caratterizzano. E’ un concetto totalmente dinamico ed è composto dagli archetipi sonori comuni al genere umano, dalle esperienze sonore, vibrazionali e di movimento avute durante la vita intrauterina, il parto e il resto della vita. L’ISO di ciascun individuo, infatti, è il risultato dell’integrazione di ISO specifici:

  • l’ISO Universale, che caratterizza e identifica tutti gli esseri umani, a prescindere dai contesti sociali, culturali, storici e psicofisiologici e si esplicita attraverso quegli elementi sonori primordiali che accompagnano la vita intrauterina di ogni essere umano, come il ritmo binario del battito cardiaco e della respirazione, i suoni dell’inspirazione e dell’espirazione, del movimento dell’acqua (assimilabile al liquido amniotico), la voce materna, il silenzio ed altri, più strettamente musicali, come la scala pentafonica, l’accordo perfetto, il canone e l’ostinato;
  • l’ISO gestaltico, costituito dalle energie sonore uniche per ciascun essere umano, che si producono a partire dal suo concepimento sino al momento attuale (rumori delle contrazioni muscolari della madre, vibrazioni trasmesse dal liquido amniotico, la voce della madre e del padre e tutti i suoni percepiti durante la vita intrauterina e successivamente);
  • l’ISO culturale formato dai flussi di energie sonoro-musicali costituitesi a partire dalla nascita e dal momento in cui l’individuo riceve gli stimoli sonori dall’ambiente che lo circonda. E’ l’identità sonora propria di una comunità con omogeneità culturale e musicale. Ogni individuo nato e cresciuto in una specifica comunità porterà per sempre con sé tale ISO culturale, anche nel caso di un cambiamento totale di ambiente di vita. Dunque, la produzione sonora di un individuo è l’espressione dell’ISO, che è risultanza di tutti gli ISO sopra enunciati;
  • l’ISO gruppale (due o più persone), ovvero la produzione corporo-sonora-musicale effettuata da un gruppo di individui, che è il frutto di un lavoro musicoterapico continuato nel tempo, grazie al quale gli ISO di ciascuno si adattano reciprocamente, costituendo così l’identità sonora del gruppo.

Questa lunga premessa sulla teoria dell’ISO definita da Benenzon, ci è parsa necessaria per introdurre la nostra esperienza di musicoterapia con bambini adottati. Riferirsi a questo principio, significa partire dal presupposto che il bambino/a che abbiamo davanti è portatore di una propria identità sonora cui dare voce, consentirle di emergere, vuol dire accompagnarlo in un percorso di rivisitazione e di rielaborazione della propria storia. Attraverso la comunicazione non verbale, il bambino/a ha la possibilità di vivere e recuperare all’interno di un contesto protetto, appunto quello del setting musicoterapico, dei passaggi evolutivi importanti, quegli anelli probabilmente saltati durante la crescita e ricontattati durante questa esperienza di suono, corpo e movimento. Parallelamente il setting di musicoterapia si pone come spazio ideale per esprimere il disagio dello adattarsi a nuovi modelli educativi e culturali, un disagio che spesso si traduce in modalità comunicative particolari, molto dinamiche e forti, che possono essere canalizzate, sotto forma di energia corporo-sonora, sugli strumenti musicali, convenzionali e non, che il musicoterapista sceglie e mette a completa disposizione del bambino. Infine, ma non ultimo per importanza, vi è un altro elemento sostanziale: il modello benenzoniano, oltre che a connotarsi per l’uso del non verbale, si fonda sulla non direttività, sull’attesa e sull’ascolto empatico dell’altro. Ciò implica che il bambino durante la seduta si trova, forse per la prima volta, padrone del suo tempo e del suo spazio, libero di scegliere e di comunicare, con tutto il corpo e gli strumenti messi a sua disposizione, ciò che sente di esprimere. All’inizio esplorerà questo nuovo contesto quasi con diffidenza, sperimenterà gli strumenti, a volte con prudenza, a volte provocando, per comprendere i limiti di questa ennesima, nuova situazione. Poi, col tempo, scoprirà di essere capace. Capace di creare con i suoni, di dialogare o litigare attraverso gli strumenti, di inventare giochi e raccontare storie o di interpretarle sui suoni dell’altro. Comincerà ad avere fiducia, prima di tutto in se stesso e poi verso chi lo accompagna in questo suo raccontarsi. La nostra esperienza tuttavia non ha tenuto conto del solo bambino. All’interno di un lavoro d’equipe si è sviluppata un’idea che mira a costruire una vera e propria rete intorno al bambino adottivo e alla sua famiglia. Una rete che supporti la costruzione dei legami affettivi, e permetta la crescita e l’individuazione del Sé attraverso la cura e l’accudimento di un noi, apprendendo in modo continuativo e consapevole dall’esperienza. In tutte le famiglie l’arrivo di un figlio rappresenta un’importante tappa evolutiva che implica una trasformazione dei modelli di vita precedenti e notevoli cambiamenti personali, coniugali e sociali. Tale processo è ancora più complesso per i genitori adottivi ed è caratterizzato da alti livelli di incertezza: essi, infatti, si trovano a dover fronteggiare tensioni e conflitti di più ampia portata. Una delle poche certezze, a volte l’unica, è data dal fatto che il bambino adottato ha delle proprie radici, spesso molto lontane, non solo dal punto di vista territoriale, ma anche e soprattutto dal punto di vista culturale, da quelle della famiglia adottiva. Il nostro percorso fino ad oggi ha coinvolto all’interno del setting di musicoterapia i soli bambini, in incontri individuali. Questa scelta è stata fatta con l’obiettivo di dare a ciascun bambino l’esperienza di una relazione unica e speciale, dove, attraverso la dimensione ludica e simbolica, è possibile dare l’avvio a quei processi d’integrazione del Sé che promuovono la costruzione dell’identità di ciascun essere umano. In una seconda fase, grazie alla collaborazione con il Conservatorio “A. Casella” di L’Aquila, è stata presente anche una tirocinante del biennio di specializzazione in musicoterapia. Ciò ci ha consentito di ampliare e diversificare le possibilità di relazione. All’interno del nostro lavoro, la nuova identità genitoriale è supportata da un percorso psicologico dove si ha la possibilità di ri-esplorare tutte le aspettative e le fantasie che la coppia aveva prima dell’arrivo del figlio. Osservare quel PRIMA alla luce di quanto esiste nel QUI ed ORA, permette ad ogni coppia genitoriale di creare delle connessioni tra un prima e un dopo, lavorando quindi sul processo di accoglienza dell’ALTRO e sulla costruzione di un’esperienza che possa dare, forse, uno stile di attaccamento meno disorganizzato e meno evitante. La nostra esperienza col bambino, ci suggerisce di promuovere il medesimo lavoro anche con l’intero nucleo familiare, al fine di consolidare i processi di conoscenza di ciascun componente. Riteniamo prezioso per i genitori adottivi ricercare il proprio ISO e divenirne consapevoli, per poter così aprire nuovi canali di comunicazione in ambito non verbale, ovvero quella comunicazione che il genitore, anche non adottivo, utilizza nei primi momenti col proprio figlio in una relazione appena nata. Inoltre, poiché come abbiamo visto ciascun bambino adottato ha le medesime potenzialità, la sua ISO richiede di essere scoperta e rielaborata, perché i genitori adottivi possano instaurare con lui/lei una migliore relazione e uno stile di attaccamento maggiormente efficace. All’interno di un percorso di musicoterapia i genitori avranno quindi l’occasione di recuperare il proprio mondo espressivo e di riconoscere le modalità di interazione reciproca su cui si costruirà la nuova dimensione del NOI.

 

Data di pubblicazione: 
Venerdì, Ottobre 14, 2016

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