Autore: 
Luigi Bulotta

Una delle frasi tipiche che le famiglie adottive spesso si sentono rivolgere è: "Che bella cosa che avete fatto..." , una frase che in genere infastidisce, perché chi adotta non ha, in genere, in animo di fare una buona azione, vuole solo creare una famiglia e l'adozione è stato solo uno dei modi per costruirla. E' innegabile, però, che diventare famiglia per adozione, oltre alla dimensione strettamente privata, comune a tutte le famiglie, riveste una dimensione pubblica ed ha una ricaduta sociale perché realizza il diritto fondamentale di ogni minore di crescere in una famiglia.

Quindi in fondo è vero: le famiglie adottive compiono realmente una buona azione, una funzione sociale, e riparano a dei torti sociali, quelli subiti dai loro futuri figli, nonostante questa non sia stata generalmente  la molla che li ha spinti, ma rappresenta  solo un effetto collaterale. Un meraviglioso effetto collaterale, diciamolo pure. Quello che sarebbe logico aspettarsi, alla luce di tutto ciò, è che le famiglie che si rendono disponibili all'adozione siano supportate nella realizzazione di questa loro volontà, ma questo purtroppo non è quello che avviene.

Quello a cui stiamo assistendo in questi ultimi anni è invece una crisi complessiva del sistema adozioni, con un crollo nelle adozioni internazionali e un calo consistente del numero di richieste di decreti di idoneità. Quali sono le difficoltà che incontrano le famiglie nel loro percorso? Quali sono i loro bisogni?

Per una coppia che si avvicina all'adozione i costi sono il primo forte deterrente, quello che può fare la differenza e spingere a desistere dall'intraprendere questa strada.

E invece, sul fronte dei costi, poco è stato fatto per cercare di andare incontro alle famiglie e gli aiuti disponibili -deducibilità fiscale e rimborso parziale - arrivano ad adozione conclusa. Quest'ultima è una misura molto aleatoria dal momento che attinge ad un fondo che viene rifinanziato con mille difficoltà e ad oggi gli ultimi rimborsi si riferiscono alle adozioni concluse nel 2011.

Oltretutto, quando si parla di costi, quasi mai si tiene conto di quelli occulti e non evidenti ai più, quelli che le famiglie affrontano ad adozione conclusa, quando, sempre più di frequente, si manifesta la necessità di terapie, di percorsi di recupero per i bambini o di sostegno per l'intera famiglia.

Aiuterebbe di certo una semplificazione burocratica, una revisione delle prassi e delle procedure condivise tra tutti i Tribunali, quando oggi ognuno di essi è una repubblica a sé con proprie regole e propri "modus operandi" ( v. le osservazioni di una mamma in attesa sui TdM in questo stesso numero).

Servirebbero servizi sociali, non sottodimensionati dai continui tagli che sul sociale si sono abbattuti, che possano garantire un iter sereno e in tempi ragionevoli per l'ottenimento dell'idoneità e, soprattutto, la possibilità di essere supportati, al rientro, qualora se ne verificasse la necessità.

Servirebbe un profondo ripensamento del "sistema" degli enti autorizzati,  magari ridurne il numero fin troppo abbondante, ad oggi 62, e provvedere ad una razionalizzazione delle regole che pongano al centro le famiglie e la trasparenza di prassi che debbono essere condivise tra tutti gli enti, mentre oggi ognuno di essi propone alle famiglie regole di conferimento incarico diverse uno dall'altro.

L'autorità centrale dovrebbe svolgere un più forte ruolo nella guida di questo complesso sistema, esercitando una forte propulsione nei confronti dei paesi, di affiancamento e controllo degli enti, di tutela e garanzia delle famiglie.

In questo momento di forte difficoltà per l'universo adottivo, servirebbe che tutti gli attori di questo complesso sistema, governo e politica in primis, si riappropriassero del loro ruolo e lo svolgessero al meglio.

Le famiglie già lo fanno.

Ci aspettiamo molto anche dagli altri.

 

Data di pubblicazione: 
Lunedì, Aprile 27, 2015

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