Autore: 
Monica Nobile, psicopedagogista

Questo è il secondo di una serie di articoli che appariranno mensilmente a cura della dott.ssa Monica Nobile dedicati al CRESCERE. Gli articoli che seguiranno a questi primi contributi alla riflessione sulla crescita dei figli, propongono considerazioni ed esperienze, anche attraverso testimonianze di ragazzi, giovani e genitori. Puoi leggere il primo cliccando qui!

 

Secondo il dizionario Garzanti dialogo significa comunicazione tra persone che favorisce la comprensione reciproca e permette di eliminare o ridurre i conflitti.

Perché il dialogo autentico sia possibile, occorre che tra le due parti ci sia empatia, ovvero capacità di mettersi ciascuno nei panni dell’altro. Con un figlio adolescente non sempre risulta facile, anzi spesso ragazze e ragazzi si sentono facilmente pressati dalle domande e oppongono un muro di silenzio difensivo, quasi a proteggere la propria intimità, individuando nel genitore un invasore da cui difendersi. D’altro canto i genitori spesso faticano a riconoscere che i figli stanno crescendo, diventando persone con proprie opinioni e convinzioni, non più bambini a cui indicare la strada giusta da intraprendere, ma persone desiderose di scegliere in autonomia il proprio modo di stare al mondo.

Dialogo tra genitori e figli adolescenti tra ascolto ed empatia

Le discussioni evolvono rapidamente nella direzione conflittuale, dove ognuna delle parti si arrocca nella propria posizione perdendo la possibilità di uno scambio costruttivo.

Ingrediente fondamentale per il dialogo è la capacità di ascoltare, senza pregiudizio, ponendosi su un piano di sincero interesse per i pensieri e le ragioni dell’altro, senza prevaricare, abbassando i toni e recuperando la serenità nello scambio.

Una delle regole del buon ascoltatore descritta da Marinella Sclavi in "Arte di ascoltare e mondi possibili” indica come preziosi “I segnali che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti perché incongruenti con le proprie certezze”. È molto comune negli adulti la convinzione di essere più esperti, di aver acquisito capacità e consapevolezza per destreggiarsi nella vita e, di conseguenza, di poter assumere il ruolo di guida nei confronti dei giovani. Questa convinzione può portare ad ascoltare i figli distrattamente, ponendosi in una condizione di chi sa verso qualcuno che deve imparare.

Quando il linguaggio è aggressivo

Afferma con rabbia una figlia biologica: “Mia madre è sempre in mezzo, mi tormenta perché io faccia i compiti, mi vesta in una certa maniera, addirittura si intromette e giudica i miei amici. Mio padre ha fatto bene a lasciarla, tormentava anche lui…”. Le parole di questa ragazza di quattordici anni sono pesanti, feriscono e la madre, nella sofferenza, tende a irrigidirsi ulteriormente. Da posizioni distanti, ciascuna nella propria barricata, risulta difficile giungere ad una reciproca comprensione.

I figli adolescenti possono ferire profondamente i genitori, con loro non è facile mantenere la calma e i toni pacati; utilizzano un linguaggio che è spesso quello della sfida e dell’attacco. Forse può aiutare ricordare che dietro al linguaggio aggressivo si nasconde l’insicurezza di chi indossa una corazza per affrontare difficoltà e incertezze. La ragazza che ferisce la madre è arrabbiata, dietro i suoi modi arroganti, quasi sprezzanti, si cela il disorientamento e il dolore per la separazione dei genitori. Comprenderlo può consentire di cambiare rotta nella discussione, accogliere la sua rabbia e aiutarla a comprenderla può costituire il punto di partenza per un dialogo costruttivo.

Un figlio biologico afferma che non desidera parlare con i suoi genitori perché sono vecchi, hanno una mentalità antiquata e non capirebbero mai il suo modo di essere e di vivereI genitori sono persone amorevoli, dedite al lavoro e alla famiglia. Sono molto dispiaciuti per i silenzi del figlio che pare ignorarli, quasi disprezzarli. Reagiscono, in particolare la madre, con ripetuti litigi con il figlio, rimproverano la maleducazione e i suoi comportamenti scostanti. Lui è un ragazzo molto bello e molto impacciato, ha sedici anni e mi parla delle sue difficoltà nelle relazioni, soprattutto con le ragazze. È intelligente ma non lo sa, si sente inadeguato e mi parla dei suoi compagni come ragazzi molto più attraenti e disinvolti di lui.

Afferma Gustavo Pietropolli Charmet in “Fragile e spavaldo. Ritratto dell’adolescente di oggi”:

Gli adolescenti sono fragili perché esposti alla delusione derivante dal divario fra aspettative di riconoscimento e trattamento reale da parte di insegnanti, coetanei, genitori.

Forse una chiave di lettura sta nel giusto equilibrio tra la posizione di chi è chiamato ad assolvere un ruolo educativo e quella dell’adulto che sa trasmettere il proprio amore e la propria stima nei confronti di un figlio. Occorre, credo, riconoscere il valore di un ragazzo o di una ragazza che sta costruendo, talvolta con molta fatica, la sua autostima.

È chiaro che queste sono raccomandazioni facili sul piano teorico e che nella pratica quotidiana cozzano con comportamenti sfidanti, a volte decisamente arroganti.

Dialogo tra genitori e figli adolescenti: i tempi

Un fattore a mio avviso fondamentale per la buona riuscita del dialogo è la scelta dei tempi. Non sempre è efficace rispondere a caldo, non sempre la tempestività è una buona scelta. A volte può essere molto più produttivo darsi un tempo di riflessione e di elaborazione. Può essere d’aiuto non cercare nell’immediato di risolvere una situazione, di porre delle domande pretendendo risposte adeguate. A volte si possono aspettare circostanze e condizioni favorevoli, affinché una chiacchierata si svolga in modo più sereno, meno pressante.

Spiega una madre adottiva che ha imparato a restare zitta, a non partire subito con le domande. Perché in quei casi suo figlio si chiude a riccio e il suo silenzio diventa invalicabile.

Aggiunge un padre adottivo: “Ho imparato a mantenere i toni ad un livello più basso possibile, mollando quando la tensione è troppo alta e riprendendo il discorso successivamente, un po’ come quando si pesca un pesce grosso: si molla la lenza e poi si recupera”.

Dialogo nella famiglia adottiva quando i figli sono adolescenti

Il dialogo con un figlio adolescente adottato può essere più complicato per diversi fattori. Uno, a mio avviso, è la convinzione da parte del figlio che il genitore non possa capire la sua storia passata e che si senta solo nell’affrontare le ferite che i suoi trascorsi gli hanno provocato.

Succede che un figlio adottivo, davanti alle affermazioni dei genitori, risponda “Voi non siete i miei veri genitori, non potete dirmi cosa devo o non devo fare”. 

In adolescenza il senso di appartenenza, l’essere parte di una famiglia che non è quella originaria, può creare un senso di rifiuto, può richiamare la sofferenza dell’abbandono. Il tema delle origini può ritornare attuale e doloroso. 

Mi confida un ragazzo adottivo “Vorrei conoscere i miei genitori biologici ma non ne parlo con mia madre e mio padre perché si risentirebbero, gli sembrerei un ingrato”. È un ragazzo che tende a chiudersi nella sua solitudine e credo che questo sia causa di un dialogo mancato, di una catena di incomprensioni che partono dai pensieri inespressi sulla sua famiglia originaria.

L’importanza dell’identità genitoriale

Ho incontrato molti genitori che, in questi casi, mettono in discussione la propria genitorialità e la forza e l’autenticità del loro essere madri e padri vacilla. Credo che questo richieda una rielaborazione e rivisitazione del proprio percorso adottivo per recuperare la valenza e l’intensità con cui si è diventati famiglia. Sentirsi a tutti gli effetti genitori, indipendentemente dai legami di sangue, aiuta se stessi ma anche i figli che stanno cercando la propria identità e il proprio senso di appartenenza.

Mi spiega una madre adottiva: “Ho percepito che gli altri mi considerassero un genitore di serie b, una specie di buon samaritano, ma non un genitore vero". Essere genitori significa amare, accudire, proteggere, sostenere nella crescita i propri figli. Nella società odierna, in Italia, manca ancora una cultura dell’adozione. Sono frequenti esclamazioni fuori luogo quali “i suoi veri genitori…”.

Nel tumulto dell’adolescenza è importante mantenere salda la certezza che si è veri genitori, è importante legittimarsi e riconoscere il proprio ruolo e la propria identità genitoriale. Farlo si traduce, io credo, nel sostenere un figlio che cerca e pensa alla propria storia. Restituisce la serenità e la sicurezza necessarie per trasmettere la possibilità di parlare insieme, di tutto, senza pericoli di offendere o di non essere compresi.

Spiega un genitore adottivo: “Anche se non sono un figlio adottivo, quando osservo i momenti tristi e malinconici di mio figlio, sento di condividere il sentimento di ansia e vuoto oscuro legato al passato. Normalmente ciò accade in silenzio ma qualche volta è accaduto che ne accennassimo, anche se non ci sono tante parole per spiegare questo concetto”.

All’inizio di questo articolo si parla dell’importanza, nel dialogo, dell’empatia, ovvero della capacità di mettersi nei panni dell’altro. È vero che è difficile, forse impossibile, calarsi nel vissuto di un figlio che ha vissuto l’abbandono prima e l’adozione poi, comprenderne fino in fondo le implicazioni e le conseguenze nella sua formazione. Credo tuttavia che restare disponibili all’autentico ascolto, trasmettere la disponibilità a comprendere, possa trasmettere l’accoglienza di una narrazione profonda, senza pretendere di capire tutto, ma creando le condizioni per la condivisione di emozioni e sentimenti. È importante accettare i dubbi e le contraddizioni che la costruzione di una famiglia adottiva comporta, senza censurare ma, al contrario, partendo da un presupposto di accettazione, il più possibile serena: l'accettazione di un figlio che si confronta con due coppie genitoriali, quella biologica e quella adottiva e la consapevolezza da parte dei genitori dell’essere parte della vita dei figli solo dopo un periodo, più o meno lungo, e tanto significativo e pregnante, nella loro crescita.

Così forse si può realizzare l’incontro; creare uno spazio dove un figlio sente il genuino interesse del genitore e, forse, accetta più facilmente, nei limiti della consueta turbolenza che l’adolescenza comporta, la possibilità di entrare in un rapporto comunicativo fluido.

 


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Data di pubblicazione: 
Domenica, Ottobre 16, 2022

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