Autore: 
David Satta Mazzone, Avvocato del Lavoro

Il tema della maternità e della paternità in ambito giuslavoristico si intreccia con una disciplina contenuta sia nelle leggi che nei contratti collettivi, partendo dalla fondamentale disciplina del “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53” previsto dal Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.

Senza pretesa di completezza assoluta di trattazione, che imporrebbe di analizzare ogni contratto collettivo, è opportuno segnalare la disciplina “base”, applicabile a tutti i rapporti di lavoro del settore pubblico e privato.

Come funzionano i permessi di maternità e paternità per genitori adottivi?

In generale i genitori adottivi hanno diritto alla stessa protezione e tutela prevista per i genitori naturali, come previsto dal D.lgs. 151/2001

- all’art. 26 per le adozioni e affidamenti nazionali

Art. 26 - Adozioni e affidamenti

1. Il congedo di maternità come regolato dal presente Capo spetta, per un periodo massimo di cinque mesi, anche alle lavoratrici che abbiano adottato un minore.

2. In caso di adozione nazionale, il congedo deve essere fruito durante i primi cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice.

3. In caso di adozione internazionale, il congedo può essere fruito prima dell’ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo può essere fruito entro i cinque mesi successivi all’ingresso del minore in Italia.

4. La lavoratrice che, per il periodo di permanenza all’estero di cui al comma 3, non richieda o richieda solo in parte il congedo di maternità, può fruire di un congedo non retribuito, senza diritto ad indennità.

5. L’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all’estero della lavoratrice.

6. Nel caso di affidamento di minore, il congedo può essere fruito entro cinque mesi dall’affidamento, per un periodo massimo di tre mesi.

6-bis. La disposizione di cui all'articolo 16-bis trova applicazione anche al congedo di maternità disciplinato dal presente articolo.

- all’art. 27 per affidamenti e adozioni internazionali

Art. 27 - Adozioni e affidamenti preadottivi internazionali (legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 1; legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 31, comma 3, lettera n), e 39-quater, lettere a) e c)

1. Il congedo di cui all’articolo 26, commi 1, 2 e 3, che non sia stato chiesto dalla lavoratrice spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore.

2. Il congedo di cui all'articolo 26, comma 4, spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore anche qualora la madre non sia lavoratrice. L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all'estero del lavoratore.

In sostanza, le lavoratrici o i lavoratori che hanno adottato un minore, hanno diritto ad un periodo di congedo e quindi alla relativa indennità economica per un periodo massimo di 5 mesi, anche nell'ipotesi in cui durante il congedo il minore dovesse raggiungere la maggiore età.

I genitori che hanno in corso l'affidamento non preadottivo di un minore hanno invece diritto al congedo di durata massima pari a tre mesi.

Come deve comportarsi il genitore per ottenere il congedo?

Il genitore deve presentare all’INPS e al proprio datore di lavoro l'apposita domanda di congedo unitamente alla certificazione dell'ente autorizzato all'adozione, così che possano rilevarsi:

  • la precisa data di ingresso in famiglia del minore;

  • la durata delle assenze dal luogo di lavoro;

  • l'inizio del procedimento presso il tribunale per ottenere la conferma della validità dell'adozione o affidamento.

Per le ipotesi di adozione e affidamento preadottivo internazionale, è riconosciuto ad entrambi i genitori il diritto di fruire del congedo non retribuito di durata massima corrispondente al periodo di permanenza nello stato estero di provenienza del minore ai fini dell'adozione o dell'affidamento.

È opportuno rivelare inoltre che qualora nei 5 mesi di presenza del minore in famiglia dovesse verificarsi l'esigenza di ricoverare il bambino presso una struttura sanitaria pubblica o privata, il congedo verrebbe sospeso sino alla data di dimissioni del minore, anche oltre il termine di 5 mesi, così da riprendere a decorrere poi una volta ottenute le dimissioni del minore.

Come viene computato il periodo di fruizione del congedo?

I genitori adottivi o in affidamento preadottivo nazionale e internazionale devono tener presente che le modalità di fruizione del congedo differiscono tra procedura nazionale o internazionale, e in particolare:

  • adozione nazionale: il congedo dura 5 mesi e decorre dalla data di effettivo ingresso del minore presso la famiglia;

  • adozione internazionale: la durata del congedo è pari a 5 mesi, più il giorno di ingresso del minore nel territorio nazionale. Il termine per fruire del congedo decorre:

    • prima dell'ingresso del minore in Italia: durante il periodo di permanenza all'estero necessario per incontrare il minore e svolgere gli adempimenti inerenti alla procedura adottiva;

    • dall'ingresso del minore nel territorio nazionale ed entro i 5 mesi successivi.

Qualora i genitori abbiano posto in essere la procedura di affidamento non preadottivo, possono fruire dei tre mesi di congedo, in modo continuativo o frazionato, entro 5 mesi dall'affidamento del minore.

Rispetto alla decorrenza dei termini è opportuno precisare che l'ente deputato a svolgere la procedura di adozione internazionale certifica la durata del periodo di permanenza all'estero della lavoratrice o del lavoratore, e tale certificazione deve essere utilizzata e prodotta ai fini del computo dei termini.

Cosa accade nell'ipotesi di interruzione della procedura di adozione internazionale?

Il genitore, qualora la procedura abbia avuto esito negativo dopo gli incontri svolti col minore, ottiene comunque il riconoscimento del periodo trascorso all'estero per gli adempimenti correlati all'adozione come congedo di maternità o paternità, purché sussista l'apposita certificazione che attesti l'esito della procedura, rilasciate sempre dall'ente autorizzato.

La disciplina del congedo parentale: di cosa si tratta?

Si tratta della facoltà riconosciuta ad entrambi i genitori adottivi da parte dell’art. 36 D. Lgs. 151/2001 di fruire del congedo individuato da parte dell’art. 32 D. Lgs. 151/2001, a mente del quale

Art. 32 - Congedo parentale

1. Per ogni bambino, nei primi suoi dodici anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente articolo. Nell'ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:

a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità di cui al Capo III, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;

b) al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso di cui al comma 2;

c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi.

1-bis. La contrattazione collettiva di settore stabilisce le modalità di fruizione del congedo di cui al comma 1 su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa. Per il personale del comparto sicurezza e difesa di quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico, la disciplina collettiva prevede, altresì, al fine di tenere conto delle peculiari esigenze di funzionalità connesse all'espletamento dei relativi servizi istituzionali, specifiche e diverse modalità di fruizione e di differimento del congedo.

1-ter. In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. Nei casi di cui al presente comma è esclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al presente decreto legislativo. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano al personale del comparto sicurezza e difesa e a quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico.

2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato a undici mesi.

3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l'inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso è pari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria.

4. Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.

4-bis. Durante il periodo di congedo, il lavoratore e il datore di lavoro concordano, ove necessario, adeguate misure di ripresa dell'attività lavorativa, tenendo conto di quanto eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva

In sostanza i genitori adottivi o affidatari hanno la facoltà di fruire del congedo parentale alle stesse condizioni e con le stesse modalità previste per i genitori naturali, nei primi dodici mesi dell'ingresso del minore e non oltre il raggiungimento della maggior età dello stesso.

Attenzione ai casi particolari e quindi per l'adozione di due o più minori: in questo caso può essere applicata la disciplina prevista per il parto gemellare o plurigemellare, così che il genitore possa godere del congedo parentale per ciascun bambino, cumulativamente, a patto che l'ingresso in famiglia dei minori avvenga nella stessa data, come suggerito dall’apposita circolare INPS (Circolare INPS n. 8 del 17 Gennaio 2003).

Altra Precisazione: il congedo spetta al genitore adottivo solo quando avviene l'inserimento nel nucleo familiare nel territorio nazionale, anche nell'ipotesi per la quale il minore sia già stato affidato alla famiglia adottiva italiana nel territorio estero. In pratica il termine di congedo decorre con il definitivo e stabile inserimento del minore nel nucleo familiare e ciò, come precisato anche dalla giurisprudenza di Cassazione (Cass. 29 Maggio 2019, n. 14678), dall'inserimento del minore all'interno del nucleo familiare presso il territorio italiano, e non nelle fasi precedenti.

Per quanto attiene al trattamento economico, si consideri che i genitori adottivi o affidatari percepiscono l'indennità inerente al periodo massimo complessivo di sei mesi, entro i primi sei anni dall'avvenuto ingresso del minore in famiglia.

Permessi in relazione alla malattia del minore

La disciplina applicabile in caso di malattia del bambino adottivo è quella prevista dall'articolo 50 D.Lgs. 151/2001, pertanto i genitori adottivi o affidatari hanno la facoltà di assentarsi dal lavoro alternativamente tra loro, preservando il posto di lavoro e senza diritto alla retribuzione, alle seguenti condizioni:

  • nel limite di 5 giorni lavorativi all'anno in relazione alle malattie di ciascun figlio fino agli 8 anni di età, salvo il caso in cui il minore all'atto dell'adozione o dell'affidamento abbia un'età tra i 6 e i 12 anni: in tale ultima ipotesi il congedo può essere fruito nei primi tre anni dall'ingresso del minore presso il nuovo nucleo familiare;

  • per i periodi che coincidano con le malattie di ciascun figlio con un'età non superiore ai 6 anni.

Disciplina dei riposi giornalieri

Tanto la madre quanto il padre adottivi o affidatari possono ottenere i riposi giornalieri previsti anche per i genitori naturali, nel primo anno dall'ingresso del minore in famiglia, anche nell'ipotesi di affidamento preadottivo o provvisorio.

La disciplina applicata è quella prevista dall'articolo 45 D.Lgs. 151/2001, che richiamando l'articolo 39 del medesimo decreto consente nel primo anno di vita del bambino alla lavoratrice madre di ottenere periodi di riposo giornalieri retribuiti con la possibilità di recarsi fuori dall'azienda, previa presentazione della domanda prima dell'avvio del relativo periodo di riposo.

La durata dei riposi, per le prestazioni lavorative di durata pari o superiore a sei ore, è di due ore, anche frazionate e cumulabili; per le giornate lavorative di durata inferiore a sei ore invece è prevista una sola ora di permesso riposo.

In tutti i casi, il trattamento economico previsto è liquidato per il normale orario di lavoro, con indennità esclusivamente a carico dell'INPS anticipata dal datore di lavoro, che ottiene poi il rimborso mediante modello UniEmens.

Tutela delle condizioni di lavoro

L'articolo 6 comma 2 D.Lgs. 151/2001 prevede il rafforzamento delle condizioni di tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici in maternità e indipendentemente dalla maternità, tali norme trovano applicazione anche per le lavoratrici che hanno ricevuto bambini in adozione o affidamento, sino al settimo mese di età del minore.

Si tratta in particolare di evitare alla lavoratrice una serie di lavori e mansioni previsti dall'articolo 7 D.lgs. 151/2001, per il quale:

1. è vietato adibire le lavoratrici al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri. I lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono indicati dall'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, riportato nell'allegato A del presente testo unico. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali, provvede ad aggiornare l'elenco di cui all'allegato A;

2. tra i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono inclusi quelli che comportano il rischio di esposizione agli agenti ed alle condizioni di lavoro, indicati nell'elenco di cui all'allegato B;

3. la lavoratrice è addetta ad altre mansioni per il periodo per il quale è previsto il divieto;

4. la lavoratrice è, altresì, spostata ad altre mansioni nei casi in cui i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, accertino che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna;

5. la lavoratrice adibita a mansioni inferiori a quelle abituali conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originale. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, qualora la lavoratrice sia adibita a mansioni equivalenti o superiori;

6. quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, il servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio, può disporre l'interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui al presente Capo, in attuazione di quanto previsto all'articolo 17;

7. l'inosservanza delle disposizioni contenute nei commi 1, 2, 3 e 4 è punita con l'arresto fino a sei mesi.

Lavoro notturno

Il divieto imposto al datore di lavoro circa il lavoro notturno opera anche per i genitori adottivi; infatti, essi non possono essere adibiti a mansioni durante l'orario notturno nei primi tre anni dall'ingresso del minore in famiglia, purché il minore non abbia compiuto il dodicesimo anno di età.

Tutela del posto di lavoro

In generale la normativa, e in particolare gli articoli 54 - 56 D.Lgs. 151/2001, pongono una serie di tutele a salvaguardia del posto di lavoro per i genitori durante e il periodo di adozione o affidamento, col fine di tutelare proprio la permanenza del dipendente presso il luogo di lavoro ed evitare strumentalizzazioni della posizione di “fragilità organizzativa” del genitore. Nello specifico queste tutele riguardano:

  • il divieto di sospensione o licenziamento del genitore in congedo di maternità o paternità nel primo anno di ingresso del minore nel nucleo familiare, computando detto termine per le adozioni internazionali dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando, o con la comunicazione dell'invito rivolto ai genitori di recarsi all'estero per ottenere la proposta di abbinamento;

  • la nullità del licenziamento svolto in ragione della domanda o della fruizione del congedo parentale e dei permessi per malattia del bambino minore;

  • la convalida delle dimissioni presentate dai genitori, con accesso alla NASPI nei primi 3 anni di accoglienza del minore presso la nuova famiglia, oppure per le adozioni internazionali nei primi 3 anni che decorrono dalla comunicazione della proposta di incontro, oppure dall'invito rivolto ai genitori per recarsi all'estero e ricevere la proposta di abbinamento;

  • il diritto a conservare il posto di lavoro durante il periodo di congedo di maternità o paternale, i riposi giornalieri nonché i permessi per malattia del minore;

  • il diritto a rientrare al lavoro alla cessazione del periodo di congedo di maternità o paternità e di permanere in congedo sino ad un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare;

  • il diritto di riprendere servizio al termine del periodo di congedo parentale o dei permessi per malattia del minore;

  • il diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro con le mansioni attribuite nell'originario contratto di lavoro del genitore.

In linea di massima gli istituti patrimoniali e contrattuali a tutela dei genitori che abbiano avviato procedure di affidamento o adozione sono idonei a salvaguardare l'effettivo e continuativo esercizio del diritto alla genitorialità, da coniugare certamente con le disposizioni particolareggiate previste dalle contrattazioni collettive di riferimento.

In ogni caso, considerato che il rapporto di lavoro è governato in generale dal principio di lealtà e correttezza di entrambe le parti contrattuali, è opportuno considerare come ogni lavoratore, allorquando intenda accedere agli istituti che favoriscano l’adozione e l’affidamento, deve sempre rendere le apposite comunicazioni al proprio datore di lavoro, indicando la situazione in cui si trova e ogni aggiornamento utile a usufruire dei benefici contrattuali previsti.

Si tenga in ogni caso presente come la massima collaborazione datoriale sia un atto di gestione del rapporto di lavoro “in buona fede” che ogni lavoratore subordinato ha diritto di ottenere, invocando le tutele previste per favorire l'ingresso del minore in famiglia. Tale principio è talmente radicato nel nostro ordinamento che pure istituti non disciplinati dalla legge italiana, quale la kafalah, rendono ai genitori il diritto di fruire della tutela prevista per il congedo parentale. Sul punto la sussistenza di tutela della genitorialità è stata accertata anche dalla giurisprudenza più recente. Si legge infatti nella sentenza del Tribunale di Venezia, sezione lavoro, n. 542 del 24/09/2021, come

La 'kafalah', prevista in alcuni ordinamenti giuridici nord africani, è un istituto di protezione famigliare finalizzato a far godere al minore maggiori opportunità di crescita e migliori condizioni di vita, salvaguardando comunque il rapporto con i genitori. Esso prescinde dallo stato di abbandono del minore e si realizza mediante un vero e proprio negozio stipulato tra la famiglia di origine e quella di accoglienza, avente ad oggetto l'affidamento del minore: l'istituto è senza dubbio assimilabile, per molti versi, ad un affido temporaneo, che non recide i legami con la famiglia di origine. Di conseguenza, attesa tale similitudine, anche con riferimento a tale fattispecie ricorre la ratio dell'istituto del congedo, che è quella di garantire al lavoratore la possibilità di dedicare un congruo tempo ed attenzione al minore da inserire nella famiglia, in considerazione delle necessità di tutela anche emotiva dello stesso di fronte all'inserimento in un nuovo contesto”.

In conclusione, gli strumenti di tutela ci sono tutti, e soprattutto nelle organizzazioni più piccole spesso non sono nemmeno noti ai datori di lavoro: proprio per questo motivo, partire da un approccio di dialogo con il datore di lavoro, soprattutto nel settore privato, può aiutare molto le famiglie adottive tanto nel far conoscere gli strumenti a tutela della genitorialità ai datori di lavoro, tanto a poterne fruire serenamente e senza conflitti inerenti alla gestione del rapporto di lavoro.

 


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Data di pubblicazione: 
Mercoledì, Febbraio 2, 2022

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