Autore: 
Marina Di Pasquale

L’incesto è tra gli episodi più traumatici che si possa verificare nella vita di un bambino; questo tipo di evento allarmante, molto spesso attiva l’allontanamento del minore dal suo contesto abitativo e l’inserimento del piccolo in una struttura protettiva consona a preservare il suo sviluppo e la sua tutela.

Gli studi e le ricerche sull’abuso intrafamiliare hanno rilevato che questo tipo di violenze si verificano all’interno di un ambiente molto disfunzionale che non consente al minore di sentirsi protetto da nessuna delle sue due figure di riferimento familiare, in quanto, all’interno del suo nucleo affettivo originario, oltre ad essere presente il genitore/abusante che agisce la sua violenza nei confronti del figlio, l’altro genitore, anche se non risulta concretamente coinvolto all’interno della dinamica di abuso, viene percepito dal bambino in egual modo abusante in quanto la sua connivenza e la sua incuria lo rendono incapace di operare la giusta tutela nei suoi confronti.

Questo tipo di dinamiche familiari gravemente patologiche e tragiche si possono trovare nelle vicende personali di alcuni bambini adottivi e costituiscono uno scoglio molto complesso per i genitori adottivi i quali si trovano a dover ricostruire delle relazioni affettive primarie danneggiate e disfunzionali.

L’incesto è un trauma che lede la soggettività di un bambino su più livelli: fisico, psichico e relazionale. Tale evento costituisce un episodio drammatico su vari aspetti poiché, oltre alla violazione del corpo, all’alterazione dell’equilibrio psicologico ed emotivo, genera un attacco consistente alla triangolazione edipica (padre-madre-figlio/a) che determina una cancellazione dei ruoli, dei livelli delle generazioni e dei modelli familiari.

La confusione che provoca questo tipo di trauma può portare il bambino adottivo a raccontarlo ai suoi nuovi genitori dopo un po’ di tempo: quando la ferita irrompe nella sua mente e la pressione forte della sua tensione emotiva interna lo portano a sentire la necessità di parlare del suo dolore a degli adulti di cui finalmente si può fidare. E’ proprio la percezione del legame di fiducia che può portare il bambino adottivo a sentire di potersi affidare ai suoi nuovi genitori ed aprigli il suo mondo emotivo ferito all’interno del quale le esperienze dolorose possono venir fuori come dei frammenti caotici che cercano uno spazio di ascolto, protezione ed elaborazione.

I genitori adottivi, in questi casi, dovranno cercare di accogliere il piccolo e “digerire” assieme a lui ciò che ha vissuto nel suo percorso di crescita, esserci e riuscire a trovare nuovi orizzonti da proporgli per aiutarlo a comprendere che esiste un’altra metà del cielo totalmente differente da quella che ha conosciuto, ricostruendo così in lui un nuovo immaginario in grado di proiettarlo nel futuro in modo vivo e creativo. Sognare insieme al bambino quei sogni interrotti che non lui non è riuscito a rappresentarsi a causa di uno stato di allarme interno che lo ha fatto sentire in balia dell’altro. Non è semplice per un genitore adottivo confrontarsi con questi contenuti e con le ferite che un minore violato porta sulla sua pelle ma è una scommessa che, con il tempo e, se è il caso, con un intervento di supporto esterno, può aprire al bambino nuove finestre sul mondo proprio grazie all’amore dei suoi genitori adottivi e alla loro capacità di esserci in modo autentico in sintonia con il vissuto del bambino. Compiere il lavoro riparativo e trasformativo, ricucire i legami interrotti e danneggiati è un aspetto importante del percorso adottivo ed è un obiettivo che vuole del tempo poiché va di pari passo con le esigenze e con le necessità interne che sperimenta il bambino all’interno della sua dimensione psichica.

Bisogna tener presente che la relazione disfunzionale incestuosa abbatte i confini tra il mondo degli adulti e quello dei bambini, confonde i piani e le differenze sessuali e generazionali di un nucleo familiare poiché i vertici che differenziano le funzioni del padre, della madre e del figlio decadono e l’eros passa dall’essere al servizio della vita ad essere generatore di un clima che intrude traumaticamente nella mente del bambino provocando un congelamento della sua vitalità psichica.

La sessualità, in questi casi, irrompe nella mente del bambino il quale non è attrezzato ad elaborare e a governare questo quantum di eccitazione che resta incistata dentro di lui e condiziona le sue funzioni psicologiche.

Quando parliamo di incesto stiamo discutendo di un “mostruoso” inaspettato che giunge all’improvviso nella vita del bambino e si insinua nella sua psiche cooptando la sua libera scelta e la sua capacità di discernere tra il bene ed il male. L’incesto costituisce pertanto un delitto dell’immaginario del bambino, della sua crescita e della sua capacità di sviluppare legami e una fiducia adeguata e funzionale alle sue necessità evolutive.

La consanguineità vettore del legame e dell’affidabilità che il bambino istintivamente e psichicamente nutre nei confronti dei genitori perde completamente la sua connotazione e fa entrare il piccolo all’interno di un marasma costituito da figure ombra che lo portano a sentirsi fragile, impotente e, soprattutto, non degno di essere amato.

Nel mondo dell’incesto l’affetto e la tenerezza scompaiono e si instaura una confusione delle lingue all’interno della quale il linguaggio dell’erotismo prende il posto del linguaggio della dolcezza.

Dalla pratica clinica e dalla cronaca è stato visto che, la maggior parte delle volte, tale evento traumatico è agito dai soggetti di sesso maschile, presenti all’interno dell’ambiente del minore (padre, nonno, zio etc…) ma va, comunque, evidenziato che l’abuso intrafamiliare coinvolge l’intero nucleo familiare del piccolo, compresa la sua mamma che non è stata in grado di comprendere o di leggere quelle varie forme di disagio espresse dal suo bambino violato (chiusura, disturbi del sonno, dell’apprendimento, dell’alimentazione, fenomeni dissociativi, atti autolesivi, comportamenti gravemente sessualizzati etc…) o che, assai frequentemente, per varie ragioni è stata connivente.

La psichiatra e psicoterapeuta forense argentina, Estela V. Welldon, esperta di reati sessuali, nel corso del suo lavoro svolto all’interno delle carceri femminili ha riscontrato una tendenza ad un’attivazione inconscia dei meccanismi di negazione da parte di alcuni operatori degli istituti penitenziari femminili nei confronti delle madri abusanti, una sorta di impensabilità psichica come se questo tipo di evento mostruoso non possa essere agito dal materno poiché confligge con l’immaginario affettivo angelicato della “mamma buona” priva di ogni tipo di pulsionalità in grado di danneggiare il bambino.

Va evidenziato che per comprendere profondamente questo tipo di episodi, la natura delle loro dinamiche, bisogna sempre contestualizzare l’evento, analizzare la storia e la personologia del familiare e comprendere in modo approfondito la tipologia delle proiezioni inconsce che quest’ultimo ha agito nei confronti del bambino, cosa rappresentava per lui su un piano interno: una parte di sé, un feticcio, se stesso bambino, un’idea delirante etc… se c’è una scena del passato che il genitore inconsciamente sta mettendo in atto.

Le motivazioni profonde, come evidenziano gli studi, possono essere molteplici e contraddistinte da dinamiche psicopatologiche differenti.

Sussistono, inoltre, alcune famiglie all’interno delle quali il primitivo, il pulsionale e il promiscuo hanno completamente saturato il loro clima interno e la qualità delle loro relazioni. In questi casi il crollo del tabù dell’incesto, assai frequentemente presente nella storia personale di un genitore a sua volta figlio di un incesto, può portare i membri di quel contesto familiare ad agire la sessualità con i membri della famiglia come se l’eros fosse uno dei pochi elementi di piacere e gratificazione contro una vita di degrado, di stenti e di frustrazione.

Il dominio dell’istintuale assieme ai processi imitativi e all’incapacità di differire i due mondi possono portare i bambini, i fratelli a mettere in atto gli stessi comportamenti degli adulti sessuali e promiscui senza operare alcun tipo di analisi critica e consapevole poiché, nella dimensione dell’incesto, non c’è alcun tipo di differenza ma prevale esclusivamente il principio di piacere e la riedizione del trauma.

E’, inoltre, importante sottolineare che l’incesto, così come qualsiasi altra forma di abuso sessuale, può avere delle connotazioni differenti, nel senso che si può verificare in un modo specifico e determinare delle differenti conseguenze sull’assetto psicologico del minore. La dinamica sessuale perversa, ad esempio, può essere molto più confusiva, per un bambino, da un punto di vista psicoemotivo rispetto all’agito pulsionale irruento che, generalmente, non è accompagnato da quelle seduzioni e da quelle atmosfere sensuali contorte e ambigue che genera l’abusante perverso che porta il minore a non comprendere effettivamente quello che sta succedendo (es. “facciamo questo gioco: io faccio questo a te e tu fai questa cosa a me”).

Il dispositivo dell’art. 609 quinquies afferma che: “chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”. Questo articolo del codice penale sottolinea un altro aspetto legato alla traumaticità dell’abuso anche se non specifica la consanguineità del legame tra la vittima e il carnefice, ed ha a che fare con l’irruzione della violenza nella mente del minore/testimone di una realtà che entra comunque nella sua vita alterando il suo equilibrio e generando in esso un doppio vissuto traumatico: quello di superstite in quanto poteva essere anche lui l’oggetto della violenza e ciò può generare il senso di colpa del “sopravvissuto”, e quello di spettatore impotente che osserva sia la vittima e l’abusante e interiorizza entrambe le dinamiche e i vissuti psichici nel suo mondo interno danneggiando la sua dimensione psicoemotiva. L’aspetto in questione evidenzia come questo tipo di trauma in età evolutiva può influenzare il percorso di sviluppo di un bambino che è costituito dai processi di identificazione e interiorizzazione di tutte le sue esperienze vissute.

Nell’incesto il codice materno, interprete dell’affetto e della comprensione, e il codice paterno, fondamentale per lo sviluppo del rigore e per la capacità di tollerare la frustrazione, non sono più i principi di regolazione della crescita psichica del bambino poiché le funzioni genitoriali vengono completamente perdute e il mondo del piccolo diventa persecutorio e pieno di immagini sbiadite che non lo aiutano a sviluppare un senso medio di prevedibilità dell’ambiente e quindi di adattamento ad esso.

Va, inoltre, evidenziato che l’incastro patologico che si può generare tra il bambino e il suo familiare abusante può avere diverse tipologie in quanto la personalità dell’abusante definisce parte della dinamica violenta.

Può sussistere infatti il genitore perverso, personalità compatibile con una diagnosi di pedofilia, il tipo pulsionale aggressivo che agisce l’atto mosso da un discontrollo degli impulsi indifferenziato, che non tiene conto dei livelli generazionali e dei ruoli ma che ha come solo obiettivo il dominio e lo sfogo della frustrazione, il parente psichiatrico che non possiede un senso di realtà adeguato e il genitore abusato da piccolo che nel corso della sua storia infantile ha, egli stesso, perduto i propri confini e reitera il suo tema traumatico.

Dobbiamo altresì tenere in considerazione che anche il bambino possiede una sua sessualità e una sua eccitazione ma che tali aspetti psicobiologicamente normali, se vengono sperimentati precocemente all’interno di una relazione che dovrebbe veicolare contenuti completamente diversi e realmente adeguati, si cristallizzano e si fissano su modalità autoerotiche compulsive e quindi incontrollabili, impedendo successivamente di vivere un rapporto amoroso maturo che mette insieme l’amore con la sessualità (ciò non accade perché la sessualità viene vissuta come sporca e l’amore deve essere preservato da questo inquinamento).

Gli operatori sociali, gli psicologi e tutte le varie figure che si occupano di relazione di aiuto e che sono presenti anche all’interno dei percorsi adottivi, sanno con chiarezza che entrare nel mondo dell’incesto vuol dire mettere a posto il mondo del bambino, ridare i significati giusti e riuscire, se è possibile e a piccoli passi, a fargli sviluppare non solo una nuova rappresentazione dell’abusante ma soprattutto di se stesso, una nuova pensabilità che elimina il vissuto di colpevolezza che il bambino ha messo in campo per fronteggiare il trauma dell’essere dominato e salvare il genitore da cui dipendeva e aiutarlo a fare i conti con la patologia, con il male di vivere del genitore e del suo nucleo familiare che lo ha psicologicamente abbandonato.

Queste tracce come flashback possono presentarsi lungo il percorso adottivo di un bambino e spesso emergono quando tutto è più tranquillo, quando c’è un clima accudente in grado di accogliere questi ricordi traumatici che solo il desiderio di alterità (un figlio) presente nei genitori adottivi può bonificare e digerire presentando quell’alternativa di amore, di ruoli e di differenze che il bambino non ha potuto sperimentare.

 


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De Risio A., Miletto R. Complice il silenzio. Buone prassi contro l’abuso all’infanzia edizioni Alpes, Italia, 2013.

Onofri A.,  La Rosa C. Trauma, abuso e violenza. Andare oltre il dolore, San Paolo Edizioni, 2017.

Puglisi R. L. Quando l’orco è in casa. L’abuso intra-familiare sui minori. Conseguenze psicologiche e storie vere, Algra 2020.

Montecchi F. Abuso sui bambini: l’intervento a scuola. Linee-guida ed indicazioni operative ad uso di insegnanti, dirigenti scolastici e professionisti dell’infanzia, Franco Angeli 2008.

 

 

Data di pubblicazione: 
Mercoledì, Ottobre 12, 2022

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