Autore: 
Anna Guerrieri

Il Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Gruppo CRC) è un network composto da più di 100 soggetti del Terzo Settore, coordinato da Save the Children Italia, costituito nel dicembre 2000 con l’obiettivo fondamentale di preparare il Rapporto sull’attuazione della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Convention on the Rights of the Child – CRC) in Italia, rapporto supplementare a quello presentato dal Governo italiano, da sottoporre al Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. 

Il 7 Luglio 2022 è uscito il 12esimo Rapporto e, come sempre, i suoi capitoli rispecchiamo i raggruppamenti tematici degli articoli della CRC suggerita dal Comitato ONU nelle «Linee Guida per la redazione dei Rapporti Periodici». 

Da anni il Coordinamento CARE partecipa alla redazione dei rapporti e questo anno è stato capofila per la stesura del paragrafo “Adozioni nazionali e internazionali” nel capitolo 5 “Ambiente familiare e misure alternative”.

Nel comunicato in cui il Gruppo CRC ha lanciato il Rapporto sono stati evidenziati vari temi fondamentali riguardanti i diritti dei bambini e delle bambine e dei ragazzi e delle ragazze: l’inquinamento atmosferico, la povertà minorile, una consistente raccolta dati riguardanti il benessere e il malessere delle persone di minore età, la violenza e il matrattamento. 

Questa è la parte integrale del comunicato riguardante “affido” e “adozione”.

… per quanto riguarda i minorenni fuori dalla famiglia di origine c’è un’assenza di “visibilità”, declinata anche nella discordanza e incompletezza dei dati raccolti. L’ultima indagine campione risale ormai al 31.12.2016, il dato relativo al numero delle strutture di accoglienza disponibile risale al 31.12.2017, mentre l’analisi del Rapporto CRC si fonda sugli ultimi dati disponibili al 31.12.2019 (complessivamente i minorenni fuori famiglia sono 27.608 pari al 2,9 per mille rispetto alla popolazione di minore età presente in Italia), con le criticità già segnalate con particolare riferimento alla disomogeneità e all’incompletezza delle informazioni e dei dati raccolti nelle singole regioni, peraltro espressi non in termini assoluti, ma in valori percentuali. È quindi ancora più evidente la necessità e l’urgenza di raccogliere e analizzare dati con criteri uniformi, in modo sistematico e continuo, in tutte le Regioni tramite il sistema S.In.Ba. (Sistema informativo sulla cura e la protezione dei bambini e delle loro famiglie), in modo da avere chiaro e disponibile in tempo reale il numero, la tipologia e le caratteristiche di tutti i minorenni fuori famiglia d’origine, nel superiore interesse di tutti i soggetti di minore età.

In materia di adozioni nazionali, va evidenziato che, al di fuori del numero dei minorenni dichiarati adottabili e adottati, non sono censite altre notizie (età, condizioni psicofisiche, fratrie, etc.). Non si hanno neppure dati aggiornati sui minorenni dichiarati adottabili e non adottati, e non è ancora pienamente operativa, a distanza di 21 anni dalla data entro cui avrebbe dovuto essere attivata, la Banca Dati nazionale dei minorenni dichiarati adottabili e dei coniugi “aspiranti all’adozione nazionale e internazionale”. È dunque necessario prospettare un ripensamento su come la Banca stessa è stata progettata.

Nel testo del 12esimo Rapporto vengono enucleati molti punti critici, se non dolenti, riguardanti l’affido e l’adozione nazionale e internazionale, quella che segue è una sintesi non esaustiva di alcuni brani estratti integralmente dal testo e dalle note del 12esimo Rapporto al fine di rendere subito evidenti alcuni aspetti e di invogliare ad una lettura approfondita del Rapporto stesso. 

E’ stata posta particolare attenzione ai “numeri” perché possono chiarire i contesti e svelare opacità e zone d’ombra.

AFFIDO

Al 31 dicembre 2019 i minorenni in affidamento familiare erano 13.555, di questi il 57% era affidato a terzi e il 43% a parenti. Un’attenzione particolare va posta all’età degli affidati: le percentuali risultano essere elevate per la fascia preadolescenziale e adolescenziale (29,8% per i/e ragazzi/e di età compresa tra 11-14 anni e 27,9% per quelli/e dai15 ai 17 anni). 

Quattro affidamenti su cinque (79,2%) sono giudiziari, decisi cioè dai giudici minorili che intervengono su situazioni familiari già complesse, se non compromesse (affidamenti tardo riparativi); non c’è da stupirsi, quindi, se la loro durata si protrae nel tempo. 

Al 31 dicembre 2019, il 60,7% degli affidamenti dura oltre due anni e, tra questi, il 21,6% dura da due a quattro anni mentre ben il 39,1% si protrae oltre i quattro anni, anche in questo caso con forti differenze territoriali che vanno dal 51% della Calabria al 29,2% della Sardegna e al 27,3% della Valle d’Aosta. 

Il rientro in famiglia avviene nel 34% dei casi; negli altri, il 15,4% dei minori a conclusione dell’affidamento, è successivamente inserito in servizi residenziali, il 12,6% in affidamento preadottivo o in altro affidamento; il 4,5% raggiunge la vita autonoma; non si conosce la destinazione del 3,1%, cui va aggiunto il dato del 20,4% classificato come “altro”. 

Sul versante scolastico restano da implementare - come ben evidenziato dai lavori nel II International Conference of the journal “Scuola Democratica” – Reinventing Education (2021) - le Linee guida per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni fuori dalla famiglia di origine su tutto il territorio nazionale. In particolare vanno segnalate le difficoltà dei minorenni che vivendo una dimensione di disabilità si trovano a transitare da una scuola ad un’altra proprio in seguito all’inizio di un affido [1].

ADOZIONE

I dati delle Adozioni nazionali (AN), come sempre, sono molto scarni e al di fuori del numero dei minorenni dichiarati adottabili e adottati con adozione piena o in casi particolari, non sono censite altre notizie (età, motivazioni della sentenza di adottabilità, condizioni psicofisiche, fratrie, gli anni trascorsi dall’adottabilità stessa). Questo impedisce di avere una conoscenza dettagliata delle loro situazioni e dei loro bisogni. 

Non si hanno dati aggiornati sui minorenni dichiarati adottabili e non adottati e il divario esistente tra le adottabilità e le adozioni nazionali pronunciate annualmente – nel 2020 sono state 292 a fronte di 6982 domande di disponibilità all’AN presentate – richiederebbe attento approfondimento per valutarne le cause, proporre soluzioni oltre che per rendere possibile l’aggiornamento trimestrale della Banca Dati dei minori adottabili e dei coniugi “aspiranti all’adozione nazionale e internazionale” come da art. 40 comma 2, Legge 149/200189. [2]

Nel 2020 si è registrato un trend complessivo di decrescita di tutti gli indicatori rispetto agli anni precedenti, infatti, sono stati adottati in Italia 727 minorenni, 593 sono stati gli affidamenti preadottivi e 1019 le dichiarazioni di adottabilità. I bambini dichiarati adottabili e non riconosciuti alla nascita sono stati 182. Si sono, inoltre, registrate 574 sentenze di adozioni “in casi particolari” ex art. 44, di queste 20 afferiscono alla lettera A [3], 360 alla lettera B [4], 0 alla lettera C [5], e 194 alla lettera D [6]. Sarebbe opportuno un approfondimento su queste ultime per comprendere a quali situazioni si riferiscono. 

Rispetto ai dati delle Adozioni internazionali (AI), nel 2021 le coppie che hanno chiesto un’autorizzazione all’ingresso in Italia di un minorenne straniero sono state 563 in lieve aumento rispetto al 2020 in cui sono state 526, sufficienti a mantenere l’Italia al secondo posto tra gli Stati di accoglienza, sebbene in forte diminuzione rispetto al periodo pre-pandemia (969 nel 2019).  Nel 2021 i bambini adottati sono stati 680. Nel 2021, 425 minorenni adottati internazionalmente (pari al 62,5% del totale) hanno manifestato uno o più special needs. [7] 

I bambini adottati in AI nel 2020 sono stati 669 con età media all’ingresso di 6,8 anni (dato in crescita, era 6,6 nel 2019), che manifestano uno o più bisogni speciali sono 395, pari al 59% del totale.

I tempi medi intercorsi tra la domanda di adozione e l’autorizzazione all’ingresso dei minorenni adottati sono pari a 46,7 mesi, si tratta di un dato in crescita, nonostante la diminuzione delle coppie disponibili. Tra le possibili motivazioni: le complicanze dovute alla pandemia, le perduranti difficoltà dei servizi e dei TTMM (nda: Tribunali per i minorenni) a portare a termine l’iter nei tempi previsti dalla legge, le complesse situazioni dei bambini segnalati per l’adozione. 

Il progressivo innalzamento dell’età dei bambini, in AI e non solo, e l’aumento di casi con bisogni speciali, richiedono un’adeguata preparazione e consapevolezza, sia da parte delle coppie disponibili, sia da parte di tutti gli operatori coinvolti nel processo per far sì che vengano proposti interventi di qualità nel percorso che va dalla preparazione degli adottanti al sostegno post-adottivo; sostegno ad oggi non ancora omogeneamente diffuso sul territorio nazionale. 

Analogamente si segnala che, sebbene sempre più TTMM propongano percorsi di adozione così detti “aperti o miti”, tuttavia nel percorso pre-adottivo il tema non venga affrontato. È quindi urgente continuare a promuovere percorsi di formazione per le coppie, per gli operatori (area giuridica, socio-sanitaria, EEAA, area istituzionale, ecc.), per il personale scolastico e sanitario. 

Non è poi ancora stata risolta, in assenza di una gestione uniforme sul territorio nazionale del Codice Fiscale adatta a queste situazioni, la questione riguardante la tutela della riservatezza dei minori in affidamento “a rischio giuridico” o in affidamento preadottivo, mettendo in atto le necessarie precauzioni per alcune priorità, tra cui il diritto alla fruizione dell’assistenza sanitaria sebbene, dal punto di vista scolastico, le Linee di indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati (2014) e le Linee guida per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni fuori dalla famiglia di origine(2017) permettano tutele. 

In tema di inclusione scolastica viene segnalata una disomogenea attuazione delle Linee di indirizzo e una non adeguata formazione del personale scolastico. Al fine di ovviare a ciò, nel 2021 è stato sottoscritto il Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Istruzione (MI) e la CAI per “Promuo- vere e rafforzare il benessere scolastico, l’inclusione e favorire il diritto allo studio degli studenti adottati”. 

 


[1] Capita, in questi casi, che gli alunni si trovino, nella nuova scuola, senza un’insegnante di sostegno vedendosi negato un diritto fondamentale. Spesso l’intersezionalità di più fragilità influenza il loro percorso scolastico come analizzato in recenti ricerche; cfr. Monya Ferritti, Anna Guerrieri, Adopted students and intersectionality, starting points for a first analysis Educazione Interculturale – Teoria, Ricerche, Pratiche Vol. 18, n. 2, 2020. 

[2] D’altra parte, questa stessa continua a non essere operativa e diventa cruciale, dunque, a 21 anni dalla data in cui avrebbe dovuto esserlo, rinnovare l’urgenza di un simile strumento. 

[3] Ossia “minorenni orfani di padre e madre, uniti agli adottanti da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, anche maturato nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento”. 

[4] “Figli anche adottivi dell’altro coniuge”. 

[5] “Minorenni con disabilità ex art. 3, comma 1 della Legge 104/1992, orfani di padre e madre”. 

[6] Ossia “minori per i quali vi sia la constatata impossibilità di affida- mento preadottivo”. 

[7] E’ davvero necessaria la formazione degli operatori del sistema sanitario, chiamati in causa sia nelle fasi preadottive quando viene chiesto il loro parere a fronte di abbinamenti complessi dal punto di vista medico, sia nelle fasi post-adottive.

 


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Data di pubblicazione: 
Martedì, Luglio 12, 2022

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