Autore: 
Heidi Barbara Heilegger, avvocato

Si parla ancora poco dei fallimenti adottivi, forse nel timore di scoraggiare chi muove i primi passi nel mondo dell'adozione e reca già con sé un nutrito bagaglio di incertezze e paure o ancora perché parlarne, per noi genitori adottivi, significa abbandonare il campo tutto sommato rassicurante delle speculazioni teoriche ammettendo che si tratta di una possibilità, forse remota, ma comunque concreta. Resta il fatto incontrovertibile che i fallimenti adottivi sono una realtà se pure, almeno ad oggi, circoscritta e che non contraddice affatto utilità ed importanza dell'adozione come strumento di tutela dell'infanzia. Numerosi studi, sia in Italia che all'estero, si sono interrogati sui fallimenti adottivi cercando anche di quantificarne l'incidenza[i]. Credo, tuttavia, che ancor prima di avventurarsi nella pur necessaria quantificazione del fenomeno, occorra innanzitutto accordarsi sulla definizione di fallimento da adottare: i confini si dilatano infatti notevolmente se viene proposta una accezione ampia che include, ad esempio, anche gli affidi preadottivi che non si concretizzano in adozione oppure tutte quelle situazioni "grigie" in cui, sebbene non vi sia stato un provvedimento di allontanamento da parte del Tribunale per i minorenni o una "restituzione" del minore da parte degli adottanti, il c.d. patto adottivo[ii]non si realizza.

Quanto all'affidamento preadottivo, si segnala come il Tribunale per i minorenni possa, infatti, disporne la revoca con decreto motivato  quando riscontra gravi ed evidentemente non superabili difficoltà di convivenza e nel rapporto tra il minore ed i genitori.

Il fallimento adottivo

Da un punto di vista strettamente giuridico sarebbe a mio parere probabilmente più esatto qualificare come fallimenti solo i casi in cui i bambini adottati vengono riaffidati (o, come si usa dire con un'espressione per l'appunto brutale, ma efficace, restituiti). Dietro i fallimenti ci sono chiaramente bambini dal vissuto molto sofferto e, talvolta, ma non necessariamente, famiglie dalle eccessive aspettative. Cercare, tuttavia, risposte semplici ad un fenomeno complesso, dove incidono innumerevoli fattori di rischio, ed a maggior ragione dei possibili "colpevoli", può apparire rassicurante, ma è riduttivo, ingiusto e probabilmente anche pericoloso là dove induca a sottovalutare fatiche e criticità. Oltre ai fallimenti esistono poi situazioni difficili, fatiche familiari anche importanti che non necessariamente hanno un epilogo infausto. La maggior parte degli studi, anche stranieri, suggeriscono come le crisi esplodano soprattutto in adolescenza anche se il seme che le ha originate è stato probabilmente "piantato" molto tempo prima.

Il legame di filiazione nell'adozione legittimante

Nel mio lavoro di avvocato, suppongo anche per la mia qualità di genitore adottivo, accade - non spesso, ma neppure così raramente da ritenerlo un fenomeno isolato - che si rivolgano a me genitori stremati, ormai sfiduciati rispetto alla possibilità di recupero di un rapporto di filiazione che leggono come irrimediabilmente logoro, "finito". La preoccupazione che esprimono non è, o non è più, quella di cercare un aiuto qualificato - che forse è mancato o, se c'è stato, non ha dato l'esito sperato - ma di sapere se e come si possa "recidere" sotto il profilo giuridico il legame di filiazione. Anche se non ho la pretesa di affermare che la mia limitata esperienza abbia un rilievo statistico, credo sia un dato che ci deve interrogare tutti. In primo luogo occorre sfuggire alla tentazione del giudizio, che è comprensibilmente sempre in agguato. Non si può negare che una richiesta come quella descritta abbia un impatto emotivo molto forte, si chiede, di fatto, di poter espellere, cancellare anche giuridicamente, un figlio. Dietro questa richiesta si intuisce, tuttavia, una disperazione che non ha trovato ascolto, un coacervo di silenzi sedimentati nel tempo, di violenze inferte e subite, episodi di autolesionismo, atti di vandalismo e comportamenti devianti fino alla commissione di veri e propri reati. Ritengo che ogni bisogno, preoccupazione o fatica abbia una sua intrinseca dignità e meriti attenzione e ascolto, tuttavia non sempre si traduce in un diritto da esercitare o trova tutela giuridica. Nell'adozione legittimante (che altro non è che l'adozione comunemente intesa)[iii], per effetto della sentenza di adozione, il minore acquisisce lo status di figlio legittimo degli adottanti dei quali assume e trasmette il cognome. L'adozione legittimante da un punto di vista giuridico realizza una condizione identica a quella che si realizza con la filiazione biologica: di conseguenza non può essere revocata, a meno che il minore non versi nuovamente in stato di abbandono (ed è appunto ciò che accade quando il minore viene "restituito"). In tal caso, a seguito di accertamento e dichiarazione di detta nuova condizione di abbandono, verrà estinto il precedente legame adottivo e si instaurerà un nuovo procedimento.  Occorre precisare come il provvedimento che dichiara i genitori decaduti dalla responsabilità genitoriale non sia sempre e necessariamente “l'anticamera” della dichiarazione di adottabilità, dal momento che è pur sempre possibile il recupero delle capacità genitoriali; al contempo, neppure si può escludere, ove la prognosi sul possibile recupero di dette capacità sia negativa, che il minore venga nuovamente dichiarato adottabile: ciò che mi preme sottolineare è come la decisione del Tribunale per i Minorenni abbia come presupposto e finalità quella di realizzare il c.d. best interest of the child, mentre non si configura una possibile revoca nell'interesse o a tutela dei genitori.

La revoca nell'adozione in casi particolari

La revoca è, invece, possibile, se pure solo in una rosa limitata e tassativa di casi, nell'adozione in casi particolari. La revoca può essere infatti disposta solamente nei casi previsti dagli articoli 51, 52 e 53 dalla legge n. 184/1983 che attengono appunto alla disciplina dell'adozione in casi particolari. I primi due articoli citati fanno riferimento alla cosiddetta “indegnità”, ovvero ai casi in cui l’adottato maggiore di 14 anni abbia attentato alla vita di uno o di entrambi gli adottanti, dei loro discendenti o ascendenti oppure si sia reso colpevole “verso di loro di delitto punibile con pena restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni” (art. 51); la revoca può essere richiesta, su istanza dell’adottato o del pubblico ministero, anche quando questi fatti siano stati compiuti da uno degli adottanti nei confronti dell’adottato, del coniuge o dei discendenti o ascendenti di quest’ultimo (art. 52). L’articolo 53, invece, prevede la revoca in conseguenza della violazione dei doveri incombenti sugli adottanti.

Con la sentenza di revoca, passata in giudicato, cessa ogni effetto dell'adozione.

Il procedimento finalizzato ad ottenere detta pronuncia ha natura contenziosa: la sentenza pertanto è soggetta ai normali mezzi di impugnazione.

Il fatto che analoga previsione non sia contemplata in relazione all'adozione legittimante è la logica ed inevitabile conseguenza della natura e funzione di detto istituto che equipara il figlio adottivo al figlio biologico (nell'adozione in casi particolari non vi è una totale e piena equiparazione, ad esempio non è prevista l'interruzione dei rapporti con la famiglia di origine di cui il minore mantiene il cognome).

La crisi

Nelle situazioni di crisi, a seguito di provvedimento del Tribunale per i minorenni o su istanza dei genitori stessi, il minore può, inoltre, venire temporaneamente allontanato dalla famiglia e collocato in ambito comunitario. Alla radice di una decisione apparentemente radicale, vissuta a volte con un senso di sconfitta, altre accolta addirittura con sollievo, vi è spesso la necessità di mettere una distanza per lasciare che le emozioni decantino e trovino se non un senso una loro collocazione, altre volte ancora può esserci anche l'esigenza di tutelare altri minori, ad esempio un fratello (biologico o adottivo che sia), da un clima familiare divenuto invivibile. Si tratta potenzialmente di fasi transitorie, che non escludono il reingresso in famiglia del minore allontanato e non recidono il legame di filiazione quand'anche gli incontri con i genitori venissero temporaneamente sospesi o disciplinati in spazio neutro. Può altresì accadere - ma anche in questo caso senza carattere né di necessità né di definitività - che la responsabilità genitoriale venga limitata, ma ciò non significa che non si sia più genitori di quel figlio, esattamente come accade del resto per i genitori biologici (fatta salva l'ipotesi sopra indicata di una nuova di dichiarazione di adottabilità). E' bene rammentare che la limitazione, nonché la decadenza dalla responsabilità genitoriale sono misure a tutela del minore. Ne consegue che i doveri dei genitori, anche economici, restano inalterati.

Anche se a volte il diritto fa il suo ingresso nella vita delle famiglie che attraversano profonde fatiche, e le famiglie adottive non fanno eccezione (anzi sono potenzialmente più esposte a determinati rischi), ricercare la soluzione, o anche solo il senso di ciò che sta accadendo, non può essere delegato al (solo) diritto.

E' importante che le famiglie facciano rete ed ancor più che siano supportate dai servizi sociali e da operatori professionisti davvero qualificati e formati anche rispetto al tema adottivo, e ciò dovrebbe avvenire sempre e non solo quando una crisi si manifesta in modo eclatante.

Una riflessione davvero seria, sentita sul post-adozione, spesso un'etichetta vuota di significato e contenuto, non è più procrastinabile.

Diversamente, temo, ci saranno sempre più genitori che cercheranno nel diritto risposte che abitano altrove.

 

[i] Si segnala come, quanto all'Italia, nel 2002 venne promossa una ricerca dalla  CAI (Commissione Adozioni Internazionali) sul tema dei fallimenti. La rilevazione venne effettuata nel marzo 2002 sui minori ospitati nelle strutture residenziali per minori nel periodo 1 gennaio 1998 al 31 dicembre 2001. L’attività di indagine rilevò, nel periodo preso in esame, 164 minori in adozione internazionale (il 2% dei minori stranieri adottati nello stesso periodo). Più recentemente, nel Quaderno n. 38 del Servizio Politiche familiari, infanzia e adolescenza, Dieci anni di adozioni in Emilia Romagna, Regione Emilia Romagna, 2016 è scritto: “Nel periodo intercorso tra il 2006 e il 2014, il tasso medio regionale (n.d.r. in Emilia Romagna) di fallimenti adottivi – calcolato come rapporto tra gli allontanamenti avvenuti e il numero totale delle adozioni sia nazionali che internazionali realizzate nel periodo 2007-2013, è pari al 2,86%”.

[ii] L'espressione è tratta da “Il patto adottivo. L'adozione internazionale di fronte alla sfida dell'adolescenza” di D. Bramati e R. Rosnati

[iii] Per un approfondimento sulla distinzione tra adozione legittimante ed adozione in casi particolari si rimanda all'articolo “ L'adozione in casi particolari, evoluzioni e prospettive di impiego” di Heidi B. Heilegger pubblicato sul blog di Genitori si diventa

Data di pubblicazione: 
Domenica, Gennaio 20, 2019

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