Autore: 
Heidi Barbara Heilegger, avvocato

Adozione e rischi per la coppia

Accade che i membri di una coppia si allontanino, che prendano ad un certo punto del loro percorso di vita strade diverse ed inconciliabili al punto da decidere di separarsi.

In ciò le coppie adottive non fanno certo eccezione. Anzi, non è forse azzardato supporre che, per certi versi, siano più a rischio delle altre.

Quando i coniugi decidono di adottare hanno un obiettivo comune ed è spesso questo a tenerli uniti. Non solo. Capita che il malessere che serpeggia tra marito e moglie venga attribuito, in buona fede, ma erroneamente, alla frustrazione per non aver ancora coronato il proprio sogno di diventare famiglia, quando, invece, l'insoddisfazione ha ben altre e più profonde radici.

Si consideri poi che l'arrivo di un figlio, per qualunque coppia, non è solo fonte di gioia, ma anche profondamente destabilizzante: i vecchi equilibri “saltano”, abitudini consolidate vengono sovvertite, il tempo dedicato alla coppia, almeno nel primo periodo, scompare, fagocitato dalle esigenze del bambino.

Nel caso di un minore adottato poi la relazione è tutta da costruire, occorre raccogliere la sfida entusiasmante, ma indubbiamente anche impegnativa, di rendere “figlio” chi, all'inizio, è tale solo sulla carta. Le aspettative dei genitori si scontrano e spesso si infrangono contro il bambino reale, così diverso da quello a lungo sognato. Le statistiche ci dicono che i minori adottati internazionalmente sono spesso grandicelli, e dunque con una loro personalità già strutturata ed una storia pregressa nella migliore delle ipotesi faticosa se non traumatica, a volte anche con bisogni speciali (i c.d. bambini special needs). Se la coppia non è solida e coesa, se il progetto adottivo non è stato fino in fondo condiviso, ma magari accettato da uno dei due senza reale convinzione, solo per assecondare l'altro partner,  può accadere che la coppia “scoppi”. A volte ciò  avviene immediatamente, a volte succede dopo anni, magari quando il figlio è già adolescente.

La separazione dei genitori mette a dura prova i minori adottati perché rinnova la ferita dell'abbandono. Con questo non si vuole certo affermare che i genitori adottivi non dovrebbero mai separarsi – oltretutto la separazione è un diritto, senza contare che è francamente lecito dubitare che sia davvero salutare e nell'interesse del figlio portare avanti una relazione svuotata di affetto e significato. Si deve però esigere da parte dei genitori, questo sì, una maggiore ponderazione e consapevolezza rispetto ai riflessi, potenzialmente traumatici, che la propria scelta può comportare.

Quando l'adozione può essere revocata

Una delle paure più frequenti nei genitori adottivi che si separano riguarda l'eventualità che l'adozione possa essere revocata. In realtà, la revoca dell’adozione è una possibilità prevista dalla legge 184/1983 soltanto in relazione all'adozione in casi particolari[1]: quindi non in presenza di adozioni legittimanti. Nel caso di adozione legittimante i figli adottivi hanno lo stesso status giuridico dei figli biologici. Pertanto, qualora i genitori si separino, per i figli adottivi troveranno applicazione le medesime norme previste in generale.

Con specifico riferimento ai provvedimenti relativi alla prole, che qui interessano, i genitori saranno chiamati a decidere – o, in assenza di accordo, il Giudice a stabilire – l'affidamento dei figli (che, con decorrenza dalla Legge n. 54/2006, la c.d. legge Paniz, è nella generalità dei casi condiviso[2]), la gestione dei rapporti con il c.d. genitore “non collocatario” (individuare un'abitazione ove il minore sarà prevalentemente collocato non è l'unica soluzione possibile, ma di fatto è ancora quella statisticamente più diffusa), l'assegnazione della casa familiare (che competerà al genitore “collocatario” a meno che i coniugi non si accordino, ove proprietari, per la vendita della propria quota all'uno o all'altro o dell'immobile a terzi) il contributo al mantenimento della prole (da quantificare in relazione a diversi parametri quali la condizione economica dei genitori, i tempi di permanenza del figlio presso l'uno o l'altro, l'età dello stesso).

Per  completezza si segnala come la revoca dell'adozione in casi particolari possa essere promossa esclusivamente dal Pubblico Ministero nei casi previsti dagli articoli 51, 52 e 53 della legge 184/1983. I primi due articoli citati fanno riferimento alla cosiddetta “indegnità”, ovvero ai casi in cui l’adottato maggiore di 14 anni abbia attentato alla vita di uno o di entrambi gli adottanti, dei loro discendenti o ascendenti oppure si sia reso colpevole “verso di loro di delitto punibile con pena restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni” (art. 51); la revoca può essere richiesta, su istanza dell’adottato o del Pubblico Ministero, anche quando questi fatti siano stati compiuti da uno degli adottanti nei confronti dell’adottato, del coniuge o dei discendenti o ascendenti di quest’ultimo (art. 52). L’articolo 53 prevede, invece, la revoca in conseguenza della violazione dei doveri incombenti sugli adottati. In nessun caso, quindi, la sola separazione dei genitori adottivi può portare alla revoca dell’adozione. Se il dato normativo da un lato potrebbe rassicurare i genitori, dall'altro gli stessi dovranno porre la massima attenzione alle implicazioni psicologiche legate alla separazione.

La separazione durante l'affidamento preadottivo

Un caso a sé è rappresentato dall'ipotesi in cui la separazione intervenga durante il periodo di affidamento preadottivo prima che venga emesso il decreto di adozione. In tal caso la legge, nell'esclusivo interesse del minore, per evitargli il trauma del distacco dopo essere già stato inserito in un nuovo nucleo familiare, consente che l'adozione venga disposta nei confronti di uno solo dei coniugi o anche di entrambi se ne fanno richiesta. Sarà ovviamente il Tribunale per i Minorenni a vagliare la suddetta richiesta pronunciandosi, in presenza dei mutati presupposti, per  l'idoneità o meno dei richiedenti.

Rilevanza degli aspetti psicologici nella separazione dei genitori adottivi 

Sarebbe opportuno affrontare gli aspetti legali della separazione congiuntamente a quelli psicologici. In nessun altro campo del diritto, infatti, questi ultimi si intrecciano in maniera quasi inestricabile con la particolare natura degli interessi coinvolti così come avviene nel diritto di famiglia. Una soluzione valida sul piano giuridico – ad esempio immediato inizio della convivenza con il nuovo, eventuale partner del genitore separando al fine di “abbattere” i costi abitativi – potrebbe rivelarsi devastante su quello affettivo e psicologico. Non è, infatti, difficile immaginare come in un simile scenario il figlio adottivo potrebbe sentirsi “accantonato” a fronte del nuovo progetto di vita del genitore soprattutto se contempla altri figli, ipotesi tutt'altro che peregrina dal momento che l'impossibilità procreativa potrebbe riguardare uno solo dei genitori.

Al fine di attutire l'impatto che l'evento separativo avrà sulla prole, potrebbe dimostrarsi una scelta lungimirante quella di ricorrere ad un sostegno psicologico per i figli, ma anche per i genitori stessi. La decisione di separarsi, sebbene possa apparire incongruo e paradossale, non è affatto un punto di arrivo bensì di partenza per la costruzione di un nuovo equilibrio ove la coppia, elaborata la fine della relazione, impari a pensarsi e ricostruirsi come coppia (solo) genitoriale.

Altrettanto utile sarà valutare la possibilità di intraprendere un percorso di mediazione familiare. Quest’ultima non ha l’obiettivo di evitare la separazione, come a volte erroneamente si crede, ma di aiutare i coniugi a ristabilire tra loro, soprattutto nell’interesse dei figli, una comunicazione efficace, favorendo così il raggiungimento di un accordo. C'è infatti una differenza abissale tra due coniugi che si separino consensualmente, dopo aver raggiunto un'intesa sulle condizioni di separazione – economiche, ma anche legate all'affidamento ed alla gestione dei figli – o, invece, giudizialmente con la conseguente apertura di un lungo e costoso contenzioso (non solo in termini monetari) che, inevitabilmente, esaspererà i reciproci sentimenti di rabbia e risentimento a discapito del benessere e della serenità della prole. Infatti non è tanto la separazione in sé il principale rischio per i figli quanto l’esposizione ad un prolungato ed elevato conflitto genitoriale. Se è vero che la separazione non comporta la revoca dell'adozione, un'esasperata conflittualità potrebbe però legittimare l'adozione, da parte del Tribunale ed a tutela dei figli, di provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale con affidamento del minore all'Ente territorialmente competente e, nei casi più gravi, collocamento in ambito eterofamiliare (ad esempio in Comunità familiare).  Non si tratta certo di provvedimenti che vengono assunti con leggerezza né inerenti alla sola filiazione adottiva venendo anzi disposti anche in relazione a coniugi che hanno solo figli biologici; al contempo occorre considerare come le strumentalizzazioni dei figli, tutt'altro che infrequenti nelle separazioni giudiziali, possano essere letteralmente devastanti per chi porta con sé una fragilità di fondo legata a pregresse esperienze traumatiche, una mai del tutto sopita paura dell'abbandono come molti figli divenuti tali attraverso l'adozione.

La consapevolezza delle potenziali conseguenze – sia giuridiche che psicologiche - di una separazione in cui i genitori, annebbiati dal rancore, abbiano perso di vista la centralità dell'interesse del minore è probabilmente la chiave per coniugare il legittimo desiderio di chiudere un rapporto ormai logoro, vuoto di significato e le responsabilità che come genitori si hanno comunque nei confronti dei figli.

Al genitore che si separa si impone la non facile sfida di insegnare ai propri figli come la cura, l'attenzione ed il rispetto che caratterizzano una relazione – qualunque relazione, non solo di coppia - ai suoi esordi devono poi accompagnarla anche in seguito fino al suo eventuale, infelice epilogo. Solo così la separazione dei genitori si inserirà nel tessuto della loro vita come un evento difficile, ma non necessariamente traumatico.

 

[1]L'adozione in casi particolari è disciplinata dall'art. 44 della legge n. 184/83 così come sostituito dalla legge n. 149/2001, e tutela, nelle prime due lettere (A e B), il rapporto che si crea nel momento in cui il minore viene inserito in un nucleo familiare con cui in precedenza ha già sviluppato legami affettivi, mentre nelle altre due (C e D), i minori che si trovino in particolari situazioni di disagio. Le ipotesi in cui si può far ricorso a questo tipo di istituto sono tassativamente previste dalla legge.

[2]La suddetta legge ha introdotto nel nostro ordinamento il cosiddetto principio della bigenitorialità: alla separazione personale dei genitori non consegue, quindi, pressoché necessariamente – come nella precedente disciplina – l'affidamento esclusivo ad uno dei due genitori, di regola la madre. L'affidamento esclusivo può anzi essere disposto in luogo del condiviso solo se quest'ultimo reca pregiudizio al figlio stesso. L'affidamento condiviso non è tuttavia sinonimo di affidamento alternato non escludendosi la previsione di un collocamento prevalente presso l'uno o l'altro genitore.

Data di pubblicazione: 
Venerdì, Luglio 14, 2017

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