Giosella ha incontrato suo figlio quando aveva 37 anni e, lui, piccolo, aveva 21 giorni. La loro è una storia di adozione nazionale e stiamo per raccontarvela attraverso una delle voci protagoniste che ha condiviso con noi ricordi e riflessioni su cosa significa diventare genitori all’improvviso.
“Appena l’ho visto, ho subito sentito che lui era mio figlio. - ha raccontato Giosella aggiungendo che lei e Gianni, suo marito, hanno conosciuto il piccolo nello stesso giorno dell’abbinamento - Quello che ci ha condotto a quel primo incontro è stato un lungo e intenso viaggio. Appena arrivati a casa tutti e tre insieme ci prendemmo due settimane tutte per noi, per conoscerci e imparare a capirci. Non avrei mai immaginato di diventare mamma di un bambino appena nato, ma madre di un bimbo già nato, sì, sin dall’inizio”.
Condividere pezzetti delle proprie storie è sempre un’occasione per rimettersi in contatto con le emozioni vissute, anche se in un tempo che appare ormai lontano. Ripensarsi – anche - in quel prima in cui si era aspiranti genitori e al mix di emozioni nel diventare madre di un neonato, anche alle paure dei primi giorni e al pensiero sulle origini del proprio figlio il cui colore della pelle testimonia radici oltre confine.
Entriamo ora nel cuore della testimonianza di Giosella!
“Essere genitori adottivi significa fare un percorso”
<<L’adozione è anche consapevolezza>> che si acquisisce strada facendo, durante il cammino per diventare genitori e – proseguendo – anche dopo, crescendo assieme ai figli, con equilibri sempre nuovi, rinnovati, trasformati.
L’attesa
“Mio marito ed io abbiamo vissuto serenamente sia i colloqui con la psicologa e l’assistente sociale, facendoci conoscere per quello che siamo, sia il tempo dell’attesa. - ha raccontato – Dopo aver ricevuto l’idoneità dal Tribunale dei Minori abbiamo dato mandato all’Ente per il Vietnam e abbiamo vissuto la nostra quotidianità senza ansia. Quanto al bambino che ci immaginavamo, ricordo che aveva circa 3-4 anni”.
La maternità
Ho chiesto a Giosella che rapporto c’è tra l’idea che aveva della mamma che sarebbe stata e come si vede oggi. “Non mi ero mai chiesta se sarei stata una buona madre – ha detto – Mi rendo conto, invece, quanto per diventare genitori adottivi consapevoli sia importante affrontare il lutto biologico, quello della mancata gravidanza”.
Le paure
“Nelle prime foto con mio figlio ero rossa in volto, imbarazzata e con la paura addosso di essere giudicata sulla mia capacità di prendermi cura di quel bambino così piccolo” ha detto Giosella che ricorda ancora la sensazione che ha provato tornando a casa dopo il primo incontro – quella sera non riuscii a dormire, avevo paura di non ritrovarlo il giorno dopo”.
Mamma Giosella ci ha confidato anche che il timore di apparire inadeguata le impedì di dare lei il primo biberon a suo figlio. “Lo fece mio marito Gianni che non ha mai avuto quella paura che ebbi io i primi giorni”. Quella sensazione durò poco, perché una volta a casa tutti e tre insieme furono completamente assorbiti dalla quotidianità, quella normalità in cui - ha ricordato - la priorità era l’accudimento del piccolo. “Prima di prendere il nostro ritmo – ha detto – temevo si potesse non attaccare a me. Soprattutto nella prima settimana: sapevo che prima di me era stato in braccio a tanti, a coloro che si erano presi cura di lui mentre era in ospedale e che non sarebbe stato così immediato si legasse a noi”.
Del primo periodo Giosella ricorda ancora la frustrazione di quando suo figlio piangeva ed era inconsolabile e dei primi 3 mesi in cui mangiava poco e niente. “Quando non riuscivo a calmarlo non mi sentivo abbastanza capace di fare la mamma. Quanto al cibo, nei suo primi 3 mesi non voleva mangiare, per fortuna dopo lo svezzamento tutto divenne più facile”.
Conoscersi attraverso il linguaggio del corpo
Conoscersi attraverso l’odore della pelle, il calore del corpo, il suono della voce è un’esperienza potente e indelebile. Così, Giosella catapultata nella maternità da un giorno all’altro, ha raccontato che – oltre alle ninne nanne, alle carezze e alle tante storie raccontate – altri piccoli gesti sono diventati simbolo di un legame che s’intrecciava giorno dopo giorno. Per esempio, la maglietta con “l’odore di mamma addosso”, messa in culla sin dal primo momento per favorire la memoria olfattiva del piccolo e la testa di suo figlio appoggiata sul petto in ascolto del battito del cuore e delle vibrazioni della sua voce.
Il colore della pelle
Con Giosella abbiamo parlato anche delle differenze somatiche nella famiglia adottiva e di quanto sia importante poterne parlare con serenità, quando lo si desidera, riconoscendo anche quel possibile bisogno di rispecchiamento che i bambini crescendo possono sentire, per immaginarsi da grandi.
“Vedersi anche attraverso il colore della pelle, parlarne con naturalezza è secondo noi molto importante, anche per il futuro quando sarà grande e mamma e papà non saranno sempre con lui. - ha detto – Ci scherziamo anche perché mio marito ed io abbiamo una carnagione così chiara che nostro figlio ci prende in giro chiamandoci fantasmini. Allo stesso tempo vediamo la disinvoltura con cui si rapporta con le persone il cui il colore della pelle è elemento di somiglianza. Per esempio, ama passare il tempo con Anand, il figlio adolescente dei nostri cari amici, adottato e di origine indiana, e ha un legame speciale con la sua maestra dell’asilo nido, una giovane donna di origine keniota che è stata adottata e con la quale abbiamo stretto una bella amicizia.
Adozione e narrazione
“Nostro figlio che è un bambino curioso ha fatto le sue prime domande quando aveva circa due anni. Ricordo che mentre disegnava con il suo ditino dei cerchi sulla pancia, mi ha chiesto mamma, io sono nato dalla tua pancia? Per quanto mi aspettassi quella domanda, non ero preparata. Gli risposi con semplicità, dicendogli che non era nato dalla mia pancia, ma che comunque sono diventata la sua mamma. Non ho mai avuto paura di come glielo avrei detto, o ansia per quali parole usare o per quale espressione avere in volto”.
“Cucire una storia assieme”
Giosella ha utilizzato più volte la parola naturalezza nel descrivere quella tranquillità con cui hanno raccontato a loro figlio la sua storia. “Per molto tempo ha chiesto gli raccontassimo, dall'inizio alla fine, come si era svolta la giornata in cui lo abbiamo conosciuto. - ha proseguito – Noi gli abbiamo sempre raccontato di quando ci siamo adottati, della nostra storia, di quel prima in cui mamma e papà non erano con lui e di quando tutti e tre insieme abbiamo iniziato a costruire un noi”.
Gli sguardi del mondo fuori
“Rispetto al mondo esterno siamo un po’ preoccupati, soprattutto per quando sarà più grande. Oggi sono perlopiù sguardi di tenerezza, ma quando sarà un uomo potrebbe essere diverso. Potrebbe scontrarsi con sguardi perplessi, commenti spiacevoli o domande inopportune come quelle che talvolta ci hanno fatto anche davanti a lui”.
Per fortuna lo hai avuto piccolino, così lo hai cresciuto come volevi tu!
E se da grande vuole cercare i suoi genitori biologici?
Ma è adottato in Africa?
“Ecco perché - ha aggiunto– oltre ad avere iniziato a spiegargli che potrebbe incontrare persone che gli faranno notare che ha un colore della pelle diverso, cerchiamo di essergli di esempio quando ci fanno domande che sono frutto dell’ignoranza, usando l’ironia, riconoscendo quelli che sono i limiti delle persone, mettendo i punti sulle i, ma senza enfatizzare. Invece, a volte, la difficoltà è quella di spiegare proprio alle persone che ci sono più vicine e che non considerano che nostro figlio ha un tempo prima di noi, che quel pezzetto di vita e di storia c’è e che se quando sarà grande vorrà sapere di più sulle sue origini, noi saremo al suo fianco”.
Salutandoci – Giosella ed io – abbiamo ironizzato insieme su quanto a volte occorra contare fino a 10 prima di rispondere a certe ingerenze, soprattutto in presenza dei bambini che sappiamo bene quanto imparano dalle nostre reazioni. Ecco perché è importante interrogarsi su come viviamo noi genitori le domande inopportune delle persone, le curiosità, i pregiudizi e gli stereotipi sull’adozione.
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