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Devi Vettori

Quella della narrazione è una tematica importante (anche) in ambito adottivo e la si trova declinata in molteplici forme, ognuna di essa con specifiche modalità.

Troviamo la narrazione che i genitori adottivi faranno al bambino che arriva, sulla sua storia e sulle informazioni che possono avere, e come le maneggeranno. C'è la narrazione che gli stessi fanno alle persone esterne alla famiglia, dagli insegnanti dei propri figli, agli amici. C'è, fondamentale, quella che il figlio fa ai genitori del suo passato e della sua storia presente. Inoltre, avremo la storia comune che sapranno costruire assieme con radici in terreni diversi, ma salda di un'intimità e una familiarità costruita nel tempo. Utili tutte le narrazioni che dell'adozione e dei suoi passaggi fanno gli esperti a vario titolo ed in varie accezioni. Sono dunque varie le forme di narrazione e molti i piani su cui la si può agire, ma quello su cui mi piacerebbe soffermarmi è la narrazione che le persone adottate si trovano a fare, partendo da sé per arrivare ad altri.

Narrarsi

Anche per gli adottivi le narrazioni da poter mettere in atto si fanno molteplici. Da quella ai genitori sul proprio vissuto o se non altro sulle sue emozioni nel pensarlo o riviverlo, e sarà racconto anche nel silenzio, nei ricordi troppo faticosi da condividere. Trovo importante sottolineare che anche i silenzi sono parte integrante della narrazione, nella libertà di scegliere quale e quanta parte di sé consegnare, e con quali tempi e modi sentirsi liberi di farlo.

Poi, anche la persona adottata racconterà la propria storia fuori dalla famiglia in contesti altri come la scuola o i gruppi di amici. Si troverà a farlo anche quando non vorrebbe, in situazioni in cui gli viene richiesta per giustificare o spiegare anche se non c'è un suo vero e proprio desiderio di farlo, o, nel peggiore dei casi, quando non dovrebbe essere richiesta ma con leggerezza o ignoranza, se non proprio in mala fede, si chiede in modo intrusivo di toccare corse tanto personali e profonde.

La prima persona, però, a cui dovrà raccontare sarà proprio se stesso, poiché un'autonarrazione del proprio vissuto potrà essere la chiave per trovare la forma da dare alle parole da condividere con gli altri. E, nel tempo solitario che si deciderà di avere, si potrà aver cura della propria storia, tenerla vicina e vederla anche in prospettiva. Credo che sia importante, ma credo anche che sia un percorso, e che, come tutti i percorsi, possa avvenire per fasi e in modalità differenti per ognuno, con deviazioni, soste e vie traverse, indispensabili per ogni viaggio.

Uno degli scogli che ci si può trovare a fronteggiare è proprio l'inizio della storia. Gli incipit possono essere molto diversi, c'è chi ha un bagaglio di ricordi ed ha volti e luoghi nella sua valigia e c'è chi invece non ha memoria, né informazioni. Entrambe le situazioni possono portare più o meno fatica nel racconto in base a numerose variabili, ma trovo fondamentale poter trovare un proprio modo di mettere insieme i pezzi, per far sì che ci possa essere un racconto che tiene insieme le varie parti di sé.

Ricordi dolorosi o memoria assente

Si potrebbe pensare che chi ha dei ricordi impressi sia facilitato dal momento che possiede informazioni e notizie a cui far riferimento, dimenticando però che tali notizie possono essere (non sempre) anche molto dolorose, se non altro perché la memoria precisa del distacco porta con se emozioni forti e contraddittorie. Dall'altra parte anche in mancanza di informazioni e ricordi si possono incontrare molte fatiche, poiché il buco nero della memoria risulta difficile da colmare.

Nei laboratori di scrittura che conduco, ho trovato che un buono strumento per affrontare la questione, sia dato dalla creatività dall'entrare in un contesto, in uno spazio emotivo e mentale in cui poter maneggiare ricordi o l'assenza degli stessi, ipotizzando soluzioni alternative anche fantasiose o apparentemente bizzarre. Questo non in un'ottica per cui falsare i ricordi o edulcorare verità con favole rassicuranti ma utilizzando il filtro del racconto, anche strutturato, per avvicinarsi, ognuno a suo modo e col suo tempo, a poter guardare la propria storia come un bagaglio prezioso, una linea continua che pur con le sue curve o angoli spigolosi, riesce a srotolarsi con la consapevolezza che se a volte si formano i nodi (e si formano per tutti, adorati e non) si torna indietro, ci si ferma e si possono sciogliere. Per rimanere in metafora, un filo che manterrà traccia di ogni nodo ed ogni scioglimento fin nella più piccola sfilacciatura, di ogni volta che il filo si è arrotolato e ingarbugliato ancora di più, ma sarà presente la coscienza di poter ritrovare quello spazio in cui immaginare storie possibili, prospettive ogni volta nuove e diverse.

Dunque, la narrazione a sé stessi di una storia di vita, in evoluzione e mutamento, non solo perché segue l'evolversi del vissuto, ma perché è essa stessa, la narrazione, strumento mobile, che proprio per la propensione a creare e liberare l'immaginario, permette di indagarsi, e mutando costruire, di volta in volta, un racconto in cui ri-trovarsi, uguali e diversi, mutati, perché, sempre più, se stessi.

Data di pubblicazione: 
Giovedì, Novembre 7, 2019

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