Autore: 
MariaLinda Odorisio

La scuola per i bambini è il luogo sociale per eccellenza ma è anche il luogo del giudizio. E’ la prima vera e propria esposizione dei nostri figli, in verità anche di noi genitori, ad un giudizio esterno. Spesso viviamo la scuola con ansia perché insieme a nostro figlio va a scuola anche la nostra capacità genitoriale.Se la nostra bimba va bene a scuola, se è educata, gentile con tutti,altruista, socievole ci sentiamo orgogliosi e sicuri del nostro operato. Ma se qualcosa va storto? Se il nostro pargolo non è sempre perfetto? Se ha momentidi rabbia, se si astrae completamente, se non riesce ad imparare la poesia? Le maestre ci mandano a chiamare e noi ci sentiamo messi sotto accusa. La reazione può essere difensiva o aggressiva ma è comunque carica di angoscia.

Come genitori adottivi la nostra capacità genitoriale non è mai data per scontata e noi, a volte, siamo i primi a dubitarne. Spesso ci consegnamo inerti ai giudizi delle insegnanti o, al contrario, ci arrocchiamo su posizioni di chiusura e rifiuto di ciò che ci arriva dalla scuola. In ogni caso chiudiamo ogni possibile canale di comunicazionee la possibilità di modificare le situazioni.

Per affrontare bene la scuola, per aiutare i nostri figli a sentirsi bene a scuola, dobbiamo fare in modo che sia possibile parlarsi, ascoltarsi, capirsi. E’ un lavoro lungo e richiede pazienza ed è basato sulla fiducia. Prima di tutto sulla fiducia in noi stessi, in quanto genitori di quel bambino e di quella bambina li conosciamo meglio di chiunque altro: sappiamo le loro difficoltà, le loro paure e fragilità ma anche le loro molte risorse, le grandi potenzialità.

Fiducia nei nostri figli: le loro storie li hanno feriti ma li hanno anche resi forti. Hanno attraversato l’abbandono, sono sopravvissuti agli istituti, si sono affidati a due perfetti sconosciuti che ora stanno imparando ad amare perché sono pieni di voglia di vivere: umanamente hanno qualità straordinarie.

Infine, fiducia nella scuola, nelle persone che vi lavorano spesso con competenza, dedizione e professionalità; è vero, non sempre e non tutti, ma i più compiono quotidianamente un lavoro delicato e difficile ed anche molto solitario.

Fiducia non vuol dire cecità o sospensione del giudizio critico. Si deve partire dal presupposto che, il più delle volte, maestre e maestri (per non parlare dei professori!) non conoscono quasi nulla del mondo dell’adozione con le sue problematiche specifiche e che dunque non possiamo dare per scontato che abbiano le esperienzee gli strumenti concettuali adatti a rapportarsi con i nostri bambini. Hanno bisogno del nostro aiuto. Il nostro approccio alla scuola non può essere passivo. Rispettoso, attento ma non passivo.

Andiamo a visitare per tempo la scuola che dovrà accogliere nostro figlio, cerchiamo di coglierne da subito il clima: è una scuola sufficientemente aperta alla diversità? Ci sono bambini stranieri, bambini diversamente abili, bambini adottivi? Come viene affrontato il discorso della multiculturalità? Quali progetti sono stati attivati in questo senso? E’ una scuola che punta soprattutto ai risultati cognitivi o considera l’apprendimento un’avventura che coinvolge la persona nella sua interezza?

Cerchiamo d’incontrare il dirigente scolastico, affrontiamo il discorso sulla possibilità di un inserimento flessibile (classi aperte, passaggio graduale, anche nel corso dell’anno, alla classe adatta all’età di nostro figlio)1, chiediamo di conoscere le maestre e il personale della scuola (i bidelli giocano un ruolo importante nell’inserimento sereno dei bambini, soprattutto dei più piccoli). Non in tutte le scuole s’incontra una pronta disponibilità al confronto, ma questo può già essere un criterio di scelta: è preferibile una scuola lontana da casa ad una scuola rigida che antepone le proprie esigenze organizzative all’accoglienza e alla duttilità.

Una volta scelta la scuola è fondamentale attivare un canale di comunicazione con le insegnanti. E’ importante raccontare l’adozione, far presente, ad esempio,che un bambino istituzionalizzato può avere comportamenti non immediatamente adeguati rispetto alle regole, che le figure adulte possono avere un valore ambivalente, e che quindi da un lato ne cercherà con ansia eccessiva l’approvazione salvo poi avere atteggiamenti fortemente oppositivi nel momento del rimprovero o del contenimento. Il problema dell’appropriazione di oggetti non propri deve essere ipotizzato spiegando che chi è vissuto in un istituto non conosce chiaramente il senso della proprietà e che comunque prendere ciò che è di altri serve a riempire il vuoto relazionale che si è subito.

Nel discorrere di adozione con le insegnanti o con altro personale della scuola,però, è assolutamente necessario mantenere un giusto grado di discrezione circa gli aspetti più intimi (e purtroppo talvolta più dolorosi) del vissuto dei nostri figli. Parlare con le maestre serve a fornire loro possibili griglie interpretative, chiavi di lettura non semplicistiche che le aiutino a capire alcuni prevedibili comportamenti, senza drammatizzare e senza scoraggiarsi. Non c’è bisogno, per questo, di fornire notizie troppo dettagliate: se il mio bambino è stato fortemente maltrattato,se ha subito un abuso, non sempre è necessario comunicarlo alle insegnanti: rischierei di farne un ‘caso’, di stimolare, nelle maestre, atteggiamenti troppo protettivi, ansie difficili da controllare. Un certo riserbo va osservato anche per quanto riguarda la salute dei nostri figli. Se la mia bambina è negativizzata all’HIV, la scuola non ha bisogno di saperlo: eviterei così d’innescare paure inutili e dannose.

A volte di fronte all’allarme delle maestre per un comportamento davvero difficile potremmo sentire il desiderio di confidare loro avvenimenti drammatici della vita passata dei nostri piccoli, pensando di aiutarli. Domandiamoci però se non vi sia, da parte nostra anche il bisogno di allontanare un evento di cui non riusciamo a sostenere il peso, quasi per esorcizzarlo. In questi casi è bene attivare tutta la nostra sensibilità per valutare ciò che va detto e ciò che va taciuto. D’altra parte, se sono i bambini a parlare in classe delle loro esperienze difficili, un nostro intervento chiarificatore sarà necessario per aiutare l’insegnante a governare le emozioni della classe.

Ovviamente non esistono regole definitive, tutto dipende dalla qualità umana delle persone coinvolte e dalle relazioni che si riescono ad instaurare. La nostra presenza attiva e discreta, la fiducia nella professionalità di chi ha il compito di avviare i nostri figli ad un sano rapporto con l’apprendimento, sono elementi essenziali. La nostra fiducia si rifletterà in quella dei nostri figli. Ma non dobbiamo mai dimenticare che il nostro ruolo è diverso da quello delle insegnanti, diversi sono gli ambiti d’azione. Sovrapporli sarebbe un errore.

 

1. Questo articolo è stato scritto nel 2006, quando ancora non erano presenti le Linee di indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati, ove questi temi sull'inserimento scolastico sono normati.

 

Data di pubblicazione: 
Giovedì, Giugno 1, 2006

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