Autore: 
Heidi Heilegger, avvocata
Si salveranno solo i flessibili
e i diversamente agili,
quelli con le prospettive
e i pensieri ampi.
Si salveranno
quelli che sbagliano in fretta
e fanno delle cadute
slanci,
i domatori del pessimismo,
i navigatori disancorati
e gli apprendisti stregoni in generale.
Si salverà
chi accorda il respiro e i pensieri
al presente,
chi ascolta fino in fondo
prima di parlare,
chi sa che l’acqua arriva sempre al mare
e non impreca contro il buio,
ma si fida del tunnel,
perché sa che la luce
non va cercata fuori
ma accesa dentro.
 
Manuela Toto

 

Un tema sempre caro ai media e che spaventa l'opinione pubblica, specie chi è genitore, riguarda il fenomeno degli allontanamenti dei minori disposti dal Tribunale per i Minorenni, di norma, sebbene non necessariamente, a seguito di una segnalazione da parte dei Servizi Sociali.

Un provvedimento che dispone l'allontanamento di un minore viene infatti emesso quando sia stata accertata, in sede giudiziale e a seguito appunto di una segnalazione dei Servizi Sociali, ma eventualmente anche di uno degli altri soggetti a ciò legittimati dalla legge [1], la condizione di pregiudizio che un minore vive all'interno della sua famiglia. Può tuttavia accadere, sebbene, almeno nella mia esperienza, assai più raramente, che a sollecitare l'allontanamento siano i genitori stessi quando vivono una situazione di forte conflitto con il proprio figlio, situazione che spesso degenera in violenza nei loro confronti o nell'assunzione di comportamenti devianti se non criminali da parte del minore stesso (si pensi, ad esempio, a tutta la serie di problematiche che genera la dipendenza da sostanze stupefacenti). E’ importante sottolineare, però, come anche in questi casi, la decisione del Tribunale per i Minorenni in merito al possibile allontanamento non possa che essere motivata dall'interesse del minore. Cercherò di chiarire meglio nel proseguo.

Al netto di eventuali errori giudiziari che sono purtroppo possibili, occupandomi da quasi vent'anni di diritto di famiglia e dei minori, posso innanzitutto affermare come, nella mia esperienza, la narrazione che vuole i bambini strappati dalle famiglie con inusuale leggerezza, per quanto suggestiva, sia disancorata dalla realtà. L'art. 1 della legge sulle adozioni (L. n. 184/83 e successive modifiche) stabilisce infatti che il “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia” e che “le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la responsabilità genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia.”

L'irrilevanza delle condizioni economiche dei genitori nella decisione di allontanamento del minore

Pertanto, la condizione di disoccupazione di uno o di entrambi i genitori e, più in generale, le fatiche economiche del nucleo familiare non potranno mai, in sé, giustificare un provvedimento di limitazione della responsabilità genitoriale e l'eventuale collocamento del minore in ambito etero-familiare (ossia il suo inserimento in una famiglia affidataria diversa dalla sua famiglia di origine o in una comunità). E' d'altra parte possibile, e anzi in tutta franchezza accade piuttosto spesso, che i genitori imputino alla loro situazione economica la decisione del Tribunale di allontanare i figli quando, invece, a motivarla sono state evidenti carenze nelle competenze genitoriali. In altre parole, il fatto che un disagio economico sia effettivamente presente potrà indurre il genitore nel ritenerlo all'origine del provvedimento quando, invece, nel concreto, non ha avuto alcuna incidenza nella decisione del Tribunale. Altre volte ancora accade che la condizione di vulnerabilità economica abbia in effetti avuto un ruolo nella valutazione operata dal Tribunale, ma, ancora una volta, non in sé, quanto perché indicativa di una possibile inidoneità del genitore. Si pensi, a mero titolo di esempio, al genitore che, in ragione del suo temperamento impulsivo, non riesca a conservare un impiego per più di qualche mese, o che abbia una dipendenza e investa nella stessa tutti i suoi guadagni trascurando i bisogni, anche strettamente materiali, della prole.

L' allontanamento come soluzione da attuare solo in casi estremi

In linea generale si può affermare come nel nostro ordinamento la limitazione della responsabilità genitoriale e, a maggior ragione, l'allontanamento del minore [2], sia da ritenersi una via estrema, percorribile solamente là dove la permanenza del minore in famiglia possa causargli un pregiudizio ancor più grave del suo collocamento in ambito etero-familiare che comunque, anche quando necessario e persino se richiesto dalla famiglia, resta in ogni caso potenzialmente destabilizzante. Ulteriormente, almeno nelle intenzioni del legislatore, i provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale e/o di collocamento dei figli minorenni in ambito etero-familiare – sia che si tratti di una comunità, educativa o terapeutica, che di una famiglia affidataria - hanno carattere transitorio: in prospettiva, infatti, l'obiettivo resta quello di consentire la piena reintegrazione dei genitori nella responsabilità e il reingresso del minore in famiglia. Come è noto, questo, purtroppo, non sempre avviene, di qui il fenomeno degli affidamenti sine die (o a tempo indeterminato), che pur non essendo espressamente contemplati dalla legge, di fatto esistono. Questi ultimi integrano per così dire una “zona grigia” dove il legame affettivo con il genitore non è del tutto assente o disfunzionale, non concretizzandosi quindi lo stato di abbandono morale e materiale che è il presupposto della dichiarazione di adottabilità, ma al contempo non ci sono le risorse per un pieno recupero, neppure nel tempo, delle capacità genitoriali. 

Il carattere temporaneo degli allontanamenti

In ogni caso, l'accento sul carattere temporaneo dei provvedimenti, se pure talvolta contraddetto dalla prassi, dimostra come la finalità sottesa non sia mai quella di recidere il legame con la famiglia, ma possibilmente di recuperarlo, passando anche - ma solo se davvero indispensabile - da un momentaneo allontanamento del minore. 

Per questo motivo, anche quando sia la famiglia stessa, sfibrata dalla fatica di rapportarsi con un minore problematico, talvolta violento, con problemi di dipendenza o di natura psichiatrica (ipotesi tutte possibili, ma non indispensabili al fine di giustificare un collocamento etero-familiare), a chiedere l'allontanamento del minore, il Tribunale, con l'ausilio dei Servizi Sociali, valuterà se, nel caso concreto, sia davvero questa la soluzione che meglio rispecchia l'interesse del minore [3]. In altre parole, l'allontanamento dalla famiglia, nelle intenzioni del legislatore, è e resta sempre un provvedimento disposto nell'interesse e a tutela del minore, mai una strategia per garantire un po' di sollievo a dei genitori alle prese con un figlio difficile. Con ciò non si intende ovviamente sottovalutare la fatica e la sofferenza di questi genitori, ma unicamente chiarire natura e finalità dell'intervento del Tribunale per i minorenni il cui focus, per definizione, non può che essere il minore e il suo benessere. Paradossalmente, ma in realtà neppure troppo se si è correttamente compreso questo assunto, a determinare l'allontanamento più che la richiesta, ancorché umanamente comprensibile, dei genitori, potrà essere la valutazione dell'impatto e delle conseguenze del comportamento del minore per così dire problematico (con una semplificazione, ne convengo, che non rende giustizia alla complessità dei casi reali) sull'equilibrio di altri minori  eventualmente presenti nel nucleo familiare (ad esempio fratelli o sorelle).

Il coinvolgimento dei genitori nel progetto predisposto per il minore.

Dopo aver chiarito che un provvedimento di allontanamento viene disposto in via eccezionale e possibilmente temporanea, e solo se ritenuto utile per contenere o risolvere una situazione di concreto pregiudizio per un minore, aggiungo, per completare il quadro, un ulteriore tassello. Il provvedimento del Tribunale per i minorenni implica sempre un progetto, più o meno articolato, che coinvolge tutta la famiglia, a prescindere dal fatto che il minore non sia più fisicamente collocato all'interno della stessa (ad esempio ai genitori potrà essere indicato un supporto psicoterapeutico o suggerita la partecipazione a gruppi di mutuo-aiuto). Infatti, quale che sia la situazione di pregiudizio che vive il minore, i genitori non possono mai ritenersi completamente estranei alla stessa. Ciò risulterà particolarmente evidente là dove il pregiudizio sia stato determinato da un problema del genitore stesso, ad esempio di dipendenza come l'alcolismo o di natura psichica come la depressione. E' chiaro, infatti, che solo quando il genitore avrà risolto la problematica che lo affligge potrà realisticamente garantire al proprio figlio un ambiente domestico sereno e non disfunzionale. D'altra parte, in altre circostanze, quando ad esempio sia il figlio ad avere un problema di dipendenza oppure sia interessato da una diagnosi psichiatrica, il genitore potrà essere tentato di pensare che l'allontanamento, eventualmente richiesto proprio dal genitore stesso, sia in questo caso la soluzione del problema anziché uno strumento – pur se estremo e invasivo – per creare le condizioni per risolverlo. Ma non è così. Resterà sempre un margine per lavorare su fragilità personali o dinamiche relazionali che, se anche non hanno determinato il disagio, possono comunque aver contribuito ad aggravarlo. Ricordo ad esempio un padre che ogni volta in cui andava a trovare il figlio sedicenne in comunità lo riforniva di regali e denaro, nonostante fosse stato messo in guardia dagli educatori dal rischio di acquisti compulsivi da parte del minore ove un futuro diniego o comunque l'impossibilità di soddisfare la propria compulsione sarebbe stato poi vissuto dal ragazzo con forti sentimenti di frustrazione e malessere. O, ancora, rammento una madre, persona colta e per certi aspetti non priva di risorse, che non riusciva a tollerare la condizione di assoluto disordine, al limite dell'anarchia, in cui il figlio tredicenne teneva la sua cameretta né che a scuola collezionasse insufficienze senza mostrarsene minimamente preoccupato. C'erano in effetti stati, all'interno di quella famiglia, alcuni momenti molto critici, sfociati in litigi dove il ragazzino aveva spintonato la mamma e per cui i genitori avevano contattato i Servizi Sociali chiedendone l'allontanamento. Inutilmente i Servizi Sociali cercarono di far riflettere i genitori sul fatto che quelle che la madre viveva come provocazioni, altro non erano che un confuso tentativo del figlio di ricevere una conferma del fatto che i suoi genitori, dai quali era stato adottato all'età di sette anni, lo amavano incondizionatamente e a anche se avesse disatteso le aspettative. In questo specifico caso il Tribunale per i Minorenni limitò la responsabilità genitoriale e prescrisse un costante monitoraggio del nucleo familiare da parte dei Servizi oltre al supporto di un educatore in ambito familiare in alcuni specifici giorni e orari affinché potesse essere di aiuto nel recupero della relazione tra genitori e figlio. Si ritenne, invece, contro il parere della famiglia, che un allontanamento avrebbe pregiudicato ancora di più un legame di filiazione già compromesso con grave danno per il minore [4].

Le storie da cui potrei attingere esempi sono davvero molte, ma credo che quelli sopra sintetizzati bastino a far comprendere come dinamiche disfunzionali possano innestarsi a prescindere dall'affetto che un genitore nutre per il proprio figlio.

Non si tratta – è bene sottolinearlo per evitare pericolosi fraintendimenti – di colpevolizzare i genitori (neppure quando hanno delle gravi e palesi criticità), ma di restituire a ciascuno le proprie responsabilità. Solamente riconoscendo che nel coro degli attori presenti sulla scena – il minore, il Tribunale per i Minorenni, i Servizi Sociali – un ruolo, per nulla marginale, lo giocano anche i genitori, sarà per gli stessi possibile vivere una situazione oggettivamente difficile e dolorosa senza sentirsi schiacciati dal senso di impotenza e persino di estraneità o ritenersi vittime del sistema [5]. Un momento di crisi dopotutto non deve necessariamente preludere alla rottura o al fallimento di un legame, ma può anche rappresentare l'occasione di un cambiamento evolutivo. 

Note:

[1] Come è espressamente riportato sul sito stesso del Tribunale per i minorenni di Milano: “Tutti possono segnalare delle situazioni di pregiudizio o abbandono di minorenni meritevoli di una tutela giudiziaria. Questo potere generale di segnalazione è però attribuito dalla legge (art. 1, comma 2, legge 19.7.91, n. 216) specificamente, ai fini del collocamento dei minori fuori della loro famiglia, a quattro soggetti che hanno compiti di protezione dei bambini: i servizi sociali, gli enti locali, le istituzioni scolastiche e l'autorità di pubblica sicurezza. Fra queste fonti di segnalazione, i servizi sociali costituiscono una fonte particolarmente qualificata perché hanno lo scopo istituzionale del sostegno al disagio delle famiglie e dei minori. E’ noto come i servizi sociali abbiano, tra le proprie funzioni istituzionali, quella di attivarsi autonomamente, senza dover necessariamente chiedere indicazioni e/o prescrizioni all'autorità giudiziaria, nei confronti di minorenni che versino in situazione di pregiudizio, anche solo potenziale.”
[2] La limitazione della responsabilità genitoriale non si accompagna necessariamente all'allontanamento potendo il minore restare comunque collocato in famiglia pur se affidato all'Ente territorialmente competente.
[3] Va segnalato che la maggior parte degli affidamenti sono di natura giudiziale, quelli consensuali rappresentano la minor parte. Più precisamente secondo il rapporto di aggiornamento del 2020 del Gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza tre affidamenti su quattro sono di natura giudiziale.
[4] Gli esempi citati, pur se ispirati a casi reali, sono stati opportunamente modificati nel rispetto del diritto alla riservatezza dei protagonisti.
[5] Ovviamente, qualora i genitori ritengano che il provvedimento sia ingiusto e non funzionale all'interesse del minore, potranno sempre, tramite avvocato, impugnarlo.

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Data di pubblicazione: 
Sabato, Febbraio 26, 2022

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Joyce Manieri, psicologa clinica e formatrice
Monica Nobile – pedagogista, tutor dell’apprendimento, counselor.
Marina Zulian
Sonia Oppici
Sonia Oppici
Monica Nobile – pedagogista, tutor dell’apprendimento, counselor.