Autore: 
Erika Delvento

Prima viene il corpo. Ma cosa succede quando il corpo è mancante? Quando viene meno quell'incontro viscerale che sospinge e precede ogni sentire condiviso?

Mi interrogo nel prender questa parola, per rintracciare sentieri di senso possibili intorno al divenir genitori e figli senza passare direttamente dal corpo, almeno in apparenza. Sì, perché forse di corpo ce ne è in sovrabbondanza sebbene nella sua mancanza di contatto primigenio e originario.

Che corpo è quello familiare che accoglie? Che corpo è quello filiale che viene accolto? Che incontro si genera da questi corpi e come se ne diviene uno, per fondersi e poi di nuovo separarsi? Mi appresto una mattina a sedermi accanto a una persona cara che sta facendo il percorso della procreazione medicalmente assistita. Siamo in treno e stiamo facendo colazione. Prende fuori dalla borsa un portapillole, lo apre e sgrana fuori una cinquina di pasticche di diversa foggia, dimensione e colore che adagia sul tovagliolo. È la dose del mattino, tra ormoni e integratori. Le manda giù una dopo l'altra senza acqua ormai. Io rimango stupefatta. 'Dopo due anni così', mi dice.

Posso solo immaginare il resto dei trattamenti ai quali si sottopone ogni giorno da centinaia e centinaia di giorni come a fertilizzare quel terreno che è il suo corpo e prepararlo ad accogliere quel materiale biologico, così lo chiama, che è suo figlio concepito in vitro ormai più di un anno fa. 'Mio figlio è già vecchio', esordisce spiazzandomi. 

A questo non aveva mai pensato prima, neanche quando dubbiosa era incerta se proseguire il percorso ormai stanca di tutte le complicazioni incontrate lungo il sentiero. Tra poco avverrà l'impianto dell'ovulo concepito che hanno già verificato risulti, per quel che è possibile diagnosticare a quello stadio, sano al 100%, poi, se tutto andrà bene, dovrà comunque sottoporsi a tutti gli esami di rito per scongiurare qualsiasi tipo di patologia.

'Deve andare tutto bene, alla mia età e con tutto questo percorso, me lo merito'. Sento in questo il seme del dolore che spinge e non può essere vissuto a pieno, non adesso almeno, che si accovaccia al caldo di un'aspettativa altissima di salute e non solo. Mi chiedo come dovrà essere questo figlio che spero, fantastico perfetto non solo nel corpo, ma anche nel suo essere nel mondo.

Non posso non pensare a tutte le famiglie che negli anni ho incontrato che si accostavano all'adozione dopo aver percorso anche questo sentiero fatto di dottori, cliniche, tempi e cure. Non posso non pensare alla preoccupazione per le radici dei figli, ma come poterle fare crescere se non ci si sente per primi terreni fertili? 

Non posso non pensare a quel bambino già vecchio, che ancora attende di essere impiantato e che mi fa tanto andare la mente al desiderio di un bambino piccolo da adottare, come a tentare di accogliere ancora una volta proprio quel figlio che non è riuscito a vedere la luce.

Non posso non pensare a tutte quelle famiglie con le aspettative così alte sui figli che verranno o che sono venuti, sulla loro immagine di genitori e di famiglia come a risarcire quel duro lavoro e quelle fatiche e dolori che si sono dovuti viver per arrivare fin a quell'incontro da far dire 'ora mi merito il meglio'. 

Ma anche il corpo che viene accolto è un corpo segnato nel suo esser stato rigettato, escluso, lasciato, deposto, ferito, graffiato, bruciato, scalfito dal tempo e dall'incuria. È un corpo bambino che arriva con un cammino da adulto, con un passo che ha visto inciampi di evoluzione e che anch'esso attende di essere risarcito per le fatiche, le ingiustizie, le vane promesse, ricco di attese, nel migliore dei casi. 

È un corpo che ha imparato a sopravvivere, ad osservare le minuzie, a respirare il respiro dell'altro per comprenderne le intenzioni profonde, a farsi spugna, ad anticipare le mosse. 

Ed è dall'incontro di questi corpi che si può costruire un contatto fatto di avvicinamenti e allontanamenti, di una danza propria, che ciascuno deve e può rintracciare non senza fatica, correndo a volte il rischio di pestarsi i piedi, che succederà, succederà. Un contatto fatto di piccoli sfioramenti, a volte di spinte e di capriole e corse a perdifiato, di morsi al posto di abbracci. Ma questo contatto sarà tanto più semplice e facile e fecondo quanto avremo saputo ritrovare un'intimità con il nostro di corpo e un ascolto del nostro movimento in primis e, poi, una danza all'interno della coppia molto spesso delusa, ritrovando nel linguaggio non verbale un rinnovato strumento comunicativo, come un'antenna, ma anche come un tempio e in questo sacro, da leggere e usare con cautela, ma anche divertendosi.

Penso ai giochi di nascita, al cercare un'appartenenza rinnovata a partire da una reciproca estraneità dando sostanza, non solo metafora, ad un "noi" talvolta non ancora chiaro, ma ugualmente generativo, dando forma, per esempio a lenzuola-placenta laddove se ne sia avvertito la mancanza e il desiderio. 


La nostra associazione organizza attività dedicate alla famiglia adottiva e a chi intende avvicinarsi al mondo dell'adozione. Organizziamo conferenze e incontri dedicati ai temi a noi cari e molte attività dedicate ai soci.

Se lo desideri puoi diventare socio iscrivendoti presso le nostre sedi territoriali: cerca qui la nostra sede più vicina a te.

Puoi vedere tutti i nostri eventi in programma (anche eventi online) seguendo questo link.

Data di pubblicazione: 
Lunedì, Febbraio 13, 2023

Condividi questo articolo