Autore: 
Tiziana Cardella

SETTEMBRE! Le vacanze sono finite o quasi, le energie sono ripristinate o quasi, siamo pronti per la scuola. O quasi.

Molti genitori guardano con sollievo all’inizio della scuola, altri stanno già ri-entrando in affanno: avrò etichettato tutte le matite? Abbiamo comprato tutti i libri? Mi sento pronto/a per la tirata da qui alla fine MAGGIO? Già, perché nella filastrocca dei mesi, per i genitori che hanno figli che vanno ancora a scuola, si dovrebbe dire “di 28 ce n’è uno, tutti gli altri ne han 31 tranne maggio che ne ha 1893”. La sensazione è che sia infinito, perché a quel punto dell’anno gli adulti hanno accumulato stress da lavoro (o da mancanza di lavoro) e hanno avuto a che fare con la scuola, che non è sempre pronta ad accogliere le esigenze dei singoli; a maggio i bambini e i ragazzi, normalmente pieni di energia per definizione, non ce la fanno più, vorrebbero vivere in un mondo senza scuola e a volte è il contrario (le verifiche di maggio, talvolta diventano scuola senza mondo), sono stanchi e nervosi e noi viviamo con loro, quindi non c’è da stupirsi se si arriva a giugno un tantino provati.

Le incognite, durante l’anno scolastico, sono davvero numerose e variopinte: regnerà la gioia nel gruppo classe? Ci saranno cambi importanti tra gli insegnanti? Se è l’inizio o la fine di un ciclo, i nostri figli e le nostre figlie riusciranno ad affrontare felicemente le avversità e le nuove avventure che quest’anno particolare presenterà loro? A tutti questi “X factor” bisognerà aggiungere, per alcune famiglie, il cosiddetto “A factor”, cioè la presenza dell’adozione nelle loro vite.

I genitori adottivi, a qualsiasi età siano entrati in famiglia i loro figli, si trovano a moltiplicare lo stress in un caleidoscopio di imprevisti, sorprese e incognite, che rendono tutto - per carità - più frizzantino, ma anche parecchio più stressante. Quali sono le fatiche aggiuntive a cui sono sottoposti i vari “papà di Igor” e “mamma di Consuelo” che sono diventati genitori grazie (o anche grazie) all’adozione? Vi propongo, di seguito, un elenco - non esaustivo e che necessariamente generalizza - di fonti di stress:

- il RISCHIO GIURIDICO, nell’adozione nazionale, che porta con sé il dover spiegare ogni volta perché i nostri figli non possono essere fotografati, il perché se la squadra di calcio ci chiede lo stato di famiglia non possiamo presentarlo; il perché, in gita, magari in quella zona non ci possono andare, il perché alla recita di classe si chieda di non diffondere il video sui social;

- la trattazione della STORIA PERSONALE, nell’adozione nazionale e internazionale, dalla scuola per l’infanzia fino (a volte!) alla secondaria, in cui bisogna rinfrescare spesso la memoria ai docenti affinché non vengano chiesti oggetti di quando erano piccoli, ecografie prenatali e cronologia della prima parola, del primo passo, del primo dentino. Sono cose penose sia per i bambini, sia per i genitori, che si trovano a dover ricordare la sensibilità del tema per i propri figli. Spesso i docenti rispondono a questi nostri alert rassicurandoci sul fatto che i nostri figli sono felici con noi (che è un fuori tema) e che ci considerano i loro genitori (e io che credevo che ci vedessero più come degli amici, per frequentarci senza impegno…). Cercano di trasferirci la convinzione che “ormai” l’adozione è andata a buon fine, come se fosse una transazione in banca, che l’adozione “ormai” è un ricordo, perché magari i figli sono entrati nelle nostre vite quand’erano piccolissimi, o magari pur essendo diventati nostri figli già in età scolare, che “ormai” si sono abituati a noi e quindi non c’è più bisogno di fare attenzione a come viene trattata la storia personale, tanto “ormai” hanno capito. Sappiamo bene, però, che l’adozione è qualcosa che succede ed è irreversibile: esiste, accompagna la vita della persona adottata e dei suoi genitori sempre; è come avere delle miodesopsie (le “mosche volanti” che ogni tanto vediamo nei nostri occhi) familiari: a volte ne siamo più consapevoli e a volte il nostro cervello compensa e non ce la fa vedere, ma sono lì. A volte le cerchiamo apposta per seguirle e vedere come si muovono, ma non c’è cura, perché il Fattore A non è una malattia, e non “passa” perché è una condizione con cui si convive;

- la DOPPIA DISCRIMINAZIONE ETNICA, nell’adozione internazionale ma sempre più anche in quella nazionale, quando i nostri figli sono considerati stranieri pur essendo italiani e italiani quando si tratta di valutarli nella comprensione di concetti astratti o nella produzione di testi scritti;

- il potenziale carico simbolico che le FESTIVITA' portano con sé, trascinandosi dietro problemi irrisolti di genitori e figli, e genitori che non ci sono più, e figli che non ci sono più. Per ciascuno di noi, indipendentemente dal coinvolgimento religioso, le festività espongono continuamente all’immagine dell’unione familiare, al calore dello stare insieme. Che sia manifesta o meno, quest’idea della famiglia unita e felice viene riproposta in tutte le salse; può essere stressante in generale, ma nelle famiglie adottive può aggiungere un sacco di fantasmi a cui dover apparecchiare la tavola;

- il potenziale carico, decisamente palese, che la FESTA DELLA MAMMA, DEL PAPA', DEI NONNI si tira dietro: se può sembrare che passi inosservato per i nostri figli (e non è detto che lo faccia), probabilmente per i genitori è un retropensiero, quello che va ai genitori biologici dei nostri figli, che in qualche angolo del cervello gira, vibra, sibila, ogni anno, indipendentemente dal fatto che i nostri figli ricordino o meno, che abbiano conosciuto o meno le persone che li hanno fatti nascere. Anche qui: mosche volanti, talvolta abbastanza nitide;

- DIFFICOLTA' SCOLASTICHE E COMPORTAMENTALI: sappiamo che l’apprendimento e il comportamento sono influenzati dallo stato d’animo in cui si trovano tutti i bambini, tutti i ragazzini e ragazzi e che a ogni cambiamento di equilibrio (nuova scuola, nuovi insegnanti, nuovi compagni, nuove cose da imparare) può corrispondere un momento di squilibrio; nell’adozione, spesso vi si aggiungono ricordi di cambiamenti molto più traumatici, insieme a un’autostima statisticamente più bassa e la pressione - esterna e interna - ad adattarsi alla svelta di fronte alle novità può essere percepita in modo molto più potente. E’ un dato da tenere in considerazione, non una condanna o una diagnosi: talvolta ci troviamo nella situazione in cui la scuola legge tutto sotto la lente dell’adozione e la famiglia invece registra i consueti mutamenti in cui crescendo tutti incappiamo e viceversa, a volte la scuola dimentica la condizione adottiva mentre la famiglia si affanna a ricordarlo, cercando nel frattempo di non essere etichettata come inesperta o inutilmente ansiosa;

- ASSENZA DI PRIVACY E INVASIONI DI CAMPO: per le persone adottate e i loro genitori è un classico essere interrogati, in modo irrispettoso e invadente, sulla propria storia personale, su argomenti che invece sono di scarso o nullo interesse per le famiglie estranee all’adozione. Ai bambini vengono fatte domande sulle origini, sui fratelli, vengono richieste (anche dagli adulti, anzi spesso soprattutto dagli adulti) informazioni relative alla nascita o alle esperienze vissute prima di entrare nella famiglia attuale, come se potesse mai venire in mente di chiedere, ad alta voce e davanti al figlio stesso, dove e in che posizione si è stati concepiti o se in passato si è fatto uso di droghe o se si hanno problemi giudiziari o cose del genere. I genitori talvolta hanno a che fare con docenti e genitori di compagni di scuola che si imbarazzano a dichiarare l’età anagrafica, il proprio peso o il conto in banca, ma che non hanno problemi a chiedere i dettagli della tutela legale dei nostri figli, delle nostre precedenti gravidanze e del nostro sentire di genitori. E’ stressante. Soprattutto a MAGGIO, quando ormai è da SETTEMBRE che teniamo botta insieme ai nostri figli, a volte presi in giro dai compagni anche in quanto persone che sono state adottate, probabilmente dai figli di quelli che ci chiedono quanto abbiamo speso per portarci a casa il bambino.

E poi, ancora, l’anno scolastico finisce. A giugno la scuola finisce. Noi genitori adottivi siamo molto anziani, a giugno, perché siamo genitori e siamo umani e abbiamo caldo e non vogliamo organizzare nient’altro e stiamo ancora lavorando e non è ancora finita che già stiamo pianificando le prossime battaglie, quelle dei compiti delle vacanze da centellinare e quella del centro estivo in cui dovremo di nuovo spiegare, vigilare, sperare, perché nel frattempo la nostra alleata, la nostra amica, la nostra romantica avventura, la nostra acerrima nemica, la nostra cosiddetta babysitter, la nostra cosiddetta porta per il futuro, la nostra cosiddettissima seconda famiglia è finita, la scuola è finita, andata, sospesa, accantonata, chiusa, sciò, circolare, non c’è niente da vedere, almeno fino a SETTEMBRE se tutto va bene, ma ora è andata e lo sappiamo, perché siamo i quasi sempre impavidi e i quasi sempre inarrestabili genitori “A factor” che a SETTEMBRE si chiedono: filerà tutto liscio? ho etichettato tutte le matite? ho riletto le linee guida del Miur per gli alunni adottati?


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Data di pubblicazione: 
Sabato, Settembre 10, 2022

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