Autore: 
Roberta Lombardi

Estratto dal libro "Una scuola aperta all'adozione" di Anna Guerrieri, Monica Nobile con contributi di Roberta Lombardi, quella che segue è una relazione della dott,ssa Roberta Lombardi che affronta il tema della rabbia auto ed etero-diretta di una bambina nei momenti di frustrazione in classe. Si tratta di un esempio realistico. 

Se ne possono cogliere utili suggerimenti su come affrontare le situazioni per la stesura di un PDP (N.d.R.: piano didattico personalizzato) adeguato. Per la stesura di queste indicazioni la dottoressa Lombardi si è avvalsa anche di indicazioni espresse nel libro di M. Bomber - F. Vadilonga, Feriti dentro. Strumenti di sostegno dei bambini con difficoltà di attaccamento a scuola, Milano, FrancoAngeli, 2012. 

Inserita in prima elementare, in questi primi mesi di scuola C. ha presentato notevoli comportamenti disfunzionali, tanto da allarmare sensibilmente le sue insegnanti e da attivare una richiesta di consulenza specifica da parte della sua famiglia. Seguendo una metodologia ormai consolidata negli anni, dopo una prima anamnesi, è stato organizzato un incontro tra la scrivente e le insegnanti della bambina, per poter definire una lettura condivisa degli eventi e delle strategie atte al cambiamento. A seguito dell’incontro, è nata quindi l’esigenza di potersi confrontare anche sulla base di un testo scritto. Le riflessioni che seguono, hanno quindi l’intento di dare una sintetica ma chiara lettura della condizione di disagio che vive la piccola C., di come questa condizione si possa riverberare nel contesto scolastico e delle possibili strategie per affrontarla. È evidente che le indicazioni che seguono non vogliono sostituire una competenza propria del corpo decente, preparazione e sensibilità ben presenti nelle insegnanti della bambina e molto evidenti nell’incontro che ho avuto a scuola. Sulla base della esperienza con i minori adottati, però, sono convinta della utilità di una lettura degli eventi che sappia cogliere le particolarità che derivano da una condizione di deprivazione e di trauma precoce. Molte delle indicazioni riportate di seguito sicuramente sono già state messe in atto ma possono essere un rinforzo positivo per la strada intrapresa. Forse altre, mi auguro, potranno dare spunti per una riflessione. Da questo quindi ci si muove per questo scritto, ribadendo, comunque la piena disponibilità a un confronto diretto, che rimane sempre la strada migliore per uno scambio proficuo.

L’esperienza di abbandono e l’incuria in istituto

C. ha avuto una esperienza di istituzionalizzazione non molto lunga, ma in una fase cruciale del suo sviluppo. Non ha potuto sperimentare, quando era maggiormente necessario, una relazione sicura con un adulto affidabile, dedicato, consolatorio. Non ha potuto usufruire di quella preziosa funzione che svolgono le madri nei primi mesi di sviluppo dei loro figli, che consiste nel tenere nella mente il bambino, nel pensarlo, nel parlare per lui raccontandogli gli stati d’animo e le percezioni corporee che rileva. Purtroppo la scarsissima qualità nelle relazioni di accudimento primario comporta effetti anche dopo molti anni, sul piano dell’ideazione, del comportamento e delle relazioni. La buona qualità della relazione che C. ha potuto sperimentare con i suoi genitori a seguito dell’adozione le ha permesso di riparare in parte quelle ferite successive al trauma dell’abbandono e alla mancanza di una cura adeguata. Per lei, tuttavia, come per la quasi totalità dei bambini adottati, rimane comunque una particolare sensibilità ai cambiamenti, una fragilità nell’area delle relazioni sia con adulti sia con i pari, una difficoltà nel fronteggiare le frustrazioni. Il percorso di crescita le permetterà di recuperare anche questi aspetti, ma occorre molto tempo. 

Le difficoltà che presenta a scuola

Le difficoltà che le insegnanti hanno rilevato in questi primi mesi dell’anno scolastico sono facilmente comprensibili proprio alla luce della storia che la bambina porta sulle sue spalle. Ritengo però, avendo osservato C. sia a scuola che nell’interazione libera con i suoi genitori, che la bimba esprima delle forti difficoltà legate unicamente al passaggio da una scuola, insegnanti e compagni noti, a una situazione nuova e che sfugge al suo controllo. La sensibilità ai cambiamenti, infatti, è ancora molto forte. Sono però dell’idea che i comportamenti disfunzionali possano anche regredire, con lo stabilizzarsi delle relazioni, andandosi queste a definire in termini di maggiore rassicurazione e cura. Diventa importante, per questo, soprattutto l’atteggiamento che le insegnanti tengono in classe. È utile pensare al comportamento di C. come una comunicazione focalizzandosi quindi non tanto su quello che fa ma sul perché, tenendo conto che il comportamento disfunzionale è espressione soprattutto della sua ansia.

Strategie funzionali

Di seguito alcune strategie che ritengo utili.

Una relazione affettivamente connotata

La chiave principale per aiutare C. a superare i suoi problemi scolastici è la relazione: attraverso la relazione può essere accompagnata verso modalità più funzionali di vita all’interno del contesto classe, potendo raggiungere il controllo dei suoi stati emotivi e impegnandosi in relazioni più soddisfacenti con i coetanei. Ho potuto constatare negli anni come le difficoltà scolastiche, quali quelle presentate da C., si superino quando si riesca a instaurare una relazione stabile e appagante con almeno un insegnante che ‘ti prende a cuore’. Per questi bambini i normali e adeguati livelli di attenzione che un insegnante mette in gioco nella sua relazione con gli alunni, non sono sufficienti. Così come hanno bisogno di incontrare genitori speciali, che sappiano prendersi cura di loro con competenza e sensibilità particolari perché sensibili alla storia di deprivazione subita, allo stesso modo devono incontrare insegnanti ugualmente speciali, che accettino di mettere in campo, oltre che la loro certa professionalità e la loro grande competenza relazionale (caratteristiche proprie del ruolo svolto), anche la voglia di impegnarsi in un rapporto fatto di emozioni, sentimenti, affettiC. non è stata vista quando ne aveva bisogno, quando, piccolissima, cercava di rispecchiarsi negli occhi di un adulto che interpretasse per lei il mondo. Gli occhi di una madre non le hanno fatto da specchio nei primi mesi del suo sviluppo. Poi ha incontrato i suoi genitori e ha avuto una nuova occasione. A causa di questo, lo sviluppo emotivo di C. è in una fase precedente rispetto alla sua età anagrafica. Un bambino piccolo (diciamo alla materna) sarebbe facilmente preso in braccio, riceverebbe facilmente carezze, potrebbe facilmente alzarsi dal banco per muoversi nella classe e ricercare il contatto con gli adulti. Questi sono bisogni che C. esprime ancora. I bisogni primari di sicurezza e cura, che dovrebbe essere in grado di soddisfare da sola, in questo momento potrebbero richiedere ancora la mediazione di un adulto.

Il bisogno di contatto

C. potrebbe essere interessata a toccare l’altro, sedersi sulle ginocchia, essere tenuta per mano, sfregarsi addosso alla maestra, toccarle il seno. Queste richieste di vicinanza anche fisica sono parte del suo bisogno di essere rassicurata e vista dall’adulto. Vanno accolte, soprattutto in una fase iniziale e nei momenti di cambiamento. Attraverso questi contatti passa la relazione di cui la bambina ha bisogno. Consapevoli, però, che un necessario apprendimento per C. riguarda anche il come si gestiscono le relazioni sociali non possiamo certamente immaginare che negli anni mantenga questa modalità molto primitiva. Pertanto l’obiettivo – a lungo termine – della sua famiglia e in parte anche della scuola, deve essere quello di aiutarla a entrare in relazione in modo socialmente accettato da tutti, in tutti i contesti.

Una gestione delle regole all’interno di una relazione affettiva

I bambini che hanno sperimentato l’abbandono possono confondere profondamente l’adulto che si relaziona a loro. Questo perché vedono il mondo a volte in modo molto diverso dalla maggior parte delle persone: in particolari situazioni (come nelle fasi di cambiamento, di passaggio) il loro linguaggio è quello del trauma e della perdita. In questa ottica possiamo leggere le reazioni di isolamento, o le eccessive richieste di vicinanza fisica (contatto) con l’adulto, o i moti di rabbia, le azioni distruttive, i gesti violenti verso i coetanei. Come fare dunque per rispondere ai comportamenti spesso molto disfunzionali? La relazione con l’adulto è la chiave. L’obiettivo immediato è abbassare i livelli di ansia della bimba. Poi si potrà intervenire per aiutarla a comprendere. Ma la prima cosa è poterla far uscire dalla sua ansia. Pertanto, a seguito di un evento rabbioso o distruttivo, risulta spesso poco utile (a volte anzi controproducente) la punizione o la ‘sgridata’, perché allontanano dall’adulto. E proprio la lontananza è il mostro più temuto da C.! Se teniamo conto che C. si detesta (ha una stima di sé non coerente, per cui passa da una buona considerazione alla critica senza appello), diventa anacronistico che la critichiamo, sgridiamo o addirittura puniamo per i suoi comportamenti inadeguati.

Un linguaggio che indichi ‘come’ e non ‘cosa’

Inutile dire «Calmati», «Concentrati», «Sii paziente». Assumiamo che C. non è in grado di comprendere queste istruzioni. Non diamo per scontato che capisca cosa ci aspettiamo da lei in quel momento, in primis perché può non avere ancora molto chiaro il senso di alcuni nomi di emozioni; ma anche perché può vivere talmente tanta confusione (dovuta al forte stato d’ansia) che non le permette di cogliere (nel momento della crisi) i significati. Bisogna fare degli esempi concreti di quello che ci aspettiamo: Es.: se sta urlando, invece di dire «Calmati» oppure «Fermati» si può dire «C., usa una voce meno squillante. Sussurra invece di urlare. E inizia a respirare più lentamente. Il cuore batte forte forte quando siamo agitati e così anche il respiro corre veloce. Tu prova invece a respirare lentamente. E poi piano piano si rimetterà a posto tutto quello che è caduto (se ha buttato oggetti per terra e rotto cose) così le cose andranno di nuovo al loro posto...».

L’atteggiamento dell’adulto

I bambini con un disturbo della relazione a seguito di una precoce deprivazione possono metterci molto in difficoltà. Possono farci sentire incapaci, inutili, spaventati, rifiutati, molto arrabbiati, sul limite di perdere il controllo, al limite della nostra pazienza, confusi, invasi. O anche, possono farci sentire molto tristi, demoralizzati, totalmente presi dal loro comportamento fuori le norme (non riusciamo a toglierceli dalla mente). Ci sono dei comportamenti, però che non possiamo permetterci, perché non sarebbero utili ad aiutare C. a ridurre il suo stato di ansia, a sentirsi sicura, a potersi affidare a un adulto. Diventa molto funzionale, quindi:

  • atteggiamento di attenzione e cura;
  • senso dell’umorismo;
  • calma e fiducia;
  • non essere assolutamente né spaventati né angosciati.

Attenzione ai momenti che indicano passaggio o cambiamento

I cambiamenti possono portare grande ansia in C., soprattutto se sono imprevisti. Questa ansia può essere agita attraverso i comportamenti. I segnali che indicano che C. è in ansia sono molteplici: iniziare a girare per la classe, diventare aggressiva, sviluppare piccole ossessioni (es. oscillare), irrigidirsi sul piano corporeo, disturbare la classe, isolarsi, fare a pezzetti qualcosa e iniziare a giocherellarci, cantare o parlare in modo ‘inappropriato’ e ad alta voce, lamentarsi per un disagio fisico (es. mal di testa), fare il pagliaccio, sembrare ‘fuori dalla spazio’, sussurrare tra sé in modo ripetitivo, sobbalzare come se ci fosse un forte rumore, grattarsi via delle crosticine ecc. Teniamo in mente che fa tutto questo per poter rispondere all’ansia per una situazione che non riesce a controllare, incerta. Particolare attenzione generalmente merita l’inizio della giornata con la separazione dall’ambiente domestico e dai genitori. Non fatevi ingannare se C. dovesse sembrarvi indifferente alla separazione, a volte i bambini cercano di dissimulare la loro ansia ‘facendo finta di niente’, però poi l’agiscono in classe. Utile è ‘vedere’ C. quando arriva, salutarla magari informandosi anche su come sta ecc. A volte può essere necessario permetterle di portare con sé un ‘oggetto’ che faccia da ponte con la casa (come per i bimbi più piccoli), che può essere qualcosa di concreto o anche un piccolo scritto della mamma, una spruzzata di profumo della mamma ecc.

Serve attenzione ad aiutarla a gestire i cambiamenti nell’arco della giornata. Utile sarebbe fare con lei il programma della giornata scolastica ogni mattina, prima di iniziare. Molti bambini con esperienze di deprivazione hanno difficoltà a organizzarsi nel tempo. È utile poter aiutare la bimba a capire la struttura della giornata proponendole una tabella oraria ogni giorno, con particolare attenzione ai cambiamenti di insegnante, di classe, di materia ecc. Questo le permetterà di prepararsi ai cambiamenti. Lo stesso vale per i momenti dell’anno scolastico che indicano cambiamenti (le vacanze, gli addobbi per le feste, la fine della scuola).

Va altresì aiutata a tollerare l’attesa di un evento o di essere interrotta in un compito. Potrebbe capitare che C. stia svolgendo un compito e che debba interromperlo per qualche motivo oppure che debba svolgere un compito ma che questo vada spostato nel tempo. Un tempo ‘spezzato’ (non fluido, non in linea con le sue attese) può essere causa di grande ansia. Il parlare con lei in questi casi è poco utile, come dire «Ora devi interrompere ma potrai continuare il tuo disegno domani» oppure «Ora non puoi fare questo, ma potrai farlo domani». La causa dell’ansia è la ‘certezza’ che l’adulto non manterrà la sua promessa, perché per C. l’adulto non la tiene ‘nella sua mente’, si dimentica di lei. Utile allora usare degli strumenti ‘di passaggio’, come una memory card: un biglietto su cui si disegna o si scrive quello che lei potrà fare dopo, e dopo quanto tempo. Le si dice chiaramente che quel foglietto ricorderà a entrambi cosa succederà dopo.

Aiutarla a regolare l’eccitazione

In questa fase del suo sviluppo, C. non è ancora perfettamente in grado di identificare o differenziare le diverse sensazioni ed emozioni, e pertanto può non essere in grado di calmarsi da sola, di esprimere le sue sensazioni e i suoi bisogni. In questo apprendimento, che richiede ancora alcuni anni, la scuola riveste una grande importanza, insieme alla famiglia, naturalmente.

a) Come abbiamo detto più volte il primo obiettivo è aiutare la bimba a prevenire esperienze potenzialmente ansiogene facendo faticosamente in modo che non accadono senza puntare immediatamente a insegnare a gestirle. È possibile infatti che non accadano più (o raramente), se si procede nel giusto modo. Vanno messe in atto, come già detto, attività finalizzate a informare C. di quello che accadrà nella giornata, in modo che lei possa mantenere il controllo.Va tenuto anche in conto che per ciascun bambino ci sono degli ‘attivatori’ specifici di ansia, per il legame che ne hanno fatto con sensazioni e paure: suoni, rumori, odori che possono far scattare la risposta di ansia, perché legati inconsapevolmente a qualcosa. Per C., ad esempio, un oggetto che induce alti livelli di ansia è il crocifisso, a causa dell’aggressività e violenza che C. vi vede rappresentate (il sangue, i chiodi, la passione). È importante poter conoscere i vari trigger (attivatori) e, laddove possibile, evitarli.

b)  È importante riconoscere quando l’ansia sta salendo. Abbiamo già descritto gli indicatori di ansia, ciò che ci dice che ‘qualcosa non va’. Bisogna quindi aiutare anche C. a capire che il suo umore sta cambiando. Utilizzando frasi descrittive (es: «Vedo che inizi a saltare da tutte le parti. La lezione oggi è stata troppo lunga e faticosa. Senti di aver bisogno di fare una pausa. Adesso puoi prendere il necessario per fare un disegno così il tuo cuore riprende a battere calmo calmo. E poi tra quindici minuti riprendiamo a scrivere le lettere»). Tra l’altro quando l’ansia sale il poter fare una pausa è essenziale (time out!). Questo significa dare la sensazione a C. che noi l’abbiamo nella nostra mente (pensiamo i suoi stati emotivi) e significa dare ‘agganci linguistici’ al suo sentire e alle sue emozioni (dare etichette, parole). Si può aumentare la vicinanza fisica con C. (anche cercando un piccolo contatto come una mano sulla spalla), le si può dare un piccolo oggetto che si può identificare come ‘il nostro oggetto del cuore calmo calmo’.

c)  Se è già iniziata una crisi (urla, rottura di oggetti) bisogna sapere di poterla controllare: La crisi è espressione (comunicazione) del terrore, della paura del rifiuto, dell’autosvalutazione. Si deve mantenere la calma. Pensate in primis che qualsiasi cosa faccia o dica non è un attacco personale a voi. Non ci si può arrabbiare. La vostra rabbia può essere interpretata come una collera distruttiva, un rifiuto della relazione. Questo non significa non veicolare le regole, significa veicolarle all’interno di una relazione autentica. In sintesi come reagire a una crisi di rabbia distruttiva: 

  • niente panico (ne ha già abbastanza C.!);
  • cercare il proprio rilassamento, la propria stabilità (anche sui piedi);
  • dire a tutti gli altri in classe che è tutto a posto;
  • non urlare: con tono fermo, neutro, controllato e lento, dire «basta, stop»;
  • spazio fisico: C. deve essere calmata da una sola persona, non da un gruppo, e la persona si tiene a una certa distanza fisica, evita il contatto oculare diretto, piuttosto un contatto oculare intermittente (che va sulla bimba ma poi si sposta e poi torna); - provare a distrarre C. proponendole un cambiamento, ad esempio: «Non so tu, ma io ho una gran sete, andiamo a prenderci una bottiglietta d’acqua alla macchinetta, vieni?...»;
  • non ignorare la bimba, ma ignorare il suo comportamento;
  • molto utile proporre (iniziando a farla) un’attività ripetitiva (es. contare, dividere: «Mi aiuti a dividere queste matite dalle penne per rimetterle nell’astuccio, sono tantissime, da sola ci metterei un’infinità»);
  • Quando la crisi passa aiutare C. a fare un gesto di riparazione (un biglietto al bambino che si è spaventato, rincollare il cartellone rotto). Questo è il momento in cui si può riprendere un contatto fisico. Per la bimba è importante poter ‘riparare’ al suo gesto.

Collaborazione

Come ultima indicazione, che non ho intenzione di argomentare perché già certamente condivisa, riporto la necessità di mantenere una comunicazione scuola-famiglia sempre aperta, trasparente, chiara. C. ha bisogno di un sistema armonioso per poter procedere nel suo percorso di crescita. Il viaggio è iniziato in salita, ma sono certa che porterà a grandi soddisfazioni tutte le insegnanti, la scuola e soprattutto la nostra piccola C.


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Data di pubblicazione: 
Venerdì, Agosto 12, 2022

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