Autore: 
Sara Leo

Sono passati quattordici anni da quando Paola e Joachim sono diventati genitori di Lucia e dodici da quando hanno intrapreso il cammino per incontrare Rohith, il loro secondo figlio. Ce lo racconta l’autrice di “Progetto Aranjuez”, il libro pubblicato per la Collana Genitori si diventa, giunto alla seconda edizione, in cui, con una nuova ed emozionante introduzione, Paola Minussi riprende il suo racconto. Ci aveva lasciato dopo l’incontro con la loro prima figlia e con il proposito, due anni dopo, di iniziare il cammino verso un fratello o di una sorella, attraverso l’adozione internazionale. Cosi Paola ha ripreso a narrare, prima della vita in tre, in attesa di diventare quattro, un tempo tanto lungo (ben 7 anni), quanto intenso e, poi, finalmente tutti insieme, nella vita di ogni giorno.

Scritto sotto forma di diario, “Progetto Aranjuez. Diario di bordo di una madre adottiva aveva inaugurato la sezione Contrappunti della Collana, accompagnando il lettore nelle diverse tappe del percorso adottivo che, a volte, si rivela un vero e proprio percorso ad ostacoli.

Paola racconta: il diario di bordo di una mamma adottiva

Progetto Aranjuez è nato circa vent’anni fa, nei giardini del palazzo di Aranjuez in Spagna, quando Paola e Joachim diedero voce a quel desiderio che fino ad allora era rimasto inespresso nei loro cuori: <<Facciamo un figlio?>>. Da quel momento Paola aveva iniziato a scrivere un diario, descrivendo le avventure e le disavventure che via via avevano affrontato per diventare genitori della loro prima figlia, a cui è dedicata la prima edizione:

Proprio oggi in questo giorno speciale, voglio iniziare a raccontarti chi erano Paola e Joachim, come vivevano prima di incontrarti, quanto ti hanno aspettato e desiderato e quali battaglie hanno combattuto per diventare la tua mamma e il tuo papà.

5 dicembre 2006

Da quel giorno la famiglia si è allargata e vive oggi una vita a quattro, felicemente indaffarata. Così, mentre Lucia (che in realtà si chiama Valentina) è ormai adolescente, Rohith cresce, facendo sempre più suo quel legame con la mamma, giocando con lei, e chiedendole spesso di farlo nascere dalla sua pancia. E intanto, come racconta e scrive Paola:

Joachim ed io gravitiamo nelle loro galassie, osservandoli con curiosità, stupore e tanto amore, cercando di essere flessibili e sensibili al loro sentire e ai loro movimenti, in modo da avvicinarci oppure da lasciare loro lo spazio di cui hanno bisogno. Siamo così, come molte famiglie del terzo millennio in Europa.

Paola si racconta in modo autentico e con quel filo di ironia che colora le pagine, rendendole vive. Così, con lo stesso spirito, ci ha confidato di quanto sia stato per lei terapeutico lo scrivere: “Il libro è nato come un mio sfogo, attraverso il quale mettevo su carta quello che accadeva, giorno dopo giorno, per poi, a posteriori, rileggere con la giusta distanza. Non solo, ho voluto descrivere tutte le tappe del nostro viaggio, per raccontare a Lucia ciò che è stato prima del nostro incontro e per condividere la nostra esperienza con altre coppie”.

Dalla prima alla seconda adozione

Nella nuova introduzione, Paola racconta cosa è cambiato tra il primo e il secondo percorso adottivo, soffermandosi sui momenti più salienti e sui fatti della vita accaduti, strada facendo, nella loro famiglia.

Nel percorso della seconda adozione, fu coinvolta anche Valentina che aveva circa 4 anni. Lo psicologo le chiedeva di disegnare e benché non le piacesse farlo, ne vennero fuori dei bei dipinti colorati che mostravano come Lucia avrebbe affrontato in modo positivo l’arrivo del fratellino o sorellina. Poi, con lei congelammo un po’ il discorso perché non volevamo sovraccaricarla del tempo dell’attesa, anche perché i bambini a quell’età non hanno percezione del tempo. Il secondo percorso durò sette anni da quando presentammo la nostra disponibilità a quando salimmo sull’aereo diretto per l’India. – e ha aggiunto – La più grande differenza tra i due cammini è che, mentre il primo si vive in coppia fino a quando si diventa genitori, il secondo si vive mentre scorre la quotidianità della famiglia dove un bambino già c’è”.

La strada verso Rohith

Durante il primo percorso adottivo, Paola e Joachim hanno vissuto un iter non sempre (troppo) facile e tra i vari momenti raccontati nel libro c’è anche quello della ricerca dell’Ente. Infatti, avevano dato la loro disponibilità sia per l’adozione nazionale, che per quella internazionale, per la quale occorre dare mandato ad un Ente Autorizzato. Lo avevano trovato ma il loro destino era un altro; Lucia, la loro prima figlia, li aspettava in Italia. Poi, quando venne il tempo della seconda adozione, non ebbero dubbi.

Tra tutti gli enti che avevamo visitato per la prima adozione ce ne era stato uno che ci aveva subito conquistato, sia per la serietà con cui affrontava il tema dei minori in difficoltà, sia per la competenza e la sensibilità delle operatrici che avevano raccontato la loro esperienza sincera, onesta e appassionata all’interno dell’ente, frutto di trent’anni di lavoro nel settore. Affidammo proprio a loro il futuro della nostra famiglia.

Af-fidarsi

Parlando con Paola ci siamo soffermate sulla parola affidarsi.

“Nell’adozione le famiglie sono consapevoli che il percorso dipende da altri.  Nella scelta dell’Ente è importante fidarsi e affidarsi. Due dei fattori importanti sono la correttezza e l’umanità, linee guida salde perché non ci siano ombre sui bambini”.

Finalmente Rohith

Del nostro viaggio porto nel cuore immagini nitide, dai colori forti, dai profumi intensi. Il bozzolo di aria calda che ci avvolse appena uscimmo dall’aeroporto e che non ci abbandonò mai, il caldo appiccicoso sulla pelle, la stanchezza di un viaggio durato molte ore, l’adrenalina di poter finalmente abbracciare Rohith, il nostro bimbo che ormai aveva tre anni e mezzo.

Del nostro primo incontro ho impressa nella memoria questa foto: Lucia che tiene in braccio Rohith (che è davvero minuscolo, molto più piccolo di un bimbo di quell’età), Rohith che prende in mano gli occhiali di Joachim e gioca a metterli e toglierli a Lucia. Lei che lo maneggia con la destrezza e con l’orgoglio di essere la sorella maggiore.

“Rohith è molto fiero del suo nome - racconta Paola - In hindi significa “Il primo raggio rosso di sole del mattino”. Non è un caso, forse, che quando Paola e Joachim, convocati dall’Ente per l’abbinamento, si misero in viaggio per raggiungere la sede dell’incontro, furono accompagnati da quel primo raggio di sole del mattino di una fredda giornata di ottobre. Proprio quel giorno videro per la prima volta il viso di Rohith in fotografia e da allora fu un “per sempre”.

“Il primo raggio di sole” è anche il titolo del libro che Paola ha scritto e dedicato a suo figlio. “È una favola che narra di un Paese lontano, attraversato da un grande fiume e di un palazzo altissimo dove vivono le bambine e i bambini che aspettano di trovare la propria famiglia. Di questa storia, Rohith è molto orgoglioso”.

L’adozione, un pensiero che cresce in consapevolezza

Ho domandato a Paola come è cambiato il suo pensiero sull’adozione in questi anni e cosa suggerisce alle coppie che si stanno avvicinando a questo percorso o che lo hanno già intrapreso.

“Parlo di adozione sempre con toni entusiastici; è un percorso meraviglioso che mette di fronte a tante sensazioni, emozioni e ad un’analisi interiore importante. Ciò che mi sento di dire alle coppie è di prendersi il giusto tempo per sondare le motivazioni, perché è un percorso di apertura, in cui deve esserci la disponibilità a mettersi in discussione. – e ha aggiunto - Per adottare ci vuole quel pensiero in più perché le situazioni sono tante e diverse, a volte più complicate e dolorose di quello che immaginiamo (benché assistenti sociali e psicologi dipingano spesso a tinte accese le difficoltà a cui andremo incontro) ed è importante che nella coppia ci sia una buona sintonia e reciproco ascolto. Non solo, è fondamentale essere elastici, flessibili e trovare un modo per comunicare, inventandosi giorno per giorno, anche quando il tema dell’adozione torna, nelle fasi cruciali della vita, come l’adolescenza.

Paola ha concluso con un pensiero sulla condivisione delle esperienze e sul confronto tra le famiglie: “Credo sia molto importante far parte di una rete, come quella delle associazioni familiari. Il consiglio è di non chiudersi e quando serve, nelle difficoltà, chiedere aiuto”. 

Ritrovarsi e riconoscersi nelle emozioni e nelle sensazioni narrate è un’esperienza che arricchisce. Ecco perché i libri sono belle occasioni d’incontro.

(Photo Credit: Joachim Geissler)

Data di pubblicazione: 
Mercoledì, Ottobre 2, 2019

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