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Recensioni

Il rumore dell'erba che cresce

di Marco Scarpati


Tipologia: Libro
Edito/prodotto da: Edizioni Infinito
Genere: Testimonianza
Argomento: Abusi sui minori

“… il dolore è come il rumore dell’erba che cresce. Ogni giorno, di poco o di tanto, l’erba cresce sino a morirne. E crescendo fa rumore. Ad alcuni può sembrare una dolce melodia, ad altri un frastuono. Ma fa rumore. Eppure solo pochi lo riescono a sentire. Anche il dolore, quello dei bambini soprattutto, è così. Per alcuni non si sente, mentre per altri è insopportabile.”

Ho letto questo nuovo libro di Marco Scarpati di notte, quasi di corsa, senza riuscire a fermare lo sguardo sulle pagine più dure. Alcune righe le ho scorse usando una piccola luce per non disturbare chi mi dormivaaccanto. Ho poi provato a rileggerlo e ripercorrerlo con calma ma ho scopertoche alcune cose faccio davvero fatica ad acquisirle come dati di fatto, eventi accaduti. Leggendo non voglio pensare quello che leggo, o meglio non voglio raffigurarmelo dentro.

 

Non è il primo libro che ho per le mani su questi argomenti, sicuramente non il primo sulla Cambogia. Il primo su questo paese risale a tanto tempo fa, quando ero un’adolescente e lessi il Racconto di Pew, bambina cambogiana, di Natalia Ginzburg. Nel tempo mi trovai ad inseguire le informazioni su questo paese, cercando nei libri, nei giornali, nei film piccole tracce di spiegazione di quel che vi era accaduto e vi accadeva. Ricordo Grida dal silenzioe ricordo certi articoli del New Yorkersu cosa significasse parlare di “pace” in Cambogia, di come non si potesse far finta che i Khmer Rossi fossero parte di un passato chiuso e terminato con l’entrata dei vietnamiti a Phnom Penh, articoli dove si chiarivano le responsabilità dell’Onu e delle politiche dell’occidente. Ricordo anche ilbellissimo Danzando in Cambogia di Amitav Gosh.

 

Poi, molto molto dopo, mia figlia, un caso forse o forse no. Da tempo non cerco più significati nascosti in quel che succede alla mia vita e mi abbandono all’intima certezza che tutto quel che accade è sempre il frutto di scintille accese tanto tempo prima.

 

Ho letto anche vari altri libri su quegli adulti che in un attimo distruggono senza esitare il corpo e l’anima di un piccolo costruendosi mille scuse e mille giustificazioni, sempre pronti a sfruttare la povertà e la miseria di realtà lontane da casa. Ricordo Schiavi o bambinidi Ron O’Grady (sempre per ECPAT), Bambinidi vita di Mari-FranceBotte. Tutti libri che mi hanno fatto male.

 

Tuttavia leggendo il libro di Scarpati ho finito per ritrovare qualcosa che mi ha toccato più a fondo, qualcosa di me. Magari si tratta della consapevolezza e della concretezza della figlia che ho accanto, bella di quella bellezza che “è un pregio in tutto il mondo” ma in Cambogia no. E’ il sapere quel che è scritto nel libro per esserci stata anche io, per aver respirato la stessa aria dei bambini raccontati da Scarpati, o peggio degli adulti che li usano. Non è più come leggere in un libro di un luogo ideale e lontano, un posto “da compatire” seppur in senso sincero e non pietistico. Penso ai giorni passati lì e sento come siano stati assurdamente troppo pochi, buoni per sfiorare appena un luogo dell’anima, come è la Cambogia.

 

Mi hanno fatto molti doni i miei figli ed uno è certamente lo scoprirmi figlia di un mondo molto ampio ed in cui non riesco più a trovare confini geo-politici che abbiano un senso per me. Sono diventata inevitabilmente meticcia, mista, europea d’oriente, asiatica e africana. Un altro è la capacità di vedere ed ascoltare il dolore dei bambini, di toccare la loro solitudine, di aver scoperto la sofferenza di chi non appartiene a nessuno per davvero. Lo debbo a loro.

 

Forse anche per questo ho trovato il libro di Scarpati per niente astratto, bensì concreto ed urgente. Vi ho letto tutta la passione dell’autore, la sua rabbia repressa e la stanchezza per il dolore dell’erba che cresce, per i delitti commessi sui bambini, per l’indifferenza degli adulti, per la connivenza di chi si fa complice, di chi chiude gli occhi, di chi passa avanti.

 

Ci sono alcune piccole cose che mi piace ricordare tra le tante situazioni descritte dall’autore, tra queste il suo cercare di restituire sempre con semplicità la tenerezza di un abbraccio a chi è stato usato solo come merce bambina. Vi ho letto l’imbarazzo dell’uomo che sa bene di poter suscitare immagini e ricordi di abuso e sofferenza ma che cerca comunque di offrire la dolcezza di una carezza, di un affetto a bambine e bambini che sono stati derubati spaventosamente della spontanea bellezza del toccarsi.

 

Ho anche notato il ripetere più e più volte dell’autore che nessuno fa niente per altri che sé stesso. Credo anche io che il rischio, nel cercare di agire nel sociale, sia sempre quello di credersi onnipotenti ed unici ed irripetibili: “E’ proprio quandosi crede di star facendo qualcosa di unico al mondo e se ne diviene geloso, che si sta sbagliando tutto e si deve avere la forza di lasciare.” Mi è piaciuto questo richiamo frutto di un percorso che sicuramente è stato anche travagliato.

 

Il rumore dell’erba che cresce va comprato e diffuso, regalato a più persone possibile impegnandosi in un’azione culturale capillare che porti tutti a rendersi conto che violentare un bambino è un delitto contro l’umanità. La Cambogia è un simbolo di quel che succede in troppe parti del mondo, simbolo dell’incapacità degli adulti di pensare i bambini come tesoro prezioso che tutti abbiamo il dovere di proteggere e accudire. (Acquistando questo libro contribuirete alle battaglie di Ecpat: i diritti d’autore di questo volume saranno devoluti alle attività di Ecpat Italia a sostegno delle piccole vittime dello sfruttamento sessuale).

Recensione a cura di  Anna Guerrieri
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