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Adozione e Scuola: questione di equilibrio

A cura di: Viviana Rossetti 
Data: 02-10-2008
Argomento: Scuola

Di fronte alle difficoltàscolastiche dei bambini adottati diventa prioritaria la necessità di mantenereun delicato equilibrio fra due tendenze opposte ma ugualmente deleterie.

La prima, chiamata “rifiuto delladifferenza”, consiste nel negare decisamente qualsiasi differenza fra l’esserestato adottato e l’esser stato generato dai propri genitori, in un tentativo diassimilazione della filiazione adottiva a quella naturale.

Tale tendenza è spessoresponsabile, soprattutto a scuola, di un mancato adattamento del contestoambientale alle esigenze di ogni singolo bambino e al rispetto della suastoria: si tratta di quelle situazioni in cui il programma “impone” diaffrontare un argomento, ad esempio “la storia della mia vita”, e ciò vienefatto in modo impersonale e decontestualizzato perché si deve fare, ma senzachiedersi quale impatto possa avere su quel bambino e sul suo percorsoevolutivo.

Altri esempi ancora possonoverificarsi in quelle situazioni in cui, dopo qualche mese di permanenza nellascuola italiana, tratti in inganno da una sufficiente competenza linguisticaformale rispetto all’uso concreto del linguaggio da parte del bambino, lerichieste vengono uniformate al resto della classe presupponendoun’interiorizzazione di significati e un’abilità metalinguistica che non semprecorrispondono alla capacità di usare il mezzo linguistico come viene invecerichiesto.

L’altra tendenza deleteriaconsiste nell’insistenza sulla differenza fra filiazione adottiva e filiazionebiologica, che viene enfatizzata al punto da ricondurre la causa di qualsiasiproblema incontrato (soprattutto quelli di comportamento) all’adozione.

Le conseguenza possono esserealtrettanto deleterie per il bambino che rischia di non veder riconosciutedifficoltà, scolastiche e non, che prescindono dall’adozione e che riguardanoinvece la crescita e lo sviluppo di ogni bimbo.

In questa situazione, inoltre, sirischia anche di colpevolizzare inutilmente i genitori, che si sentonoimplicitamente accusati di non essere in grado di offrire al figlioquell’ambiente accogliente e sereno che gli permetterebbe di affrontare ledifficoltà legate alla sua storia adottiva e di mostrare quindi un rendimentoadeguato.

Quanto volte gli insegnanti (eanche i genitori) pensano ingenuamente “va male a scuola perché è statoadottato…”, come se la condizione adottiva conducesse inevitabilmente ad uninsuccesso scolastico a priori che non è legato alla singolarità e unicità diogni singola esperienza, ma che viene associato in modo arbitrario esemplicistico all’adozione più per stereotipo che per cognizione di causa.

 

L’esperienza professionale nelcampo dei disturbi di apprendimento e in quello delle difficoltà di origineaffettiva dovrebbe insegnarci che di fronte ad un bambino adottivo che presentiuna difficoltà scolastica, comportamentale o affettiva, non bisogna maidimenticare due cose: la prima è che abbiamo di fronte un bimbo con una storiaparticolare, difficile e dolorosa, e che tale storia potrebbe avergli lasciatodelle cicatrici invisibili all’occhio dell’adulto ma non per questo menodolorose e profonde; la seconda, non meno importante, è che il bambino cheabbiamo di fronte è un bimbo con pari diritti rispetto ad un figlio biologico,compreso purtroppo il diritto di mostrare quelle difficoltà e quei problemi chequalsiasi bambino può incontrare nel suo percorso di crescita, come ad esempiola dislessia o un altro disturbo specifico dell’apprendimento.

È importante, quindi, mantenereun sottile ma difficile equilibrio fra la storia adottiva di ciascun bambino,che non va mai dimenticata o “normalizzata”, e il contesto attuale e reale delbimbo, che va oltre il suo passato e che non può da questo essere “cancellato”e dimenticato.

 



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