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L'assenso della famiglia biologica nell'affido consensuale

Autore/i: Michele Augurio

Data: 21-01-2008
Argomento: Affido

Come già accennato nel precedente articolo l’affido consensuale è uno degli strumenti giuridici previsti nella normativa e si basa sul prioritario assenso, a tale intervento, della famiglia naturale del minore.
Per poter attuare questo progetto di aiuto, a mio avviso, è importante che vengano rispettate e modulate alcune prassi metodologiche:
1) chiara consapevolezza della famiglia naturale del bambino
2) rispetto dei ruoli e dei tempi di affido
3) interscambio relazionale tra la famiglia naturale e la famiglia affidataria.
Non è possibile realizzare l’affido consensuale senza una esplicita richiesta della famiglia naturale del bambino; per attuare ciò non si può che partire da una piena consapevolezza, da parte dei genitori naturali del minore, di una problematicità esistente nel nucleo. Solo attraverso questa consapevolezza è possibile che i genitori acquisiscano una piena comprensione del progetto di aiuto, attraverso uno strumento relazionale, qual è l’affido, non vissuto come interferente o giudicante nei loro confronti. Molto spesso i genitori naturali preferiscono l’inserimento in comunità del loro bambino, poiché vivono questa sistemazione come neutra dal punto di vista affettivo. L’affido, se non ben spiegato e compreso, viene letto come una interferenza affettiva, con tutte le paure che tale interferenza suscita.
Si ha paura di confrontarsi con un contesto familiare “considerato positivo” e quindi giudicante e distante dal loro modello familiare. Si ha paura che il bambino faccia delle differenze tra i due livelli relazionali e quindi si allontani affettivamente dai suoi genitori naturali.
La lettura di queste difficoltà non può essere né sottaciuta, né evitata se si vuole realizzare un vero processo di aiuto. Ciò significa che la famiglia naturale e la famiglia affidataria devono avere la possibilità di conoscersi, capirsi ed interagire all’interno di una rete comunicativa.
La famiglia affidataria, da subito, deve sapere che diverrà un punto di riferimento anche per gli adulti e che in alcun modo dovrà sostituirsi ad essi nell’affetto e nelle relazioni prioritaria tra genitori e figli. Si dovrà evitare di essere o farsi chiamare “mamma o papà”, sapendo che ciò sarà fonte di dolore e contrasto con i genitori naturali; si dovrà assumere un ruolo più delicato, proponendosi nei confronti del bambino come sostegno e quindi accompagnandolo sempre verso i suoi veri genitori, valorizzando il loro ruolo, la loro presenza, pur nelle difficoltà che stanno attraversando.
L’affido consensuale si basa quindi su un rispetto di ruoli e di tempi che non possono essere dilazionati; non è possibile prevedere un affido consensuale superiore ai due anni. L’accordo sottoscritto dalle parti - famiglia naturale, famiglia affidataria e servizi territoriali – deve essere ratificato dal Giudice Tutelare; qualsiasi ipotesi di proroga può essere concessa, nell’esclusivo interesse del minore, non più dal Giudice Tutelare ma dal Tribunale per i Minorenni, che valuta l’efficacia del progetto tenendo presente i bisogni, le motivazioni del bambino e del suo contesto familiare naturale.
E’ quindi opportuno, per chi si avvicina all’affido, aver presente quale ruolo viene ad assumere in un affido consensuale: un ruolo di alleanza con i genitori naturali.
Questi ultimi devono pienamente fidarsi della famiglia affidataria e non viverla come antagonista. Il progetto di aiuto deve essere pienamente condiviso da entrambe le famiglie nel rispetto dei reciproci ruoli.
Il bambino deve sentire l’unicità dell’intervento ed avere da parte dei coniugi affidatari un ritorno positivo sui suoi genitori naturali.
I contrasti che potranno sorgere tra gli adulti, devono essere immediatamente chiariti e ri-definiti gli ambiti su
cui si intende procedere. Questi contrasti, se affrontati con l’intermediazione dei servizi, non susciteranno paure nei genitori naturali.
E’ opportuno tener sempre presente che l’alleanza affettiva e relazionale tra gli adulti è alla base del progetto di aiuto; se ciò non avvenisse o non si realizzasse si rischierebbe di invalidare tutto l’intervento, a discapito del bambino e del suo sviluppo affettivo.
I genitori naturali temono che nell’affido si instauri un forte rapporto affettivo del proprio figlio con altre figure adulte e che tale rapporto possa inficiare il loro, nel senso che il bambino, sentendosi più protetto in un ambiente meno critico, si distacchi e richieda affetto ad altri adulti.
Condividere il progetto e stabilire le alleanze rientrano proprio in questo processo relazionale di tranquillità da parte della famiglia “più debole
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