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Adottati prima di nascere: Lettera a Famiglia Cristiana

A cura di: Silvia e Simone 
Data: 26-03-2010
Argomento: Parlare di adozione

Nel quarto numero di Famiglia Cristiana del 2010 è apparso un articolo dal titolo Adottati prima di nascere. Se volete lo potete leggere al link >>

Tratta della proposta di Ai.Bi. di importare in Italia la prassi statunitense della cosidetta "adozione in pancia". 

Pubblichiamo una lettera che una coppia di soci-volontari della nostra associazione ha scritto a Famiglia Cristiana. 


Caro don Antonio,

siamo una coppia di genitori adottivi, lettori e abbonati alla vostra rivista da diversi anni e per altri versi molto vicini alla famiglia paolina.

Viviamo a Milano con i nostri due bimbi, un maschietto di sei anni arrivatoin adozione nazionale quando era neonato e una bimba di un anno emezzo arrivata pochi mesi fa in adozione internazionale.

E qui a Milano siamo i responsabili della locale sezione dell'Associazione Genitori si diventa ONLUS, a cui, a livello nazionale, aderiscono sia coppie che si avvicinano all'adozione che famiglie adottive.

Abbiamoletto l'articolo "Adottati prima di nascere" su FC n° 4/2010 evorremmo esprimere le nostre forti perplessità.

Innanzitutto: la "terza via" esiste già e non c'è bisogno di scoprire l'acqua calda in America. Nostro figlio non è stato riconosciuto alla nascita dalla sua mamma biologica, che si è rivolta ad un utilissimo servizio attivato dalla provincia di Milano che accompagna le donne in difficoltà affinché possano scegliere di non riconoscere il nascituro che verrà dato in adozione.

Ma il nostro ragionamento vuole andare più in profondità. Questo fiabesco incontro fra prevenzione dell'aborto e adozione nasconde, secondo noi, moltissime ombre. Che il sistema americano, fra l'altro, evidenzia in pieno.

Subito due esempi. Il rapporto che si crea fra la donna e la coppia come viene risolto dopo la nascita? Se la donna ci "ripensa", chi tutela realmente il bambino e i genitori adottivi? O se addirittura fossero questi a voler tornare sui propri passi, quanto inciderebbeil fatto di sapere da dove viene loro figlio, di pensare di poterlo "restituire"?

E poi, quell'aspetto dell'onerosità dell'accordo, di copertura delle spese per il bimbo fino all'adozione, lascia spazi, difficilmente controllabili, a gestioni non pulite.

Ma soprattutto: nel sistema americano c'è uno "scegliersi" che non ha nulla a che vedere con il cammino dell'adozione. La donna incinta può scegliere i futuri genitori, ma anche questi, in qualche modo, scelgono la madre biologica, cioè scelgono una razza, una storia, dei lineamenti, e così via, per il loro figlio! Quando uno dei pilastri della legge sull'adozione è quello delladisponibilità dei genitori ad un'accoglienza che non ponga limitidi età, di razza, di sesso, di provenienza sociale ... Che contraddizione!

Nel mondo ci sono moltissimi bambini che ogni giorno vengono abbandonati e che possono diventare figli in una famiglia. Proprio di questo si occupano in Italia molti Enti come AiBi, che però, per legge e perstatuto, si preoccupano ancor prima di mettere in atto programmi di cooperazione allo sviluppo dei paesi di nascita di questi bambini, perché interesse primario per loro sarebbe quello di vedere rimossele cause che portano all'abbandono. E se volessimo calare questo principio alla realtà di cui si parla nell'articolo, questa cooperazione, questa ricerca dell'interesse primario non corrisponderebbe forse ad un'azione sociale che permetta alle donne di tenere i loro bambini, superando quei limiti economici, culturali o sociali che le spingono ad abbandonarli?

Il contrasto all'aborto è un impegno che merita molta più energia di quella che oggi la nostra società riesce a mettere in campo; un obiettivo che si può perseguire con un'azione di lotta all'emarginazione sociale e di accompagnamento di una donna che, pur disperata, non si nasconde nel privato della nascita di un figlio che non potrà mai crescere, ma denuncia la propria incapacità adivenire genitore richiedendo il ricorso all'aborto.

L'adozione è un'altra cosa. Ed è bene che rimanga l'estrema soluzione adun abbandono.

Questedue realtà a volte si sfiorano, l'una trova compimento nell'altra; ma non attraverso scorciatoie, magiche soluzioni che solo apparentemente sembrano far quadrare il cerchio.

Un ultimo punto, caro don Antonio. Più volte, recentemente, Famiglia Cristiana si è occupata di adozione. Sempre abbiamo letto sulle vostre pagine le opinioni e le posizioni di AiBi. Ma AiBi non è che una singola voce fra i molti Enti autorizzati per le adozioni internazionali. Ci sono altre realtà protagoniste dell'adozione, che portano altri valori e altri punti di vista, come appunto quelli dei genitori adottivi, di quelle famiglie, cioè, che attraverso l'adozione si formano e che poi, una volta che gli Enti si sono, in fretta, dimenticati di loro, continuano la splendida avventura dell'essere genitori e figli per adozione reciproca.

Come coppia di genitori adottivi e come Associazione speriamo di potervedere anche su un tema così delicato, e che coinvolge sempre più famiglie, quell'approfondimento di cui date costantemente prova e una maggiore attenzione alla pluralità dei punti di vista.

Con stima.

Silvia eSimone

 



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