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Sei tu mio fratello?

A cura di:  Ada Francesconi
Data: 15-11-2012
Argomento: Parlare di adozione

Serata a tema “SEI TU MIO FRATELLO?” – relatore Dott.Carmine Pascarella – 11 OTTOBRE 2012 - REPORT

Dopo i saluti e l’introduzione di rito da parte della responsabile di sezione viene presentato il relatore, Dott.Carmine Pascarella, psicologo di equipe adozione e padre adottivo di tre figli.
Il Dott.Pascarella apre l’incontro con una sollecitazione rispetto alla definizione di adozione e fratelli, chiedendoci se risultava essere più corretto parlare di fratelli in adozione o di adozione di fratelli.

Sono infatti molteplici le tipologie di affratellamento per adozione ed in particolare:

Presenza di un figlio adottivo nel nucleo famigliare e adozione in un secondo tempo di un altro bambino
Adozione nello stesso momento di fratelli
Adozione di un bambino in presenza di un figlio naturale già in famiglia

Nascita di un figlio naturale dopo una prima adozione
Adozione di fratelli da parte di famiglie diverse (divisione di fratrie numerose)
Fratelli perduti durante la permanenza in istituto e successivamente ritrovati in adozione

Nei bambini adottati è molto viva e importante l’idea di fratellanza, spesso infatti rimane molto più nitida e forte l’immagine di un fratello perduto piuttosto che dei genitori naturali. I progressi tecnologici moderni, in particolare internet ed i social network, hanno reso le adozioni internazionali molto simili alle open adoption, rendendo distanze prima difficilmente superabili molto più facilmente colmabili.

Ci sono fra gli operatori diverse scuole di pensiero circa la divisione dei fratelli. A volte i bambini si trovano, risultando divisi in adozione, a dover far divenire fratello un perfetto sconosciuto e invece cugino un fratello di sangue. Ci sono casi dove però la divisione dei fratelli è certamente auspicabile, ad esempio quando uno dei due subiva soprusi da parte dell’altro fratello.

Il relatore evidenzia come, secondo il suo pensiero, l’adozione di fratelli, pur essendo più complessa, costituisca però anche elemento di protezione; adottando due fratelli si mantiene più viva la storia e il legame con le origini.
Non esistono studi in letteratura che permettano di affermare se sia meglio l’adozione di fratelli nello stesso momento o l’adozione di due bambini in tempi successivi che divengono fratelli per adozione. Adottare fratelli nello stesso momento implica una grande capacità della coppia e la presenza di rete parentale di supporto. È dunque fondamentale essere preparati dal punto di vista della valutazione delle proprie risorse personali e dello spazio mentale. Di colpo si smette di essere marito e moglie e si diviene quasi unicamente padre e madre.

L’adozione in successione è un percorso diverso ma basta anche un solo bambino per modificare le dinamiche di coppia.
In Emilia Romagna i Servizi hanno indicato in due anni il periodo temporale minimo dopo il quale una coppia può presentare disponibilità per una seconda adozione. Non è un riferimento di legge ma di buona prassi. Tale termine, nel suo mero significato numerico, deriva sostanzialmente dal fatto che vi è normalmente un anno di affido preadottivo seguito da un anno di vigilanza da parte dei Servizi.

È importante anche valutare l’adozione con gli occhi del bambino già presente in famiglia. Un bambino di 4 anni adottato pensa che tutti i bambini che lo circondano siano adottati come lui. Solo intorno ai 5 anni riesce a connettere l’idea di adozione con l’idea di essere stato lasciato e ha una più corretta rappresentazione dei ruoli famigliari. Quando arriva un bambino per adozione in una famiglia precostituita non si ha idea né di quando né di chi arriverà; il tempo dell’attesa è un tempo di forte incertezza e, rapportato alle capacità di rappresentazione del figlio già nel nucleo, necessità di un supplemento proprio di attività di rappresentazione in quanto manca il segno visibile della pancia della mamma che cresce.

Bisogna comunque sempre tener ben presente che la scelta della seconda adozione viene fatta dai genitori e non dal figlio. Spesso le motivazioni che spingono una coppia a presentare domanda di seconda adozione sono legate alle insistenti richieste del figlio già presente di avere un fratello; avvallando tale richiesta si dà esplicito motivo poi al figlio già presente di poter richiedere anche la “restituzione” al mittente del fratello una volta arrivato in famiglia, evento che avviene con una certa frequenza dal momento che l’idea di fratello che il bambino si fa non corrisponde poi alla realtà che si trova a sperimentare e vivere.

Ci sono poi delle domande non dette da parte del figlio presente che i genitori sono tenuti a leggere ed interpretare nell’affrontare una seconda adozione: io non vi basto?
Per poter intraprendere una seconda adozione bisogna saper capire se il proprio figlio ha già sviluppato un legame di attaccamento sicuro. Un bambino che a 4 o 5 anni viene sempre nel lettone, che dimostra ansia di separazione, che mette in atto comportamenti di sfida deve far pensare. Spesso sono indicatori di un legame ancora da consolidare. Bisogna poi tener presente come la seconda adozione non sia mai una replica della prima.

Ci sono poi coppie che hanno una gravidanza dopo aver adottato, magari dopo anni di tentativi falliti, proprio quando non la aspettavano più. Può allora svilupparsi un senso di gratitudine nei confronti del bambino adottato che può, nell’immaginario della coppia, aver slatentizzato la possibilità di procreare.

Ci sono poi un 10% circa di coppie che fanno domanda di adozione dopo aver avuto un figlio naturale, magari dopo una gravidanza difficile e problematica o per subentrata difficoltà procreativa. Molte coppie nell’immaginario da fidanzati hanno l’idea di un figlio naturale e di uno adottivo. Se una coppia decide di adottare prima di tentare di avere un figlio naturale o di procedere ad indagare il perché tale figlio non arriva, è necessario però chiedersi da cosa nasca tale motivazione, forse dalla paura di una gravidanza.

Nelle coppie con figli naturali già presenti la motivazione è legata ad un progetto di

generazione che porti a sperimentarsi in una genitorialità diversa. In tal caso si parte da una base e motivazione sana che va accompagnata nella ricerca e lettura delle proprie aspettative e rappresentazioni.

Può capitare che nei genitori nasca il timore di presentarsi nella relazione con il figlio adottivo in modo diverso da quello biologico; in tal caso allora ci si sforza, per egualitarismo, a negare le differenze fra le due forme di genitorialità. Le diversità vanno riconosciute e non negate, il figlio biologico va preparato. È fondamentale pensare alla relazione con i figli come se fossero uguali ma al contempo diversi.

La genitorialità adottiva, rispetto a quella biologica, è una forma di genitorialità che presenta maggiormente aspetti riparativi. Se il figlio adottivo è riconosciuto come proprio nell’intimo, le diversità si attenuano. Quando il processo di attaccamento è avvenuto, il figlio adottivo diviene vero figlio, non scambiabile nemmeno con un figlio biologico. Un figlio adottivo diviene vero figlio perché noi ci riconosciamo come veri genitori. Quando i bambini riconoscono questa atmosfera, anche i bambini si sentono fratelli.

È importante che marito e moglie curino la propria relazione, se non c’è protezione della coniugalità e la si trasforma in genitorialità unicamente allora possono nascere i problemi. A volte i genitori adottivi tendono ad essere sempre iperpresenti per compensare una precedente assenza. Il bambino adottivo non va riempito di una eccessiva quantità di affetto. A volte i bambini si spaventano, è necessario capire su cosa sono preparati a ricevere.

I bambini sono capaci di costruire relazioni di attaccamento multiplo. Un bambino che sente che il legame di attaccamento sicuro c’è, allora si apre all’apprendimento. Per questo è importante tenere a casa da scuola, all’arrivo in famiglia, il bambino; tale scelta si tramuta in una futura migliore capacità di apprendimento.

Vengono poi poste dalla platea (P) alcune domande cui il relatore (R) cerca di dare risposta e che qui di seguito riportiamo.

(P): pur desiderando la seconda adozione non riesco a capirne a fondo i motivi dal momento che sto bene. Da cosa nasce questo bisogno di un secondo figlio?
(R): alla base magari può esserci l’idea di replicare una situazione famigliare che si è sperimentata nella propria vita di figlio. Altra motivazione può essere il bisogno di non far sentire solo il proprio figlio. L’adozione infatti non è un fotogramma ma una pellicola che scorre. In noi può esserci l’idea della nostra famiglia fra 30 o 40 anni e la paura irrazionale di avere un unico figlio che rimane solo. Ma alla base vi può anche essere il desiderio di rivivere una esperienza trasformativa forte che porti ad ampliare nuovamente il proprio spazio mentale. Per quanto attiene il paese di provenienza del secondo figlio ritengo preferibile una adozione dallo stesso paese del primo, ciò per far sperimentare che cosa è accaduto a lui prima dell’adozione e di potersi rispecchiare nel fratello in arrivo.

(P): quale è il tempo necessario ad una famiglia per ristabilirsi dopo una seconda adozione? (R): spesso quando arriva un secondo figlio la famiglia si è già ristabilita in un suo equilibrio e si è consolidata. Il primo figlio diviene un ponte, un tramite verso il secondo. Il tempo di attaccamento per la seconda adozione è simile a quello della prima ma c’è una complessità in più legata alla costruzione della relazione di affratellamento. È necessario essere consapevoli dell’impegno interno ma il percorso dell’adozione non finisce mai, non vi è più un momento di quiete. Alcuni aspetti della nostra vita affettiva vengono relativizzati ma al contempo ci insegnano ad avere a che fare con l’altro.

(P): funzionano di più le adozioni di fratelli con età molto diversa o vicina? Maschio e femmina?
(R): Normalmente escono dal tribunale dei decreti vincolati in cui viene posto un limite sull’età del minore in ingresso di due anni più piccolo del figlio presente in famiglia. La vicinanza di età permette di condividere di più, instaurando una relazione cooperativa, ma acuisce anche le gelosie. Preferibile una differenza di età di circa 3 anni. Non ritengo invece che vi siano controindicazioni rispetto all’adozione di bambini dello stesso genere. Unico caso potrebbe essere quello di una ragazza di 12 anni adottata in un nucleo con un ragazzo di 13 già presente.

(P): abbiamo conferito mandato per una seconda adozione e siamo in attesa di abbinamento. Ho paura di essere gelosa per proteggere il rapporto che si è creato con la prima figlia, mettendo in atto un meccanismo di allontanamento del secondo arrivato.
(R): probabilmente in questo momento lo spazio mentale che c’è in famiglia per questo secondo bambino è piccolo rispetto a quello assegnato alla prima figlia. Diviene però elemento disfunzionale se si vive il secondo bambino come intruso nella relazione con il primo. Il legame diviene invece sano se autonomizzante rispetto alla figlia presente. Il piano di realtà mentale è ancora indefinito in quanto ancora non sapete chi è questo secondo bambino.

(P): abbiamo il desiderio di fare una vacanza di 10 giorni da soli io e mio marito lasciando i bambini a casa con i nonni.
(R): è importante vivere lo spazio di coppia come normalità e non come eccezionalità. Viene suggerito da un’altra partecipante del pubblico come possa essere una buona idea quella di mandare contestualmente in vacanza i bambini insieme ai nonni mentre la coppia è via a sua volta. Bisogna porre attenzione al fatto che i bambini non vivano questo allontanamento come un secondo abbandono. La relazione di attaccamento sicuro è un antidoto contro l’abbandono. Le esperienze di separazione nella vita si sperimentano sempre.

(P): come è meglio gestire i rapporti con altre famiglie che hanno adottato fratelli divisi in adozione?

(R): dipende dalla sintonia che si crea fra le famiglie. È salutare che i fratelli mantengano il loro rapporto, che va alimentato anche dalle famiglie adottive. Questo non significa che ci si debba vedere sempre. È un po’ come alle feste degli enti autorizzati. Non va nemmeno bene enfatizzare troppo questi rapporti ma è importante anche coltivare altre relazioni, altrimenti si favorisce la cultura dell’esodo.

(P): come rappresentare ad un figlio l’arrivo di un fratello o di una sorella? Quando è il momento giusto?
(R): se ne dovrebbe parlare al bambino quando si ha l’abbinamento in modo da contenere il tempo dell’attesa ad un anno per il figlio già presente. Questa tempistica però cozza con la necessità che spesso i servizi hanno di sentire il bambino durante l’indagine psicosociale. È utile rappresentare il tempo legandolo alle stagioni (ad esempio: il fratellino arriverà quando toglieremo il cappotto). Quando si avranno notizie con l’abbinamento è utile iniziare a preparare insieme l’arrivo del fratello.

(P): come è possibile coniugare l’adozione di due fratelli con la necessità di esclusività per ciascuno?

(R): si può garantire un tempo esclusivo ad esempio se uno è a scuola e l’altro no. Può essere anche bello proporre una sera speciale dove uno dei figli esce da solo con un genitore. L’importante è che il figlio si senta in una relazione esclusiva. Anche l’essere presente in una relazione a tre può comunque comportare dialoghi esclusivi. Non è quindi necessario per forza pianificare tempi esclusivi. L’esclusività si vive come ascolto e accoglienza dei propri bisogni. È necessario a tal fine definire un ordine condiviso. 



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