Home | Chi siamo | Dove siamo | Sportelli | Iniziative ed eventi | Percorsi di preparazione | Se ne parla in GSD | Links | Recensioni | Notiziario mensile | A domanda risposta | Ufficio stampa | Audio e video | Contatti |

Ufficio stampa

Informazione del 12-12-2013



Titolo: Congo-Italia, adozioni bloccate: la disperazione dei connazionali
Fonte: Lettera43

Fermati in Africa. Dopo aver avuto l'ok a partire con un figlio. L'odissea di 26 famiglie italiane raccontata a Lettera43.it.

di Gioia Reffo

Sono bloccate nella Repubblica Democratica del Congo da più di un mese, ma non hanno nessuna intenzione di tornare in Italia senza i bambini che hanno adottato. E che per il tribunale congolese sono già figli loro.
Per 26 coppie di italiani quello che doveva essere l'ultima, semplice formalità prima di diventare a tutti gli effetti genitori adottivi si è trasformata in un incubo. Che rischia non solo di logorarli psicologicamente, ma anche di prosciugare i risparmi con cui avrebbero dovuto sostentare la nuova famiglia. E, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe anche costar loro il posto di lavoro.
LO STOP DI KINSHASA. A fermare alla frontiera i nostri connazionali è stato il dipartimento generale della Migrazione (Dgm) di Kinshasa che non ha dato il permesso ai bambini adottati di uscire dal Paese.
La firma doveva arrivare dopo l'assegnazione di piccoli alle rispettive famiglie, nel giro di una settimana al massimo. E invece non c'è ancora.
A settembre 2013, infatti, il Congo ha chiuso per un anno le adozioni internazionali dopo aver riscontrato delle anomalie nelle procedure come le adozioni da parte di genitori single.
VIA LIBERA PER PARTIRE. Lo stop è stato imposto anche all'Italia, ma per 26 coppie che avevano concluso l'iter dell'adozione e avevano tutte le carte in regola prima che scattasse il blocco era arrivato comunque il via libera a recarsi in Africa.
L'ok era arrivato dal Cai, la Commissione per le adozioni internazionali. Ed era stato rafforzato dalle rassicurazioni del ministro Cécile Kyenge, titolare del dicastero dell'Integrazione, che si era recata in Congo all'inizio di novembre per verificare la situazione.
FAMIGLIE SENZA RESPONSABILITÀ. Insomma, tutto sembrava in regola. «Le famiglie sono le uniche che non hanno responsabilità. Si trovano lì perché sono state autorizzate dagli enti e dall'apparato diplomatico», ha detto a Lettera43.it Monya Ferritti, membro del Cai e presidente del Care, il coordinamento che raggruppa diverse associazioni che si occupano di adozioni.

L'appello di Mara Gorini: «La politica non si dimentichi di noi»

Mara Gorini, originaria di Sumirago, in provincia di Varese, è una degli italiani intrappolati in questa vicenda. Insieme con il marito e con altri due figli adottivi, era volata in Congo il 5 novembre per abbracciare il nuovo arrivato. Ma le cose sono andate diversamente.
Stessa situazione per Lara Bresciani e il marito Antonio Marioni, di Bergamo, che dopo tre anni di attesa e pratiche cartabollate speravano di aver coronato il sogno di diventare genitori.
BLOCCATI NELLA CAPITALE. Le due coppie si trovano ora nella capitale congolese; insieme con altre quattro famiglie sono alloggiate in una struttura più vicina a un ostello che a un albergo.
«Il giorno dopo il nostro arrivo abbiamo incontrato i bambini; per i primi 10 giorni tutto è andato bene», ha raccontato la signora Gorini aLettera43.it, che l'ha raggiunta telefonicamente. «Poi il dipartimento generale della migrazione congolese ha avuto indicazione di non procedere e quello che sembrava un semplice intoppo burocratico si è trasformato in una presa di posizione».
LA PAURA DI ESSERE DIMENTICATI. Intendiamoci, nessuno tra i nostri connazionali ha intenzione di puntare il dito contro le autorità congolesi. Hanno tutti i diritti di fare delle verifiche, ma il sistema di adozioni italiano è tra i più sicuri», ha sottolineato la signora Gorini, cercando di non agitare le acque. 
Ma la preoccupazione è finire intrappolati nelle maglie della burocrazia. E sparire dal radar delle cronache. «I politici non smettano di tenerci tra le priorità in agenda, abbiamo bisogno di tornare a casa», ha ripetuto Gorini.
LA VICENDA IN MANO DUE MINISTERI. A occuparsi della vicenda, al momento, sono sia il ministero degli Esteri che quello dell'Integrazione che fa capo a Kyenge, Con il rischio, mai ventilato dalle coppie ma già concretizzatosi in altre occasioni (per esempio la gestione della vicenda dei marò) di una sovrapposizione di competenze. Smentita, ovviamente, dagli interessati: «Il ministro Kyenge è in costante contatto con le autorità congolesi e con il nostro ambasciatore a Kinshasa», ha assicurato a Lettera43.it il suo portavoce, Cosimo Torlo.

Restare costa 120 euro al giorno, più 500 per rinnovare i visti

Ma l'ottimismo, tra le famiglie in Congo, non abbonda. Dopo un mese di permanenza la spesa da affrontare ormai è diventata insostenibile.
«L'intera procedura ci è già costata dai 22 ai 25 mila euro», ha spiegato la signora Gorini, «a cui poi si aggiungono almeno 1.000 euro per i biglietti aerei, almeno 120 euro al giorno per mangiare e dormire, e altri 500 euro per i visti che dopo un mese scadono».
IL TESORETTO INTACCATO.  E le famiglie stanno intaccando le loro ultime risorse. Non un patrimonio, hanno voluto far sapere, visto che per esempio nella famiglia Gorini Mara fa la mamma a tempo pieno mentre il marito è rappresentante. Va un po' meglio ai Marinoni: la signora Lara ha potuto utilizzare le ferie, ma Antonio ha dovuto lasciare la gestione dell'azienda di famiglia e trascurarla ancora a lungo vorrebbe dire rischiare di vederla fallire.
DENARO SOLO FINO A NATALE. «Possiamo resistere ancora per pochissimo», ha confessato a Lettera43.it Antonio Marinoni, «speriamo di essere a casa, in Italia, per Natale, ma è dura».

Mercoledì, 11 Dicembre 2013





Mailing list
Iscrivetevi alla sede a voi più vicina. Riceverete anche le notizie nazionali più rilevanti.

email:

sede (opzionale):


Notiziario

Adozione e dintorni
maggio-giugno 2016



Collana GSD
Edizioni ETS


Consulta la collana
Edizioni ETS