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Bambini adottivi e scuola: riflessioni di operatrici ed insegnanti

A cura di: Appunti dal Percorso per la Scuola di Teramo 
Data: 08-06-2008
Argomento: Scuola

Nell'autunno 2007 si è svolto a Teramo un ciclo di incontri dedicati a Scuola e Adozione. Quello che segue è un breve stralcio di uno degli incontri. 

Sulla base delle esemplificazioni degli insegnanti è stato possibile illustrare come l’esperienza soggettiva pregressa del bambino sia prevalentemente caratterizzata dalla deprivazione affettiva intesa come assenza o carenza di apporto affettivo e relazionale allo sviluppo infantile o all’opposto dalla presenza disfunzionale degli adulti allevanti alla crescita dei bambini mediante forme più o meno intense di maltrattamento e abuso.
Ne consegue inevitabilmente che il profilo psicologico di questi bambini differisca in base alle esperienze di relazione subite collocandosi lungo un continuum che va dal bambino caratterizzato da aspetti di inibizione e isolamento a quelli propri di un bambino diffidente, irritabile ed aggressivo.
Per quello che riguarda invece l’esperienza soggettiva del bambino adottivo impegnato nell’attuale inserimento del nuovo contesto familiare e sociale, e quindi anche scolastico, è stato sottolineato il disorientamento che il bambino vive per via dello sradicamento socio-culturale, che ha subito, ma anche per il bombardamento di stimoli nel presente proveniente dall’ambiente familiare e culturale.

Si è potuto, quindi, sempre sulla base delle esemplificazioni riportate dagli insegnanti, configurare un profilo psicologico di questi bambini lungo le direttrici dell’espressione sintomatica della depressione e dello spettro ansioso, ovvero generalmente questi bambini si presentano giù di tono, depressi o molto ansiosi e soggetti ad alti livelli stress psicologico.
Malgrado la continuità della relazione che l’adozione fornisce, molti bambini adottati si sentono non voluti, sono incapaci di fidarsi della permanenza della relazione adottiva e spesso dimostrano disturbi emozionali e problemi di comportamento. Anche studi epidemiologici hanno riscontrato una prevalenza più elevata di difficoltà comportamentali, emotive, sociali, cognitive e scolastiche in tali soggetti.
Tutti i bambini adottati iniziano il loro percorso evolutivo avendo già provato il dolore e il terrore della separazione dalla propria madre. Essi sperimentano molto precocemente l’ambiente in modo ostile e il loro legame con la madre come transitorio. Lo stato di ansia rispetto ad un ulteriore possibile abbandono influenza il loro successivo sviluppo ed ad esso si associano frequentemente sintomi psicosomatici e affezioni ripetute.
L’adozione può rappresentare una possibilità di rinascita per il bambino, uno spazio in cui imparare a conoscere, accettare ed elaborare nuove figure di riferimento. L’inserimento nel nuovo nucleo può, però, essere complicato dalle modalità di relazione che il bambino ha appreso dalle proprie esperienze precedenti. Egli, infatti, tenderà a riproporre nell’interazione con i genitori adottivi quegli stessi stili comunicativi, spesso disfunzionali, che hanno caratterizzato i suoi primi contatto con il mondo esterno. Da ciò potranno scaturire incomprensioni e attriti che contribuiranno ad accrescere le iniziali difficoltà di comprensione reciproca.
Prima dell’incontro con la famiglia adottiva, i bambini adottati hanno vissuto la condizione traumatica dell’abbandono e, in genere, quella dell’stituzionalizzazione nonchè, in molti casi, anche esperienze di abusi fisici e/o sessuali. I vissuti di perdita sono comuni a tutti i bambini adottati, varia la consapevolezza, l’intensità dello stress esperito, la modalità di reazione di fronte al disagio, elementi che dipendono dal livello cognitivo raggiunto. Il bambino abbandonato va incontro a tutte le età ad esperienze di perdita sia affettiva che di punti di riferimento per le sue condotte personali: è un bambino che si trova in un momento di crisi personale e che è costretto a ristrutturare non solo legami affettivi, ma anche stili di comportamento in un ambiente diverso dal precedente e che deve essere aiutato a superare il lutto e ad integrare le sue esperienze passate con quelle presenti e future.

Gli effetti negativi dell’abbandono sullo sviluppo psicologico sono ancora maggiori per i bambini stranieri. I bambini che provengono da un paese diverso dal nostro devono sforzarsi di acquisire abitudini e modalità di comunicazione proprie del contesto sociale in cui sono immessi. L’adozione internazionale comporta, sempre, per il minore anche se in misura variabile un’occasione di perdita di punti di riferimento affettivi, culturali ed ambientali.

I disagi che manifestano i bambini adottati si modificano con l’età e trovano in alcuni passaggi evolutivi la maggiore espressione; solitamente aumentano le segnalazioni di disagio psicologico e relazionale nel ciclo scolastico elementare e nella pubertà.
Tra le problematiche che i bambini adottati mostrano con più frequenza figurano:
- attaccamento insicuro alle figure parentali
- bassa autostima, immagine danneggiata di sé
- percezione di perdita del controllo; aumento del comportamento oppositivo
- perdita e lutto irrisolto; vissuto legato al trauma dell’abbandono
- difficoltà di apprendimento e di inserimento nel gruppo dei pari.

La sottolineatura sulle esperienze pregresse di deprivazione e di maltrattamento dei bambini adottati ha dato modo di porre in evidenza la centralità dell’abbandono o dei traumi per questa porzione d’infanzia e le conseguenze che essi riportano dal punto di vista evolutivo. Tutto ciò ha fatto circolare elementi emozionali intensi nel gruppo tanto da suscitare forte empatia con queste realtà ma anche frustrazione e disagio; alcuni insegnanti hanno avvertito l’esigenza di rintracciare dentro di loro dei confini per individuare meglio i compiti e le funzioni attinenti al ruolo dell’insegnante.
Si è iniziata così a delineare la cornice entro cui operare per l’integrazione personale e socio-culturale del bambino adottivo in base ad una precisa prospettiva d’intervento.
Condividendo l’impostazione secondo cui l’adozione rappresenti l’espressione massima dell’accoglienza ma soprattutto un intreccio di storie tra tutti i protagonisti implicati nel processo di accoglienza, quindi non solo genitori-bambini e familiari ma anche insegnanti alunni e segmenti della società, ne consegue che l’intervento in ambito scolastico si orienti nell’accoglienza dell’apporto del singolo bambino in termini di bagaglio personale e culturale per l’arricchimento dell’intero gruppo classe.
Accoglienza non solo rispetto alle ferite e al danno subito a causa delle pregresse esperienze, per le cui “riparazioni” è chiamata in causa la famiglia quale contesto deputato per eccellenza al risanamento e riavvio dei processi evolutivi, ma anche accoglienza rispetto alla diversità che caratterizza questi bambini in termini di apporti culturali e di risorse personali.
L’ambito scolastico si qualifica quindi come ambito operativo eminentemente creativo e più libero di altri all’insegna della promozione dei punti di forza dei singoli che divengono usufruibili dal resto del gruppo sia per l’esplicarsi della didattica che per l’integrazione socio-culturale degli alunni.

Appunti dal Percorso dedicato a Scuola e Adozione tenutosi a Teramo. Operatrici coinvolte: Giusy Valvo e Sandra Renzi.



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