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Adolescenti e adozione

A cura di: Viviana Rossetti 
Data: 08-08-2008
Argomento: Adolescenza

Una recente ricerca sull’analisi di interviste effettuate ad adolescenti adottati mette in luce un quadro complesso, che analizza il rapporto dei ragazzi con se stessi, con i genitori e con le altre persone significative del loro ambiente (tratta da Adozione e Cambiamento, di Fava Vizziello e Simonelli).
L’adolescenza, nel ragazzo adottato, può essere un periodo particolarmente delicato, che, secondo molti ricercatori, costituisce una “messa alla prova” del percorso adottivo in quanto l’adolescente si trova di fronte ad un importante compito evolutivo: la costruzione della propria identità, compito che implica una riconessione fra presente, passato e futuro e, quindi, una rilettura della storia e un ripensamento del proprio status di famiglia adottiva”.
È nell’adolescenza che avviene il disinvestimento dei genitori adottivi e che si ripropone il dolore per l’abbandono vissuto.
L’autonomia e la crescita, infatti, possono apparire particolarmente pericolose, in quanto intrise dai sensi di colpa verso i genitori adottivi, da cui è necessario separarsi: spesso questa separazione avviene attraverso atteggiamenti aggressivi.
A complicare ulteriormente il quadro si aggiunge il fatto che l’adolescente adottato deve differenziarsi da due gruppi familiari: la famiglia adottiva e quella naturale. Della famiglia biologica però il ragazzo ha solo dei frammenti di ricordi, perciò come prendere le distanze da qualcosa che non si conosce?
È proprio nel periodo adolescenziale, quindi, che nasce il desiderio di conoscere di più riguardo alle proprie origini.
In questa fase il compito dei genitori è supportare l’adolescente nella ricostruzione della propria storia, senza vivere la sua curiosità come segno del fallimento della relazione adottiva.

Nella ricerca effettuata tramite interviste ad adolescenti adottati, viene indagato quanto i cambiamenti inevitabilmente connessi all’adolescenza possano influenzare ed eventualmente mettere in crisi l’equilibrio personale e familiare di questi ragazzi.
Nelle interviste effettuate emerge, a livello familiare, una scissione dei propri sentimenti in relazione alle figure genitoriali:, in quanto gli aspetti positivi vengono proiettati totalmente sul genitore adottivo, spesso idealizzato quasi a proteggersi dal timore di sentirsi nuovamente rifiutato, mentre quello biologico viene investito degli aspetti negativi.
In questo modo, però, i compiti di separazione e raggiungimento della propria autonomia, tipici di questa tappa evolutiva, diventano molto più faticosi per questi ragazzi.
Il desiderio di autonomia e indipendenza, che dovrebbe essere un aspetto peculiare a quest’età, emerge solo nel 35% dei ragazzi.
“Sembra che i giovani adottati desiderino rimanere il più a lungo possibile con la famiglia adottiva, per il timore di affrontare un’altra separazione e di rivivere il dolore provato all’abbandono”.
Anche per quello che riguarda le loro aspettative sul futuro,i ragazzi riferiscono di desiderare una famiglia che somigli a quella attuale: più della metà del campione vorrebbe diventare genitori simili ai propri genitori attuali.
Sembra, inoltre, che i ragazzi del campione si siano adeguati fin troppo alle regole familiari e idealizzino moltissimo i genitori adottivi, evidenziando difficoltà nell’effettuare quei tentativi di separazione e individuazione che costituiscono la peculiarità dell’adolescenza.
Come affermano gli autori della ricerca solo “quando un adolescente ha interiorizzato, attraverso ripetute esperienze, un vissuto di sufficiente sicurezza per poter esprimere – non agire – la propria aggressività verso i genitori adottivi […] e quindi diventa sufficientemente sicuro di non essere per questo rifiutato, punito, annientato, allora possiamo ipotizzare che l’adozione abbia raggiunto pienamente il proprio obiettivo”.

Per quanto riguarda l’influenza del passato preadottivo, si nota una tendenza a ricordare principalmente le “altre persone” piuttosto che i genitori biologici (da cui hanno ricevuto meno appoggio e protezione), accompagnata dal desiderio di “dimenticare il passato” in più della metà dei ragazzi che ne ricordano almeno qualcosa.
Questo desiderio di dimenticare un passato doloroso spesso coincide con un parallelo desiderio, più o meno inconscio, da parte dei genitori adottivi che vorrebbero sollevare i figli dagli aspetti negativi e dolorosi della loro storia, senza però rendersi conto che il passato non può essere negato in quanto la vita della famiglia non comincia quando il figlio adottivo e i genitori adottivi si sono incontrati, così come non termina quando i figli se ne vanno da casa.
Al desiderio di dimenticare le esperienze precedenti può affiancarsi il desiderio di “riparare” e migliorare il passato.
Il bisogno di esorcizzare le esperienze negative, emerge anche in molti ragazzi che riconoscono che il passato ha esercitato un’influenza positiva nella loro personalità, idealizzandone gli aspetti formativi e di rafforzamento (“mi ha aiutato a crescere”, “mi ha formato”, “non si è adulti se non si è passati dalla povertà”).
Impreziosire l’esperienza fatta, in modo da non avere la sensazione di aver sofferto inutilmente, risponde sia al bisogno di salvare se stessi (valorizzando i propri aspetti negativi e cercando un modo di convivere con gli aspetti dolorosi senza cancellarli), sia al bisogno di apportare un maggior equilibrio alla relazione con il genitore adottivo, che tanto amorevolmente li ha “salvati”  verso il quale provano molta riconoscenza. In questo modo si evita la scissione fra un genitore salvifico e onnipotente e, quindi, “creditore” ed un figlio totalmente bisognoso e “debitore”, che non riuscirà mai a ripagare il proprio debito e a costruire un rapporto equilibrato e a porsi “alla pari” del genitore.

Per quanto riguarda il rapporto con gli altri e le relazioni sociali, emerge un atteggiamento molto critico e selettivo. Nei racconti i ragazzi appaiono abbastanza integrati e vengono descritte relazioni sociali apparentemente ricche e numerose, ma con la tendenza a ricercare rapporti esclusivi con l’amico/amica del cuore, scelto dopo una severissima selezione fra gli aspiranti a tale ruolo, quasi a ricercare relazioni in cui questi adolescenti possano esercitare un maggior controllo.
L’adolescente adottato, infatti, appare essere particolarmente sensibile ai “no”, alle umiliazioni e alle critiche da parte del gruppo di coetanei, in quanto ci sarebbero eccessive aspettative di attenzioni e di conferme da parte del gruppo, aspettative che vengono ripetutamente frustrate poiché troppo alte: il ragazzo adottato pare essere eccessivamente esigente nei confronti dei suoi amici e, dunque, più esposto ad eventuali delusioni.
In alcuni adolescenti, con precedenti vissuti di intensa sofferenza e abbandono non elaborati, la sessualità può, talvolta, essere usata come un mezzo per controllare la relazione con gli altri, come una difesa dalla paura di essere nuovamente esposti al pericolo dell’abbandono. Ne può derivare la necessità di sedurre, attirare l’attenzione, per poi abbandonare per non essere abbandonato, in modo da trasformare in azione qualcosa che fino a quel momento è stato solo esperito passivamente. Come concludono gli autori, in situazioni di estrema sofferenza non elaborata “diventare padroni di seduzione e di abbandono, essere desiderati dagli altri ma imporre le proprie regole, la propria distanza, diventa una forma di vendetta”.



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