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Figlio tanto atteso

Autore/i: Alessandra Di Meglio

Data: 15-06-2006
Argomento: Attaccamento

Ecco… siamo a casa, finalmente tutti insieme. La nostra nuova vita ci attende. Eppure ci sentiamo strani. Dovremmo sentirci completamente appagati e invece ci sembra che il sogno cullato per anni, divenuto realtà, per molti versi si allontani da quanto immaginato.

Nella nostra famiglia è entrato nostro figlio, ma con lui è entrata anche la sua storia: un passato intenso, di cui il bambino può essere più o meno consapevole, ma che in vari modi si fa sentire.

Noi genitori veniamo investiti dal turbinio di sentimenti e emozioni che i nostri figli ci trasmettono.

A volte esprimono ritrosia oppure un attaccamento immediato quasi morboso, altre volte la rabbia, altre ancora il rifiuto vero e proprio. Spesso c’è diffidenza, paura, abitudine “a fare da sé”, ma anche la “troppa confidenza”, sinonimo di un disagio che non va confuso con l’espansività pura e semplice: essa si manifesta non solo con noi, ma con tutte le figure adulte a cui il bimbo si rapporta, come per una ricerca di continuo appagamento alla sua condizione pregressa di mancanza di attenzioni.

Nei bimbi più grandi emergono anche i ricordi, i racconti, le domande, che spesso sono espressi quando meno te l’aspetti.

Fino a ieri eravamo sconosciuti gli uni agli altri ed ora dobbiamo costruire l’amore, la fiducia, imparando a conoscere questo piccolo essere umano. Niente di tutto ciò è facile né immediato, né tanto meno scontato, al di là di quanto ci si senta – o si sia – preparati.

Come genitori dobbiamo per prima cosa porci l’obiettivo di sviluppare un’enorme pazienza: non può esserci fretta nel creare una nuova famiglia. Non possiamo dare per scontato che i nostri messaggi siano immediatamente recepiti dal nostro bambino, e del resto anche noi dobbiamo imparare a decodificare i suoi segnali.

Con un figlio nato da noi, diventiamo genitori seguendo un percorso perlopiù inconscio, caratterizzato dall’uso di un istinto primitivo che tende alla soddisfazione dei bisogni del bambino piccolo traendone gratificazione. Le cure – inizialmente di tipo sensoriale e fisico – attraverso la reiterazione quotidiana si permeano di significati più profondi, coinvolgendo sentimenti e razionalità.

Nell’adozione il percorso è differente: le nostre azioni saranno motivate da scelte razionali e consapevoli, che attraverso la reiterazione genereranno sentimenti ed emozioni, rendendoci pienamente genitori.

Se, nonostante le sue strategie destabilizzanti, noi non ci tiriamo indietro e continuiamo ad offrirgli le nostre cure, il nostro affetto, la nostra presenza costante, nostro figlio sarà spronato a mettere dei punti fermi. E a quel punto si ricrea quello che avviene con un figlio neonato: un naturale abbandonarsi ai genitori, che li aiuta pian piano a trovare il giusto ritmo e ne fortifica giorno per giorno il ruolo, preparando la strada per crescere insieme.

Non dobbiamo scordarci che mentre noi abbiamo potuto scegliere la strada per arrivare a nostro figlio, i nostri bambini hanno dovuto subire dal mondo adulto scelte fondamentali per la loro esistenza. La loro vita passata è stata contraddistinta da un’instabilità di sentimenti e figure di riferimento: per loro natura i bambini sono “conservatori”, hanno bisogno di certezze e solidità, i cambiamenti sono mal sopportati se non accompagnati da presenze adulte che li rasserenano e li sorreggono.

Perciò hanno tutto il diritto di non sentire affetto nei nostri confronti: siamo noi che dobbiamo conquistare la loro fiducia e il loro amore. Quante persone riescono a innamorarsi profondamente subito dopo una grande delusione d’amore? Nello stesso modo i nostri bambini hanno bisogno di tempo per accettare la nuova situazione.

 

Costruire una nuova famiglia non è mai semplice ed è molto importante non sentirsi turbati se proviamo sentimenti contrastanti dentro noi stessi: non sentiamoci “mostri” se in alcuni momenti ci assale un senso di fastidio, o addirittura di rabbia, di fronte ad atteggiamenti oppositivi dei nostri figli. La cosa fondamentale è non farsi dominare dai propri sentimenti negativi, riconoscerne l’esistenza ma lasciare che passino e non sedimentino nel nostro animo. E’ di grande aiuto il confronto con altre coppie di genitori adottivi e, qualora ci si accorga che si è in una impasse troppo lunga, la ricerca del sostegno di uno specialista. Non è da trascurare l’utilizzo dell’auto-ironia nei momenti critici: ho scoperto che smussa molto certi atteggiamenti spinosi e abbassa parecchio l’ostilità…

Questo travaglio può dare uno scossone anche alla dinamica di coppia. Marito e moglie per trovare nuovi equilibri dovranno rimettersi in discussione. E’ essenziale bilanciare le proprie forze e le proprie spinte emotive nell’affrontare le difficoltà che sicuramente si incontrano quotidianamente, per esempio non mettendo in discussione davanti al figlio decisioni o comportamenti gli uni degli altri. Si manderebbe, altrimenti, un messaggio pieno di implicazioni negative. Mamma e papà devono fare fronte comune: un bambino non deve mai pensare che può destabilizzare gli adulti, ha bisogno di sapere che loro sono solidi; nel caso di figli adottivi ciò è ancora più valido proprio per compensare la precarietà del loro passato. Poi, in separata sede, si potrà ritornare su quanto non ha convinto e insieme trovare punti di contatto, aperti ad ascoltare le ragioni dell’altro: ognuno di noi ha sensibilità diverse, diversi modi di vedere un problema, e solo con una stretta collaborazione si può realizzare l’armonia necessaria per il cammino intrapreso.

Se comprendiamo che stiamo svolgendo un compito delicato, cioè aiutare i nostri figli a ricostruire la propria vita, riusciremo senz’altro a godere dei piccoli traguardi che a poco a poco vedremo fiorire, comunque coscienti che potranno esserci momenti in cui sembra tutto fermo o addirittura in regressione. Ma è lavorando costantemente sul presente che prepariamo il nostro e il loro futuro, ed è agendo come genitori che si diventa tali.

Cito una frase di Linda Katz, psicoterapeuta statunitense (tratta da un articolo mandatomi in un momento particolarmente duro della mia esperienza di mamma da un babbo conosciuto su un forum di genitori), che racchiude una verità da cui si può trarre forza in un momento di sconforto: “I genitori adottivi positivi sono ostinati, prima di tutto, e vedono il comportamento del figlio per quello che è, una disperata paura della desiderata vicinanza ai genitori”.

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