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Ufficio stampa

Informazione del 08-02-2007



Titolo: I numeri del grande ingorgo
Fonte: Vita

Nel 2006 sono stati adottati in Italia 3.185 bambini stranieri. Questo vuol dire che per circa 2.500 coppie (spesso si adottano anche fratelli) si è realizzato il sogno di diventare genitori. Peccato però che le coppie in attesa in Italia sono 10mila (9.977 per la precisione). E che 5.534 (il 55%) da più di un anno sono ferme al primo step del percorso adottivo, il conferimento dell'incarico all'ente.
I dati - inediti - vengono dalla Cai e segnalano che il sistema delle adozioni internazionali in Italia attraversa un momento difficilissimo.
Molti enti autorizzati hanno una lista d'attesa preoccupante: 578 coppie per Famiglia e minori, 519 per Gruppo di volontariato solidarietà, 442 per L'airone. E quando un numero così alto di pratiche si combina con la diminuzione dei bambini adottabili, il risultato è che i percorsi adottivi si fermano per anni: ferme ai blocchi di partenza da più di un anno sono l'88% delle coppie in carico a Sos bambino international adoption, l'85% di A.Mo, l'80% di Famiglia e minori, il 77% di Il mantello.

Per spiegare questi dati le associazioni si appellano alla chiusura di alcuni Paesi e alla diminuzione di bambini piccolissimi adottabili, i più desiderati dalle coppie italiane: «Abbiamo sempre lavorato molto con Ucraina, Bulgaria, Macedonia e Slovacchia, che negli ultimi due anni hanno praticamente chiuso le adozioni», dice Matilde Azzacconi, presidente di Famiglia e minori. «Le mie coppie sanno che i tempi d'attesa sono di 4/5 anni». Anche se sul sito continua ad esserci scritto due. Vero è che Famiglia e minori nel 2006 ha dimezzato gli incarichi accettati: «Abbiamo chiuso già da quattro mesi, speriamo di realizzare 200 adozioni nel 2007: contiamo su Russia, Ucraina, Vietnam». Anche Paolo Cassola, presidente di A.Mo, sposa la tesi della chiusura Paesi: «Nel 2006 siamo riusciti a concludere solo una ventina di adozioni. Non abbiamo mai chiuso formalmente, ma nei colloqui dirottiamo le coppie su altri enti. Facciamo una decina di colloqui alla settimana e nel 2006 abbiamo accolto solo 27 incarichi».

Il Ciai i nuovi incarichi li ha appena bloccati: hanno il 46% di coppie ferme e tanto gli è bastato. «Nel 2006 abbiamo fatto il 52% di adozioni in meno rispetto al 2005, perché alcuni canali non hanno funzionato», dice Graziella Teti. «Molti Paesi oggi segnalano bambini “meno graditi” alle coppie: gruppi numerosi di fratelli, bambini tra gli 8 e i 12 anni, o con patologie serie. Bisogna lavorare con le coppie, ma dobbiamo anche accettare che l'adozione internazionale non è un oleodotto che porta bambini né la risposta di massa al problema dell'infertilità».

Gianfranco Arnoletti, presidente del Cifa, non concede giustificazioni e chiede che questi dati siano resi pubblici: «Ogni ente dovrebbe metterli sul proprio sito, i genitori hanno il diritto di essere informati. Tempi di attesa oltre i due anni logorano e sono il segno che il sistema non funziona. Due manovre mi sembrano necessarie: accordi internazionali con nuovi Paesi e una selezione più rigida delle coppie idonee. Una coppia che vuole un bambino russo o niente ed è disposta ad aspettare cinque anni pur di averlo, non è pronta per l'adozione».

Un rischio numeri lo vede invece Antonio Fatigati, di Genitori si diventa: «Se le adozioni internazionali calano perché aumentano quelle nazionali, è una buona cosa. La trasparenza dell'ente è essenziale, anche sul versante coppie in attesa Paese per Paese, ma attenzione a non cadere nella logica di domanda/offerta: dirsi disponibili ad accogliere un bambino non è la stessa cosa che fare la fila per una tac».

Nel frattempo, a partire da lunedì 12 febbraio, un'équipe di professionisti della Cai incontrerà le coppie già in carico all'ente Chiara onlus (a cui nei giorni scorsi la Commissione aveva revocato l'idoneità), per individuare le modalità e il Paese dove concludere il progetto adottivo.
    




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