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Informazione del 13-01-2015



Titolo: «Un miracolo essere qui con i bambini»
Fonte: Il Tirreno - Livorno

Suor Benedicta Maria Sekamonyo Mujawimana, per tutti suor Benedetta, è entrata nell'ordine monastico delle suore Bernardine in Congo nel 1972 e nel 1994 ha iniziato a conoscere le atrocità della guerra con le migliaia di profughi rwandesi che arrivavano nella città di Goma dove suor Benedetta viveva. Il 28 settembre del 1998 arriva in Italia come profuga di guerra «accolta come un padre», ci tiene a precisare, da monsignor Gualtiero Bassetti vescovo di Massa Marittima, diocesi nella quale in questi 15 anni ha ricoperto svariati servizi di beneficenza ed assistenza spirituale come segretaria del centro missionario diocesano, sostegno ai bambini stranieri, rappresentante della Caritas per l'animazione spirituale nel carcere. Nel 2008, con il sostegno di monsignor Giovanni Santucci nel frattempo diventato vescovo della diocesi di Massa Marittima-Piombino, ha iniziato a Kinshasa una fraternità monastica delle Sorelle di San Cerbone una cui comunità, adesso chiusa, era poi stata attivata anche a Follonica. Attualmente vive a Piombino. (m.n) di Michele Nannini wFOLLONICA Il forte legame con la diocesi di Massa Marittima ed il territorio delle Colline Metallifere è testimoniato dal nome che ha voluto dare alla fraternità monastica per la quale opera come missionaria in Congo: San Cerbone. Come il santo patrono della città del Balestro, nordafricano arrivato in Maremma attorno al 500. Nel volo atterrato mercoledì a Ciampino e che ha riportato in Italia i 31 bambini congolesi adottati da 24 famiglie italiane c'era pure lei, suor Benedicta Maria Sekamonyo Mujawimana, da 15 anni diventata maremmana adottiva, divisa fra Massa Marittima, Follonica e Piombino. E' stato in questi mesi uno dei pochi punti di riferimento dei piccoli bambini che hanno visto in lei praticamente l'unico legame con i genitori tornati giocoforza in Italia. «Se me ne fossi andata anche io i piccoli sarebbero caduti in depressione, non lo potevo permettere» racconta suor Benedetta, che ci tiene come prima cosa a ringraziare tutti coloro che hanno permesso quello che lei chiama «un miracolo. Sono in Italia da 15 anni, è la mia seconda nazione: devo ringraziarla assieme al Congo, la mia patria, che ci ha permesso di vivere questa gioia, sono orgogliosa di essere congolese. Il mio grazie arriva forte all'ambasciata italiana a Kinshasa, hanno lavorato in silenzio aiutandoci per settimane ed assistendoci, assieme ai governi ed alle autorità dei due Paesi». Il racconto di questa esperienza comincia dal blocco alle adozioni dello scorso settembre. «Usa, Francia, Spagna, Canada ed altri Paesi non rispettavano la legge congolese per le adozioni, che prevede coppie solo uomo-donna sposate da almeno 5 anni. La decisione è stata quella di bloccare tutte le adozioni per valutare ogni singola richiesta ed ogni singola documentazione. E noi siamo stati i primi a poter riuscire dal Congo perché non è stata trovata nessuna irregolarità nei 31 bambini. Nessun italiano ha mai cercato di uscire irregolarmente dal Paese, come successo ad altre famiglie straniere, ed io per questi 7 mesi sono rimasta con loro senza alcun interesse ma solo per portare a termine la mia missione; sarei rimasta anche un anno se fosse servito». Il lavoro delle autorità congolesi è stato lungo e meticoloso. «Sono i tempi del Congo, non c'è stato nessun ostracismo, le documentazioni da controllare erano tantissime; noi sapevamo da una settimana di dover partire proprio perché non è stato trovato nulla di irregolare, è stata una vittoria per l'Italia e per il Congo di cui andare orgogliosi. All'inizio quanto è stato scritto non ha aiutato, le pressioni arrivate non sono state positive perché hanno dilatato i tempi; quando poi la situazione si è calmata le procedure sono riprese. I complimenti vanno anche al Governo italiano che ha lavorato bene capendo che il Congo è uno stato da rispettare nella sua sovranità». Un mese o poco più in Italia, poi da luglio di nuovo a Kinshasa. Perché nell'orfanotrofio Casa Marisa della fraternità di San Cerbone ci sono ancora 87 bambini da adottare, 21 dei quali con le procedure già completate e che dovrebbero sbarcare in Italia a gennaio. La Fondazione Raphael e l'associazione I 5 pani sono gli enti autorizzati dalla Commissione per le Adozioni Internazionali che operano in Congo e permettono l'adozione dei bimbi dell'orfanotrofio dove presta la sua missione Suor Benedetta «senza uno stipendio o un reddito - conclude suor Benedetta – tutti i bimbi arrivano dalle zone di guerra, sono quasi tutti orfani dagli 0 agli 11 anni portati nella struttura dalle parrocchie o dalle suore». Per lei è una missione, una vocazione nata quando nel 1994 ha visto da vicino gli orrori della guerra che adesso, almeno negli occhi dei 159 bambini arrivati in Italia in questi 6 anni anche grazie a lei, sono fortunatamente solo un brutto ricordo.

 

Fonte: il tirreno




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