" Ricordo la mia adolescenza come un periodo intricato,in cui la questione identitariapretendeva attenzione e alimentava incertezze e domande;ci sono voluti anni, ed un viaggio, interiore e reale,per ricomporre il puzzlee poter guardare alla mia storia con serenità.”(F, India, 25/30)
Il fatto che nelle storie dei bambini adottati e dei genitori adottivi il trauma, il dolore e l’imprevedibilità degli eventi hanno avuto generalmente una grande parte, aggiunge un ulteriore livello di complessità e l’adolescenza può andare a risvegliare alcuni punti dolenti, specie se non sono ancora stati elaborati a sufficienza. E’, infatti, proprio nella fase adolescenziale che la famiglia tutta è impegnata nel grande ed, a volte, faticoso lavoro che comporta la rielaborazione della propria storia di famiglia adottiva. I genitori adottivi possono incontrare così, al di là delle difficoltà proprie del periodo dell’adolescenza, questioni specifiche dovute all’adozione. Il fatto di non essere i genitori biologici del loro figlio, per esempio, può far si che la legittimazione della filiazione passi attraverso la trasmissione del sistema dei valori di cui la famiglia si sente portatrice: Il figlio che discute con forza su questi valori, può aprire uno spazio alle “fantasie del cattivo sangue”, ovvero alla fantasia che questo sia dovuto ad una cattiva eredità genetica.
Oppure genitori adottivi che non sono riusciti a leggittimarsi nel proprio ruolo, possono mostrarsi particolarmente vulnerabili agli attacchi che generalmente gli adolescenti compiono a questa età. Accade spesso che, in questo periodo, i sentimenti ambivalenti in relazione all’adozione vengano a galla, e quando non sono stati sufficientemente elaborati, possano impedire alla coppia genitoriale, che non si senta confermata nel proprio ruolo, di affrontare con tranquillità e lucidità i momenti di turbolenza dell’adolescente adottivo, andando a comprendere quello che realmente sta angosciando il figlio. E’ importante- come suggerisce Chistolini - “che lo sguardo dell’adolescenza non sia catturato unicamente dagli aspetti critici, ma sappia cogliere le non poche risorse che i ragazzi, le ragazze e le loro famiglie sono in grado di mettere in campo, in una prospettiva evolutiva che colloca questo stadio della vita in un percorso più ampio che offre numerose occasioni di recupero e cambiamento. In questa accezione l’adolescenza adottiva non è una malattia da curare, quanto un periodo nel quale è importante accompagnare e sostenere genitori e figli affinché i cambiamenti che l’attraversano siano correttamente gestiti e diano luogo a trasformazioni evolutive.”
L’adolescenza dei figli adottivi, con il suo portato relativo al tema dell’identità e delle origini, è, infatti, in grado di mettere a dura prova le relazioni su cui si fonda la famiglia adottiva. Risulterà, allora, molto importante preparare i futuri genitori adottivi, ed accompagnare i genitori che hanno già accolto un figlio mediante l’adozione, a costruire e a mantenere aperto uno spazio comunicativo, all’interno del quale il figlio potrà trovare negli anni, in un cammino spesso non lineare, un sempre rinnovato punto di equilibrio tra le due dimensioni indelebili della propria condizione adottiva (origine e nuova appartenenza), tra il suo presente ed il suo passato.
L’esperienza ci ha insegnato che una buona adozione e’ direttamente legata alla capacità della famiglia adottiva (genitori in primis, ma anche famiglia allargata e comunità tutta) di accogliere compiutamente il loro figlio, di accompagnarlo in un continuo processo di rielaborazione della propria storia e dei traumi subiti, accogliendo e valorizzando i ricordi e le domande che egli porrà loro, e prima ancora facendolo sentire libero di chiedere e di comunicare frammenti di ricordo o di fantasie, di esprimere emozioni e sentimenti, per ricomporre gradualmente i capitoli della sua storia.
La disponibilità da parte dei genitori adottivi a mantenere un’apertura meta familiare, infatti, è condizione indispensabile perché sia possibile sintonizzarsi affettivamente con il figlio, sia quando il suo bisogno sembra quello di distanziare l’origine biologica, sia quando, al contrario, l’esigenza del figlio sembri di segno opposto. Come ci avverte David Chamberlain “ la verità è che molto di quello che abbiamo tradizionalmente creduto dei bambini è falso. Abbiamo frainteso e sottovalutato le loro capacità. Non sono esseri semplici, ma complessi e senza età, con pensieri insospettabilmente grandi”.
Non è raro, invece, che la famiglia esploda proprio quando è costretta a confrontarsi nuovamente con il tema delle origini dei loro figli, assistendo con dolore muto alla confusa ricerca di identità di alcuni ragazzi, che sembrano navigare a vista sotto un cielo coperto perennemente di nuvole. Spesso accade che, anche quando i genitori si siano resi disponibili, in precedenti fasi dello sviluppo, a raccontare al proprio figlio tutto ciò che sapevano sul loro passato, il desiderio di sapere si faccia ugualmente strada.
Del resto, sappiamo che la narrazione della storia adottiva, non si esaurisce in un mero passaggio di informazioni fattuali, né costituisce un evento puntuale nel tempo. Esso rappresenta, piuttosto, un processo attraverso il quale sostenere il desiderio di comprensione, che - da parte dei bambini - può riaffiorare più e più volte durante la crescita, man mano che l’evoluzione cognitiva pone le stesse questioni in modo diverso, e “il noto diventa nuovo” (Bozzo & Cavanna, 1994).
Ad oggi, poi, è sempre più probabile che un ragazzo che non ha avuto le risposte che cercava o nutre ancora una forte curiosità rispetto alla sua famiglia di origine si rivolga ad internet, con l’aspettativa di trovare soluzione alle sue domande nel web. Una ricerca condotta dal’Ipsos per Save the Children su di un campione composto da ragazzi tra i 9 ed i 16 anni, ha messo in evidenza come la quantità di ragazzi italiani che posseggono uno smartphone (90%) od un tablet (71%) sia in continua crescita. Grazie a smartphone e tablet, che sono sempre più diffusi a scapito di tecnologie come i lettori mp3 e le webcam, ormai integrate nei dispositivi di nuova generazione, i nostri adolescenti sono connessi da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento della giornata. Tanto più che le nuove generazioni hanno comportamenti sempre più flessibili nell’utilizzo delle nuove tecnologie, poichè la connessione mobile, ovvero quella wifi o con un abbonamento internet da cellulare è in costante crescita. Le “relazioni sociali” sono protagoniste delle loro interazioni: sono sempre di più i ragazzi che utilizzano Whatsapp, cresce l’utilizzo di Instagram e diminuisce la loro presenza su Facebook (75% nel 2015, 12 punti in meno dal 2013), anche se tra gli adolescenti sono ancora molti a usarlo. Tra quelli che hanno un profilo sul più popolare dei social network, il 39% degli intervistati afferma di essersi iscritto a 12 anni, avendo invece dichiarato, al momento dell’iscrizione, di averne 18. Altro dato significativo è che più di uno su tre (36%) asserisce , inoltre, di non aver scelto un livello di privacy “ristretto” sul proprio profilo. I giovani italiani intervistati, infatti, usano WhatsApp (59%) e Instagram (36%) e pur conoscendo abbastanza bene le regole che governano la privacy nella Rete (51%), non se ne preoccupano più di tanto (57%).
Gli adolescenti di oggi, hanno dunque a disposizione uno strumento con grandi risorse, ma anche potenzialmente pericoloso se non si è accompagnati ad usarlo in maniera corretta. L’avvento dei social network e di Facebook come strumento sempre disponibile nella nostra quotidianità, ha reso relativamente facile per i ragazzi adottati stabilire, in segreto, un contatto con la propria famiglia di origine. Non possiamo non considerare che l’esplosione delle nuove tecnologie della comunicazione ha, di fatto, annullato le barriere e le distanze, ed è destinato a cambiare, forse per sempre, il modo stesso di pensare e di vivere l’adozione. L’adozione ai tempi di Facebook pone nuove sfide a genitori, ragazzi ed operatori. Questo cambiamento, che ci proietta in una società dalle comunicazioni sempre più veloci ed istintive, ha da poco avviato anche in Italia una riflessione sulle conseguenze sociali, culturali e politiche che si avranno sul mondo dell’adozione. Del resto, non si può ignorare che, già oggi, le parti adottive si rintracciano ed entrano in contatto sempre di più tramite i social network ed è ormai urgente e necessario preparare e formare gli esperti e le famiglie adottive ai problemi che potrebbero essere legati all’utilizzo di Facebook da parte dei loro ragazzi adottivi, per poter educare i loro figli a fare un uso consapevole dei nuovi strumenti digitali.
Estratto da: Genitori si diventa - a cura di Antonio Fatigati - seconda edizione