Le coppie di aspiranti genitori adottivi che hanno dato la loro disponibilità per l'adozione internazionale attendono inevitabilmente con trepidazione, se non con ansia, l'emissione da parte del Tribunale per i Minorenni del provvedimento (tecnicamente un decreto) che stabilirà la loro idoneità - o all'opposto inidoneità - all'adozione.
Si tratta infatti di un passaggio imprescindibile, di una condicio sine qua non per poter conferire poi incarico ad un Ente autorizzato (mentre, come noto, nell'adozione nazionale, non è contemplata l'emissione di alcun decreto, ma la coppia, sulla base della relazione agli atti, si pone semplicemente come possibile risorsa nella ricerca finalizzata a individuare una famiglia adatta alle necessità di uno specifico minore).
Se la preoccupazione è comune a tutte le coppie, sarà di certo maggiore per quelle la cui relazione psico-sociale presenti delle criticità o comunque delle ombre che possono pregiudicare il buon esito del percorso o che si siano trovate in difficoltà all'udienza.
Senza pretesa di esaustività, cercherò qui di fornire alcune indicazioni pratiche che possano essere di aiuto alle coppie a cui venga notificato un decreto di non idoneità per decidere se impugnarlo.
E' infatti importante sottolineare che l'emissione di un decreto di inidoneità non segna necessariamente la fine del percorso adottivo per la coppia che può scegliere di “ripetere” il percorso con i Servizi Sociali o, in alternativa, di impugnare il decreto davanti alla sezione minorile della Corte di Appello territorialmente competente (art. 30, 5° comma, l. n. 184/1983 e successive modifiche).
Il tempo previsto dalla legge per proporre reclamo è di soli dieci giorni dalla comunicazione del decreto.
Pertanto, considerata la delicatezza della decisione e le tempistiche strette di cui si dispone per assumerla, è opportuno, soprattutto quando la possibilità che la coppia sia giudicata non idonea sia già stata “ventilata” dal Giudice all'udienza o emerga dal contenuto della relazione dei Servizi Sociali, che la coppia anticipi la riflessione su “cosa fare” ove il temuto esito negativo si realizzi.
Le alternative, come premesso, sono due.
La prima consiste nel presentare una nuova domanda (o meglio disponibilità all'adozione), l'altra nell'impugnare il decreto di non idoneità davanti alla Corte di Appello confidando nel fatto che la decisione assunta in primo grado venga riformata.
Se si opta per questa seconda soluzione, è bene aver individuato già in precedenza, ossia prima che venga comunicato il decreto di inidoneità, un avvocato che si occupi di diritto di famiglia e abbia possibilmente esperienza in materia di adozione con cui condividere la relazione psico-sociale e ogni altra informazione utile relativa alla coppia (ad esempio se nelle more sia stato intrapreso un percorso di supporto psicologico e altri eventi che possono contribuire a ridisegnare gli equilibri familiari ad esempio aver cambiato lavoro o la morte di un genitore). Dieci giorni sono, infatti, un periodo di tempo davvero molto breve per predisporre e depositare un ricorso avanti alla Corte d'Appello, un tempo che potrebbe rivelarsi insufficiente se dovesse essere impiegato anche per reperire un avvocato.
Ulteriormente è importante che la coppia si faccia preventivare in anticipo i costi di massima del procedimento giudiziario: anche l'aspetto economico – sebbene non sia di certo il solo da considerare - può infatti contribuire a condizionare la scelta, orientandola verso l'una o l'altra opzione, in particolare a questo proposito giova ricordare come la riproposizione della domanda, differentemente dal reclamo, non comporti alcun costo.
La decisione di impugnare il decreto, come si può ben immaginare, non dipende però solo da aspetti pratici – individuazione dell'avvocato a cui affidarsi e dei costi da sostenere – ma è soprattutto necessario capire quale sia l'effettiva ragione per cui l' idoneità non è stata concessa. Se la decisione fosse legata al parere espresso dai Servizi Sociali, ad esempio in merito a una mancata elaborazione del lutto procreativo, presentare una nuova domanda al Tribunale per i minorenni potrebbe non avere senso nell’immediatezza, perché i Servizi Sociali competenti sarebbero gli stessi, venendo individuati in base al luogo di residenza. Molto probabilmente dunque, anche presentando una nuova richiesta, il responso finale non cambierebbe. D'altra parte, se la coppia si riconoscesse, almeno in parte, nelle fatiche stigmatizzate nella relazione psico-sociale, forse la soluzione più sensata potrebbe essere proprio quella di fermarsi a riflettere, di prendere del tempo per lavorare su di sé, riproponendo più in là la propria candidatura. Nella mia esperienza di genitore adottivo, oltre che di avvocata, posso affermare che coltivare la capacità di mettersi in ascolto di sé, di entrare in confidenza con i propri limiti, per superarli o là dove non sia possibile, accettarli, non è mai tempo perso. Ad esempio, una coppia potrebbe accorgersi di essere “pronta” per accogliere un solo minore anziché due come aveva inizialmente ipotizzato.
D'altra parte, nell'ipotesi indicata, quand'anche si optasse per la via dell'impugnazione del decreto e se ne ottenesse fortuitamente la riforma, la coppia potrebbe ritrovarsi paradossalmente ad avere l'idoneità “sulla carta”, ma le criticità irrisolte, in prospettiva e in modi inaspettati, rischierebbero comunque di compromettere la riuscita dell'adozione.
Se, invece, il decreto di non idoneità fosse stato emesso nonostante un parere positivo dei Servizi Sociali, potrebbe valere la pena di rivolgersi alla Corte d’appello perché in effetti il Tribunale per i Minorenni potrebbe avere commesso un errore di valutazione che si potrà correggere nel giudizio di secondo grado.
Occorre, inoltre, considerare che la legge non stabilisce la durata della procedura in Corte d’Appello, ma, anche nella migliore delle ipotesi, il procedimento durerà alcuni mesi.
In altre parole, il reclamo non è una via più celere per ottenere l'idoneità rispetto al percorso avanti ai Servizi Sociali e deve essere proposto solo dopo averne valutato con attenzione i pro e i contro.
Da ultimo, occorre considerare come alcuni Enti Autorizzati potrebbero trovarsi nella condizione di non poter accettare l'incarico da una coppia che abbia ottenuto l'idoneità in sede di appello là dove le Autorità dei Paesi stranieri ove l'Ente in questione opera abbiano delle preclusioni rispetto alle coppie che abbiano conseguito l'idoneità in secondo grado. Pertanto, se la coppia avesse già individuato un Ente e/o fosse orientata verso uno specifico Paese, è consigliabile effettuare questa verifica con anticipo o comunque prima di decidere per l'impugnazione.
Ho brevemente accennato alle motivazioni che possono determinare la non idoneità all'adozione. Ovviamente non ne esiste un elenco tassativo, ma la casistica, senza appunto pretesa di esaustività, permette di individuare quantomeno le ragioni più diffuse: si va dalla mancata elaborazione del lutto procreativo alla volontà degli aspiranti genitori - a volte chiaramente espressa, altre implicita, emersa nei colloqui con i Servizi Sociali - nel volere bambini con specifiche caratteristiche fisiche e intellettive o nell'escluderne altri per pregiudizi legati a caratteri fenotipici, dal coltivare aspettative irrealistiche all'incertezza da parte di uno dei due coniugi rispetto alla scelta adottiva fino alle problematiche di salute. Per la legge italiana le condizioni di salute degli aspiranti genitori adottivi non sono di per sé motivo di esclusione dell’idoneità. E tuttavia, pur in assenza di un divieto di legge, occorrerà sempre valutare il caso specifico, ricordando come l'adozione sia nell'interesse del minore a cui va garantita la miglior famiglia possibile in relazione alle sue esigenze: in quest'ottica a una persona che abbia, ad esempio, una grave malattia con una prognosi sfavorevole per la vita, potrebbe, assai verosimilmente, essere preclusa la possibilità di adottare, ciò in quanto il minore rischierebbe di perdere il genitore in tempi brevi, mentre un aspirante genitore con una disabilità, anche importante, ma che non incida sulle sue risorse genitoriali, sarà più facilmente ritenuto idoneo ad adottare.
Anche la presenza di un altro figlio, biologico o adottato, potrebbe essere all'origine di un decreto di non idoneità. In questo caso, infatti, è necessario valutare con attenzione sia la condizione emotiva e psicologica dei figli già presenti nel nucleo familiare che la capacità dei genitori di porsi in ascolto dei medesimi, oltre che di sé e dei propri legittimi desideri. Il figlio – ma è ovviamente solo un esempio - a fronte dell'intenzione dei genitori di adottare un bambino potrebbe interrogarsi sulle sue qualità, preoccuparsi di non essere in grado di appagare le aspettative dei suoi genitori o del fatto di non essere più al centro dei loro affetti.
Per completezza si segnala come la coppia possa andare incontro a un esito negativo anche là dove la spinta all'adozione derivi esclusivamente da motivazioni di tipo solidaristico: queste ultime non sono infatti ritenute sufficienti a sostenere il processo di costruzione della reciproca appartenenza.
Quanto al procedimento avanti alla Corte di Appello, a seconda dei casi che, come visto, possono essere i più diversi, potrà esaurirsi in una sola udienza o implicare una più o meno articolata attività istruttoria (in particolare la coppia potrà essere oggetto di indagine psicologica).
In conclusione, le coppie di aspiranti genitori adottivi devono senz'altro essere a conoscenza della possibilità di impugnare l'eventuale decreto di inidoneità all'adozione internazionale, ma allo stesso tempo non leggere nel reclamo la sola risposta possibile a una “battuta di arresto” di un percorso, quale quello adottivo, notoriamente lungo e articolato. Anzi, disporsi ad accogliere le criticità, gli eventuali inciampi è un allenamento prezioso che di certo darà i suoi frutti quando finalmente si diventerà genitori.
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