Autore: 
Sara Leo

Ho iniziato a interrogarmi su cosa è davvero il razzismo quando ho partecipato al seminario “L'importanza di ogni parola. Razzismo e discriminazione nel sistema dell'adozione” organizzato dal Coordinamento CARE a novembre 2021.

Infatti, pur credendo fermamente nel valore dell’uguaglianza e condannando il razzismo tra i peggiori mali del mondo, non avevo mai pensato a quanto si fosse insinuato nella nostra cultura, nel linguaggio comune, nei sistemi di comunicazione e non solo. Non riconoscevo tutti gli stereotipi che con il passare del tempo si sono posati l’uno sull’altro creando sovrastrutture di cui può risultare difficile accorgersi. Mi chiedo: è davvero possibile smontarle? Di una cosa però sono certa: ognuno può contribuire partendo da sé, ampliando il proprio sguardo, le proprie riflessioni, coltivando una forma di pensiero con l’intento di approfondire e di ascoltare tutte le voci protagoniste di una storia. Per esempio, la storia del colonialismo.

Ascoltando gli interventi del seminario CARE (cliccando qui puoi ascoltarli anche tu) ho preso atto di una realtà molto diversa da quella che conoscevo. Mi sono resa conto di non padroneggiare neanche il linguaggio per argomentare la questione razziale partendo da quanto stavo apprendendo in quel momento. Ecco perché ho atteso molto tempo prima di scrivere questo articolo. Non avevo pronte le parole giuste per farlo e ancora oggi – forse – non userò le più corrette. Questo vuole essere un primo passo e chiedo quindi scusa sin da ora se tra le parole scelte ce ne saranno alcune obsolete o semplicemente controverse.

Perchè mi sto interrogando solo ora su questo tema e perché non l’ho fatto prima, per esempio quando con mio marito abbiamo deciso di dare disponibilità all’adozione?

Se ripenso al percorso di preparazione all’adozione, mi rendo conto che non mi sono chiesta abbastanza cosa volesse dire adottare un bambino “non bianco” e posso dire che non siamo stati nemmeno sufficientemente stimolati a riflettere su questo aspetto.

Negli ultimi mesi mi sono più volte trovata a pensare a cosa significhi per un bambino nero essere "l’unica persona nera nella stanza".

Con questa espressione, Nadeesha Uyangoda, ha titolato il suo ultimo libro, pubblicato nel 2021 da 66thand2nd. Mi sono risposta che non posso nemmeno immaginarlo e che forse potrei solo se mi trovassi ad essere io l’unica persona bianca nella stanza, come la mamma di Colin Kaepernick nella serie Netflix, “Colin in bianco e nero” quando accompagna il figlio in una barbery e lei è l’unica persona bianca nella stanza. Mi sono chiesta “ed io come mi sarei sentita?”.

Questi interrogativi sono nati osservando l’angolino di mondo che abito, dove nei diversi contesti sociali – scuola, palestre, uffici, ecc. – spesso “la persona nera” è l’unica nella stanza.

Penso inoltre a mio figlio che attorno a lui non vede adulti neri in cui rispecchiarsi e attraverso cui immaginarsi “da grande”. O meglio li vede, spesso ( e soltanto) a fare vigilanza all’ingresso dei negozi o a lavorare nei cantieri stradali, oppure sulle biciclette mentre trasportano cibo a domicilio. Da nessuna altra parte. Che idea si può fare di questo angolo di mondo?

Mi chiedo anche:

Quanto e come, gli sterotipi e i pregiudizi su adozione e colore della pelle, su un aspetto o sull’altro, oppure su entrambi, incidono su ciò che una persona è o non è?

Oppure su ciò che fa o non fa o su ciò che desidera essere oppure no?

Oggi quando mio figlio mi chiede cosa è il razzismo, mi interrogo su quali siano le parole giuste da usare per una narrazione giusta, equilibrata, ripulita di tutti quegli stereotipi che nemmeno io fino a poco tempo fa sapevo riconoscere. Mi chiedo se esiste un modo giusto per preparare i propri figli a fronteggiare le micro aggressioni che potrebbero subire o a cui potrebbero assistere, attraverso gesti e parole che potrebbero pesare come macigni. Credo che insegnare l’antirazzismo non riguardi solo le parole da usare e quelle da non usare, ma anche (e soprattutto) dare il buon esempio, allenare l’ascolto e il pensiero critico e costruttivo su ciò che è davvero la multiculturalità, interrogandoci sul nostro personale approccio ( non solo quando ci attiviamo nelle situazioni spiacevoli che ci riguardano da vicino).

Ancora acerba dell’argomento, negli ultimi mesi ho deciso di approfondire attraverso letture che potessero aiutarmi a conoscere le sfaccettature del razzismo, anche quello più subdolo che abita nelle pieghe dell’atteggiamento di chi dichiara “io non sono razzista” o che si cela nella comunicazione dei piccoli e grandi media, attraverso testi e immagini che evidenziano “privilegi e superiorità” di chi ha la pelle "bianca".

Di seguito desidero condividere alcuni dei titoli dei libri che ho letto e la pagina Facebook de “Il corpo estraneo” che ti invito a seguire perché – oltre ad essere un libro della Collana Genitori si diventa ( Edizioni ETS) molto ricco di spunti di riflessione - contribuisce quotidianamente attraverso i social, alla decostruzione di stereotipi, pregiudizi e luoghi comuni, principalmente su adozione e affido, ma non solo.

"Figli dello stesso cielo" di Igiaba Scego, Piemme edizioni.

"L'unica persona nera nella stanza" di Nadeesha Uyangoda, 66thand2nd edizioni.

"Io dico no al razzismo. 10 parole per capire il mondo" di Viviana Mazza e Kibra Sebhat, edizione Mondadori

"Il corpo estraneo" di Monya Ferritti, pagina Facebook: www.facebook.com/ilCorpoEstraneo

 

(La foto utilizzata per accompagnare questo articolo è di mio figlio che quando aveva 4 anni e mezzo, dopo aver finito il suo disegno, ha voluto titolarlo così "Questa è la mappa del mondo".)

 

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Data di pubblicazione: 
Lunedì, Agosto 29, 2022

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