Per rischio giuridico si intende la possibilità che il bambino debba ritornare nella famiglia di origine (con ciò intendendosi i parenti sino al 4° grado) durante il periodo di collocamento provvisorio, cioè quando il bambino sia già stato assegnato alla famiglia adottiva, ma in attesa del decreto di affidamento preadottivo. Mentre l'art. 25 comma 1 della legge 184/1983 stabilisce che, decorso un anno dall'affidamento preadottivo il Tribunale decide sull'adozione. nessun termine è prescritto per la durate del collocamento provvisorio. Qualora sia presente una situazione di rischio giuridico non potrà ovviamente perfezionarsi l'adozione fino alla cessazione del predetto rischio.
I rischi sono legati ai seguenti casi:
1 - Figli di madre che non vuole essere riconosciuta
In Italia, ogni donna può non riconoscere il figlio pur mantenendo il diritto di usufruire di tutta l'assistenza medico-sanitaria per il parto. La madre ha 10 giorni di tempo dalla data della nascita per riconoscere il neonato, successivamente, dall'undicesimo giorno viene dichiarato lo stato di abbandono e il Tribunale cerca una famiglia a cui affidare il bambino. Il rischio giuridico permane per un breve periodo (pari a due mesi), poi ha inizio il periodo di 12 mesi di affido preadottivo, a conclusione dei quali l'adozione diventa definitiva. (art. 11 legge 4/5/1983 n. 184, così come modificato dall'art. 11 legge 28/3/2001 n. 149).
Tale periodo decorre, ovviamente, anche per il padre a partire, però, dal momento in cui viene a conoscenza della nascita (che può quindi coincidere con un momento successivo, anche di parecchio, dall'evento de quo) e fino al provvedimento di affidamento preadottivo.
2 - Bambini tolti dalla custodia delle famiglie naturali dal Tribunale dei minori
Nel secondo caso i bambini possono essere tolti alle famiglie di origine su segnalazione dei Servizi sociali, per venire affidati a strutture preposte. Il Tribunale dei minori valuta se le difficoltà della famiglia di origine siano temporanee o permanenti; vengono disposti degli aiuti, sia di tipo economico sia di supporto psicologico. Se il Tribunale lo ritiene può proporre dei casi di affido (anche congiunto con la famiglia di origine); se il Tribunale - trascorso un periodo di tempo variabile a seconda delle situazioni - decide di emettere un "decreto di adottabilità" (dopo la riforma del 2001 una sentenza), il bambino può essere collocato provvisoriamente presso una struttura comunitaria ma anche, a seguito di un "decreto di collocamento familiare" presso una coppia ritenuta idonea all'adozione. La madre, il padre e i parenti biologici fino al 4° grado che abbiano rapporti significativi col minore possono, entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento di adottabilità, proporre impugnazione avanti alla Corte di appello. La predetta Corte emette una sentenza che deve essere notificata ai ricorrenti, questi ultimi possono ancora, entro 30 giorni dalla notifica, effettuare un ultimo ricorso alla Corte di cassazione. In ogni caso l'udienza di discussione dell'appello e del ricorso deve essere fissata entro 60 giorni dal deposito dei rispettivi atti introduttivi. Tutto questo iter ha tempi che non possono essere quantificati in quanto dipendenti da vari fattori. Può anche accadere che i membri della famiglia di origine siano irreperibili e quindi la notifica non venga consegnata; in questo caso la sentenza viene pubblicata sull'Albo pretorio e dopo 20 giorni si considerano scaduti i termini per un eventuale ricorso. Durante questo periodo di tempo le informazioni alla famiglia adottiva sono spesso carenti, non essendo essa soggetto processuale. C'è comunque da considerare che più tempo il bambino sta con la famiglia adottiva e minori sono le probabilità che venga accolto un ricorso dei parenti biologici; inoltre i tempi lunghi spesso disincentivano le famiglie naturali dal presentare ulteriori ricorsi. Quando tutte le sentenze sono state emesse o sono scaduti i termini per i ricorsi, parte il periodo dell'affido preadottivo e dopo 12 mesi l'adozione diventa definitiva.
Una volta intervenuta la dichiarazione di adottabilità e l'affidamento preadottivo, l'eventuale successivo riconoscimento è privo di efficacia.
Essendo il rischio giuridico, come si è detto, astrattamente sempre connaturato all'adozione nazionale, i Tribunali richiedono che le coppie ne abbiano piena consapevolezza e che ne accettino la sussistenza, con la conseguenza che la coppia deve saper fare ricorso alle proprie migliori risorse per la gestione di questo rischio allorché venga abbinata a un minore che versi in tale situazione. In ogni caso al momento dell'abbinamento il Tribunale è tenuto a informare la coppia circa la situazione giuridica del minore.
Fintanto che la situazione giuridica del bambino non è definita viene nominato un tutore al quale la famiglia affidataria deve fare riferimento per tutti gli atti di "straordinaria" amministrazione. In sostanza: decisioni importanti devono essere autorizzate dal tutore. Per esempio un intervento chirurgico, la possibilità di un viaggio all'estero ecc. Al medesimo tutore si dovrà dare atto delle iniziative necessarie prese per la cura del minore: ad esempio iscrizione a scuola; esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie ecc. Solitamente lo scambio di queste informazioni avviene per via epistolare. Spesso il tutore non è una persona fisica, ma un ufficio all'interno del quale è individuato un responsabile della pratica. Altre volte è invece nominato un giudice tutelare, oppure un curatore speciale.