Autore: 
Fabio Antonelli, Anna Guerrieri
La nostra recensione del libro "Salute e Adozione", a cura di Fabio Antonelli e Piero Valentini, ed. Ets, 2020.
 
Perché scrivere questo libro? Questo libro nasce dallo sforzo congiunto di specialisti e genitori, che ritengono che i bambini che arrivano per adozione nelle famiglie possono avere specificità psico-fisiche importanti che vanno conosciute e capite, di cui ci si deve prendere cura. Garantire una buona accoglienza significa anche questo: genitori pronti e attenti, pediatri consapevoli e in grado di creare una efficace rete di supporto alle famiglie.
Questo libro dunque, nato a partire dall’esperienza dell’associazionismo familiare1, si propone come uno strumento per i pediatri per conoscere la realtà della famiglia adottiva e per i genitori per aiutarli comprendere meglio cosa sia il rischio sanitario in adozione e come affrontarlo con la giusta consapevolezza senza che il timore prenda il sopravvento. Vi sono parti più descrittive riguardanti la famiglia adottiva e altre “mediche” più tecniche come anche storie e narrazioni in prima persona. Queste ultime hanno un valore particolare poiché hanno il sapore della vita vissuta, di chi ci è “passato attraverso”.

Per quanto molto minoritari rispetto alla globalità della popolazione in età pediatrica, la percentuale dei minori adottati è oggi in Italia statisticamente osservabile2 e richiede quindi uno sguardo attento alle sue specificità. Dal 2000 al 2018, i minorenni stranieri adottati internazionalmente (AI) sono stati 49202, ai quali si aggiungono circa 19000 minori adottati nazionalmente (AN) nello stesso periodo. Negli ultimi anni, pur verificandosi un notevole calo delle adozioni internazionali in tutto il mondo, nel nostro paese questo fenomeno è stato più contenuto e l’Italia rimane, dopo gli Stati Uniti, il paese dove si adotta di più. La varietà di provenienza dei bambini adottati internazionalmente è vasta.

Nel biennio 2014-15, come pubblicato dalla Commissione Adozioni Internazionali3 (CAI), sono stati autorizzati all’ingresso in Italia a scopo adottivo 4.422 minori stranieri, di cui il 12,44% provenivano dall’Africa, il 20% dall’Asia, il 18,55% dall’America (centro-sud) e il 48,92 dall’Europa (est); l’età media dei bambini era di 5,9 anni, di cui il 41,2% fra 1 e 4 anni, il 44% fra 5 e 9, l’11,9% con un’età pari o superiore a 10 anni, solo il 2,9% si posizionava sotto l’an- no d’età. Le percentuali sono simili anche nel biennio successivo. Nel 2018 i minori adottati internazionalmente per i quali è stato chiesto l’ingresso in Italia sono stati 1394, di cui 8,7% proveniva- no dall’Africa, il 20,9% dall’Asia, il 23,7% dall’America e il 46,7% dall’Europa. Quindi si riscontrano percentuali simili con un incremento significativo dell’America. Differentemente, l’età media dei bambini al momento dell’ingresso è salita a 6,4 anni, con il 35% di loro fra 1 e 4 anni, il 47% fra 5 e 9 anni, il 15% con età superiore a 10 anni e circa il 3% sotto l’anno d’età. L’incremento dell’età media dei minori adottati internazionalmente al momento dell’ingresso è dovuto a vari fattori. Da una parte i paesi stranieri sempre più propongono in adozione bambini con età maggiore, che come vedremo rientrano tra gli “special needs”, dall’altra è cresciuta l’età media degli adottanti. 

Per i minori adottati nazionalmente nello stesso periodo non sono reperibili, a parte le numerosità, dati che informino delle caratteristiche delle adozioni realizzate. Il loro numero è rimasto sostanzialmente stabile nel corso degli anni attestandosi a circa un migliaio per anno, mentre non si hanno dati espliciti riguardo alla loro provenienza, sebbene l’esperienza permetta di affermare che, grazie ai fenomeni migratori, le origini dei bambini sono comunque molto variegate4.

Concentrando l’attenzione sul tema della salute, con un bambino che arriva per adozione, le famiglie e i pediatri si possono trovare ad affrontare molteplici specificità e criticità sanitarie.

  1. Grande varietà etnica e di provenienza geografica.
  2. Situazione vaccinale incompleta e/o non affidabile (AI).
  3. Età presunte non corrispondenti all’età anagrafica con una differenza anche di 2 o 3 anni (soprattutto in AI).
  4. Malattie infettive (soprattutto in AI).
  5. Parassitosi (soprattutto in AI).
  6. Patologie da malnutrizione (soprattutto in AI).
  7. Pubertà precoce.
  8. Malformazioni, soprattutto in AI, a volte non trattate o trattate impropriamente.
  9. Sindromi genetiche.
  10. Patologie perinatali.
  11. Patologie respiratorie ed endocrino-metaboliche.
  12. Sindrome Feto-Alcolica o sindromi dovute alla tossico-dipen- denza della madre.
  13. Conseguenze psico-fisiche di eventi traumatici (abbandono, abuso, maltrattamento, incuria), disturbi dell’attaccamento, disturbi nell’area dell’apprendimento e dell’attenzione, distur- bi dello sviluppo ecc.
  14. Possibilità che emergano disagi e/o patologie (almeno appa- rentemente) di natura psichiatrica specialmente nelle fasi adolescenziali5.

Bisogna essere consapevoli che alcune delle condizioni e patologie sopra descritte sono in qualche misura peculiari del gruppo dei bambini adottati non perché adottati ma poiché nell’analogo campione in età pediatrica residente in Italia di solito non si riscontrano o sono state efficacemente diagnosticate e precocemente trattate. 

Per creare una reale dimensione di accoglienza di bambini e delle bambine e per garantire un giusto sostegno alle loro nuove famiglie è molto importante comprendere ogni aspetto (e quindi anche sanitario) riguardante i bambini e in particolare quelli già segnalati con bisogni speciali sin dall’abbinamento.

Non è un caso che sul tema “salute” sia intervenuto anche l’unico Coordinamento Italiano di Associazioni familiari adottive e affidatarie, il Coordinamento CARE6, chiedendo la progettazione di Linee guida su salute e adozione e informazione e formazione sul tema per i pediatri di base. Negli ultimi anni grande attenzione è stata riservata al post adozione da parte dell’associazionismo7 familiare e oramai sempre più anche a livello istituzionale8. Per garantire lo sviluppo di azioni di post adozione significative e adeguate alle necessità dei bambini e delle famiglie è davvero imprescindibile approfondire il significato di “special need” e la portata del fenomeno nell’adozione.

Per i bambini adottati internazionalmente, la CAI classifica “i minori autorizzati all’ingresso con problematiche di tipo sanitario suddividendoli tra quelli con bisogni speciali e quelli con bisogni particolari. I primi indicano bambini con patologie gravi e spesso insanabili, come quelle neurologiche e mentali, gli altri invece presumono un recupero nel corso del tempo, che può condurre ad una guarigione totale, o comunque permette uno sviluppo psicologico e sociale autonomo”.

Nel rapporto statistico della CAI 2014-2015 viene, tra l’altro, evidenziato che le informazioni raccolte potrebbero non essere completamente attendibili o complete, per vari motivi:

  1. Nei paesi di origine, le relazioni sullo stato di salute dei minori sono spesso redatte da personale non medico ma di assistenza e quindi non possono essere descritte come vere e proprie diagnosi.

  2. Le informazioni sullo stato di salute trasmesse dagli organi esteri ai fini dell’autorizzazione all’ingresso possono essere una parte di quelle effettivamente disponibili.

  3. Vi è una grande difformità nella stesura delle informazioni riguardanti gli aspetti di vita, le abitudini e le condizioni di salute del minore adottato, a seconda del Paese di origine.

D’altra parte, è abbastanza chiaro che vi sia spesso un’impossibilità effettiva di acquisire un’anamnesi familiare, dati sanitari prenatali e perinatali o una storia sanitaria precedente l’entrata in un istituto. Nel biennio 2014-2015, il 25,2% del totale dei minori adottati internazionalmente è stato segnalato come portatore di bisogni speciali e/o particolari. 

Nel 2018 (Report CAI) a fronte di 1.394 minori autorizzati all’ingresso in Italia 981 riguardano minorenni portatori di uno o più special needs. Numericamente parlando il fenomeno interessa dunque una netta maggioranza degli ingressi pari al 70% del totale. Nella maggior parte dei casi (60%) si tratta di minori adottati in età maggiore di sette anni: per il 27% l’età risulta l’unica caratteristica, per il 23% è accompagnata da una situazione di fratria, il 6% da situazioni legate a traumi e per il restante 4% sono riscontrate tutte e tre situazioni di special needs. A completare il quadro si registra il 16% del totale legato esclusivamente a traumi, problemi comportamentali, incapacità fisica e mentale, che in concomitanza con l’esistenza di fratrie scende al 5% dei casi; esclusivamente nell’ambito di fratrie si conta invece il 20% del totale degli special needs.

In generale, i bambini adottati nazionalmente presentano un quadro sanitario più chiaro, in quanto adottati da neonati o già inseriti da tempo nel sistema sanitario nazionale al momento dell’adozione. Si può comunque affermare che essi condividono con chi è adottato internazionalmente un passato (prenatale e/o perinatale e/o postnatale) più o meno lungo di incuria.

Inevitabilmente questo passato si riflette in maniera più o meno marcata nelle loro condizioni di salute e di sviluppo psico-fisico, soprattutto quando si parla degli effetti dei traumi subiti. I dati sanitari dei bambini adottati nazionalmente sono, in generale, maggiormente completi, ma dei vuoti informativi si possono verificare anche in questo caso. Vi può essere, infatti, una difficoltà nel ricostruire l’anamnesi familiare e/o i dati prenatali e perinatali, ma anche un difetto procedurale nella raccolta dei dati per i bambini non riconosciuti alla nascita. Qualora il parto anonimo sia stato utilizzato, la raccolta dei dati sanitari del bambino e la loro inclusione nel dossier del medesimo è prevista dalla legge, mentre se il mancato riconoscimento avviene dopo la nascita, le prassi dei Tribunali dei Minorenni sono difformi e può accadere che non sia stata prevista l’inclusione dei dati sanitari acquisiti in ospedale nel dossier del bambino.

Parlare di “salute” è quindi importante ed emerge con forza in tre fasi cruciali della vita della famiglia adottiva, in cui l’aiuto di pediatri esperti e consapevoli di queste peculiarità può rivelarsi prezioso.

 

L’iter preadottivo e il momento dell’abbinamento

Quando una coppia decide di voler provare a formare una famiglia per adozione, presenta dichiarazione di disponibilità all’adozione nazionale e/o internazionale presso un Tribunale per i Minorenni (TM) e inizia un percorso formalizzato volto ad appurare le potenzialità genitoriali della coppia e le loro disponibilità nell’accogliere un bambino in stato di abbandono. Durante questo percorso, i servizi socio-assistenziali svolgono un’indagine conoscitiva della coppia e l’aiutano ad acquisire consapevolezza dei propri limiti e delle proprie disponibilità. Questo processo coinvolge inevitabilmente anche una riflessione sui possibili aspetti sanitari prima elencati9. Il percorso con i servizi conduce all’incontro con un giudice onorario. Nel caso dell’adozione nazionale il giudice acquisisce le disponibilità della coppia come riportate dalla relazione stilata dai servizi socio-assistenziali, mentre nel caso dell’adozione internazionale, se il percorso valutativo ha avuto esito positivo, viene emesso un decreto di idoneità della coppia all’adozione internazionale.

L’eventuale abbinamento tra coppia e bambino si svolge secondo due canali differenti a seconda che si tratti di adozione nazionale o internazionale. Per le adozioni nazionali un giudice onorario cura l’abbinamento sulla base delle disponibilità e delle capacità della coppia emerse nel corso dell’indagine conoscitiva effettuata dai servizi socioassistenziali. Di solito, lo stato di salute e almeno parte della storia sanitaria del bambino sono ben documentate, ma, in presenza di patologie o di situazioni che meritano attenzione, non è detto che il quadro e le eventuali implicazioni sanitarie siano sempre pienamente compresi dalla coppia. Può essere allora importante potersi avvalere delle competenze di un pediatra esperto sul tema.

Nel caso dell’adozione internazionale, la coppia con decreto di idoneità, ha un anno di tempo per conferire l’incarico a un Ente Autorizzato10 (EA), che curerà l’eventuale abbinamento tra la coppia e un bambino segnalato in stato di abbandono dalle autorità competenti nel paese di origine. L’EA cercherà di realizzare il miglior abbinamento, tenendo conto delle disponibilità e risorse della coppia e della storia del bambino. Come detto precedentemente, nonostante le migliori intenzioni, lo stato di salute e la storia sanitaria del bambino potrebbero essere descritti insufficientemente o inadeguatamente. In questa fase, può essere importante potersi avvalere del parere di un esperto, per poter prendere una decisione in maniera consapevole sulla base delle informazioni a propria disposizione.

È davvero cruciale il ruolo svolto dal pediatra cui ci si riferisce perché ampio è il rischio di sottovalutare o sopravvalutare quanto emerge dal punto di vista medico11. Entrambe le situazioni possono avere effetti negativi. Una decrittazione equilibrata e sobria può invece essere di grande aiuto, permettendo di comprendere meglio sia i propri limiti che le proprie possibilità e soprattutto di capire come agire al meglio per il figlio che sta arrivando. Al centro sta sempre il diritto del bambino a una famiglia e alla cura soprattutto se bisognoso di attenzioni mediche.

 

Il momento dell’arrivo in famiglia

Nel caso dell’adozione nazionale, all’arrivo in famiglia i bambini sono già inseriti nel sistema sanitario nazionale, tuttavia, anche in questa situazione, può essere utile avere un riferimento di pediatri che conoscono cosa sia l’adozione per tutte le specificità che riguardano esplicitamente la fase del primo inserimento e che possono comunque emergere come rilevanti (basti pensare a tutte le possibili complessità comportamentali che possono presentarsi ed essere di difficile comprensione quando non si ha esperienza di bambini che abbiano subìto molteplici collocamenti e/o situazioni traumatiche sin dalla nascita).

Nel caso di bambini arrivati per adozione internazionale, è chiara la necessità di un approccio multidisciplinare efficace che tenga conto della possibile assenza, scarsità o poca accuratezza delle informazioni mediche12. “La letteratura internazionale, confermata dall’esperienza di alcuni centri italiani riconoscono la popolazione dei bambini provenienti da adozione internazionale come un gruppo di bambini che richiede una particolare attenzione sanitaria. Lo stato di salute spesso non è adeguatamente documentato ed è necessario prevedere rivalutazioni in ambito fisico, di crescita, di sviluppo” scriveva il dott. Podestà nel 200613.

Da allora alcune cose sono cambiate ma non abbastanza. È chiaro che un’adeguata accoglienza sanitaria del bambino adottato internazionalmente avrebbe bisogno di basarsi su una buona conoscenza degli aspetti specifici dell’AI da parte della rete dei pediatri di base e su servizi pediatrici qualificati, con protocolli unitari per gli esami di screening, da effettuare dopo l’arrivo in Italia.

In questo ambito, fortunatamente, varie sono le esperienze positive e i protocolli collaudati a livello locale e regionale (pur non garantendo uniforme diffusione sul territorio nazionale)14. Positiva e importante è stata l’azione del Gruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Migrante della Società Italiana di Pediatria (GNLBM – ex GNLBI)15. Dalla fine degli anni 90 sono sorti sotto la sua egida dei Centri di Riferimento per le Adozioni Internazionali e nel 2002, in occasione del 58° Congresso della Società Italiana di Pediatria e della riunione del GNLBM a Montecatini, è stato presentato il primo protocollo di “Accoglienza sanitaria del bambino adottato all’estero”, approvato nello stesso anno dalla CAI e in seguito modificato e semplificato (Pisa 2007). Negli anni successivi questo protocollo è stato utilizzato anche nell’accoglienza di minori di recente immigrazione da Paesi a rischio e integrato dalle “Indicazioni del GLNBI-SIP per l’accoglienza Sanitaria al Minore Migrante” del 2013. Nel tempo sono stati “adottati” protocolli sanitari di accoglienza che si sono perfezionati a seconda del bagaglio esperienziale acquisito negli anni dai vari centri.

 

Post Adozione

Anche a distanza di anni dall’inserimento in famiglia possono emergere delle condizioni di salute nel minore adottato che richiedono una particolare attenzione. In generale il pediatra che seguirà il bambino deve essere consapevole che non potrà disporre di una anamnesi familiare, né di informazioni sulle condizioni prenatali e perinatali e quindi dovrà essere in grado di allertare o tranquillizzare i genitori riguardo allo stato di salute psico-fisica del bambino anche in assenza di questi dati. Individuare, in età evolutiva, per esempio, gli indicatori di un potenziale disagio emotivo, affettivo, comportamentale è ancora più difficile quando non si può ricorrere a una conoscenza della storia familiare e si è in presenza di storie complesse come quelle adottive.

Tener presente gli effetti a lungo termine che l’incuria e l’abbandono possono produrre nello sviluppo psico-fisico di un bambino significa essere consapevoli dei possibili effetti dei traumi subiti nei primi anni di vita.

La letteratura scientifica tra l’altro indica una maggiore incidenza nella popolazione dei bambini adottati di

  • disturbi dell’attaccamento;

  • disturbi specifici dell’apprendimento;

  • disturbi del comportamento16.

Sul lato fisico alcuni studi sembrerebbero rilevare una maggiore incidenza di pubertà precoce, forse correlata al cambiamento dello stile di vita affettiva17. I bambini e i ragazzi che entrano nelle loro nuove famiglie, lasciandosi alle spalle geografie, ricordi, assenze e che spesso non parlano la stessa “lingua” dei loro nuovi genitori, sono i primi che devono affrontare tutte queste difficoltà e che le devono gestire a casa, a scuola e in società. Si tratta di una notevole fatica, prolungata negli anni, e i loro genitori sono chiamati a sostenerli in questi percorsi, a volte anche molto, accidentati. Tutto ciò comporta un impegno emotivo, psico-fisico ed economico ingente da parte di tutta la famiglia adottiva ed è quindi importante poter avere un facile accesso a una rete di specialisti che possano fornire un sostegno continuato nel tempo e una eventuale presa in carico.

 

Questo libro, come già detto, procede su due chiavi ed è strutturato in 6 capitoli che possono essere usati abbastanza indipendentemente l’uno dall’altro a seconda che il lettore sia un genitore o un pediatra.

Anche per questo i contributi sono molteplici, richiamando diversi tipi di competenze. Il libro ha visto due curatori: il prof. Piero Valentini18 ha scritto e coordinato la parte medica insieme a un team di medici da lui individuato; Fabio Antonelli19 ha invece curato la parte più descrittiva e di raccordo e la strutturazione globale del libro.

Il primo capitolo è indirizzato soprattutto ai pediatri e in generale a coloro che vogliano farsi un’idea abbastanza chiara di cosa è l’adozione e di quali sono i protagonisti e i fattori in gioco ed è a cura di una psicologa, la dott.ssa Joyce Flavia Manieri.

Il secondo capitolo è dedicato a descrivere come la salute dei bambini entra nell’intero processo adottivo e a quale fondamentale ruolo può svolgere il pediatra con una parte, sempre a cura di Joyce Flavia Manieri, sul ruolo dell’EA sul tema salute. Alla fine del capitolo sono presenti delle narrazioni di genitori, che permettono di entrare in contatto con cosa significhi incontrare il tema della salute nel proprio percorso adottivo.

Il terzo e quarto capitolo sono più medici dedicati agli eventuali protocolli da seguire all’arrivo in famiglia del bambino e alle eventuali patologie o criticità che più spesso si possono presentare. Questi due capitoli possono essere una fonte di informazioni preziosa per i prospettici e attuali genitori adottivi, senza doversi necessariamente immergere in tutti i dettagli tecnici e, senza avere la pretesa di essere un trattato medico, possono essere un agile e rapido riferimento per il pediatra.

Il quinto capitolo infine è dedicato ad alcuni aspetti che possono coinvolgere la neuropsichiatria infantile con particolare attenzione a tutta l’area dei bisogni speciali. Il sesto capitolo è stato invece voluto per raccoglie- re in modo sintetico e approfondito al tempo stesso, dal punto di vista psicologico e neuro-scientifico, ciò che si sa sulle conseguenze degli eventi traumatici e dell’incuria sui processi di attaccamento, di apprendimento e attentivi. Contiene quindi dei paragrafi sui Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) e sul Deficit di Attenzio- ne e Iperattività (ADHD) grazie al contributo della dott.ssa Giada Lauretti, neuropsichiatra infantile.

 

Potete trovare il libro Salute e adozione: un argomento importante per famiglie e pediatri a cura di Fabio Antonelli e Piero Valentini sul sito dell'Editore, Edizioni ETS, sulle maggiori piattaforme online (Amazon, IBS, ...), ordinando in libreria e rivolgendovi alle sezioni a voi più vicine di Genitori si diventa.

 

1  Genitori si diventa OdV sin dalla sua nascita si è occupato del tema “salute”. Non è un caso che nei due libri omonimi dell’associazione pubblicati nel 2006 e nel 2016 ci siano ampie parti dedicate al tema salute e che nella Collana «Genitori si diventa» edita da Edizioni ETS ci sia il volume La salute del bambino e dell’adolescente del dott. Rober- to Marinello. Nel corso degli anni Genitori si diventa ha promosso convegni e incontri dedicati alla salute e varie sezioni dell’associazione organizzano periodici incontri con pediatri. Il presente lavoro nasce anche a valle di tutto questo impegno profuso negli anni.

2 La raccolta dati in materia di adozione è svolta dal Ministero della Giustizia, che riceve e diffonde quanto trasmesso dai Tribunali per i Minorenni (TM). I dati sull’adozione internazionale sono raccolti e diffusi dalla Commissione per le adozioni internazionali (CAI) attraverso rapporti statistici pubblicati periodicamente in cui sono specificate alcune caratteristiche delle adozioni realizzate.

3 L’adozione internazionale è regolata dalla Convenzione dell’Aja che prevede un sistema di cooperazione tra Autorità Centrali dei vari paesi contraenti. In Italia, questo ruolo è svolto dalla Commissione per le Adozioni Internazionali. La Convenzione stabilisce che il bambino abbia il diritto a crescere nella sua famiglia e nel suo paese ma se questo non è possibile, viene presa in considerazione l’adozione internazionale che deve essere sempre e solo nell’interesse superiore del bambino.

4 Le caratteristiche somatiche di questi bambini sono le più varie e hanno origini (vi- cine o lontane) in paesi dell’Est Europa, dell’Africa, dell’Asia o del Sud America, nonché nei gruppi transnazionali Rom e Sinti.

5 Il 10° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza in Italia (2019) realizzato dal gruppo CRC riporta: Indicatori critici emergono nell’analisi della salute degli adolescenti, poiché il ricovero degli adolescenti adottati è pari al 13% contro lo 0,8% degli adottati sulla popolazione di pari età. Questo infatti è quanto riscontrato dall’Autorità Garante Infanzia e Adolescenza (2017) in La salute mentale degli adolescenti (disponibile sul sito di AGIA).

6  Un focus rivolto al Ministero della Salute si trova proprio nel Dossier Adozioni reperibile sul sito del CARE, www.coordinamentocare.org

7 Per un’ampia descrizione dal punto di vista strutturale e contenutistico dei gruppi di mutuo aiuto possibili in un’associazione familiare (a partire dall’esperienza di Geni- tori si diventa) si veda L’adozione una risorsa inaspettata di Guerrieri Marchianò, Pisa, Edizioni ETS.

8 Sempre nel 10° Rapporto del Gruppo CRC si trova: Alle tante criticità (tempi lunghi, costi elevati, ecc.) che si rilevano in un percorso particolarmente complesso, come quello delle adozioni internazionali, si aggiunge per le coppie impegnate nell’attesa di questi bambini, l’esigenza di una maggiore conoscenza delle problematiche correlate e di un sostegno, non solo nella fase dell’attesa, ma anche successivamente all’inserimento del bambino in famiglia.

9 In questa fase poter contare su un’informazione accurata e partecipe di un pedia- tra esperto può rivelarsi uno strumento prezioso per la coppia. Molto apprezzati dalle coppie preadottive sono anche gli incontri di gruppo (seminari) con pediatri esperti di adozione e che possono parlare in generale di temi che poi possono emergere in sede di riflessione coi servizi o di abbinamento.

10 Informano, formano, affiancano i futuri genitori adottivi nel percorso AI e curano lo svolgimento all’estero delle procedure necessarie per realizzare l’adozione; assistendoli davanti all’Autorità Straniera e sostenendoli nel percorso post adozione. La legge 476/98 ha reso obbligatorio l’intervento dell’ente autorizzato in tutte le procedure di adozione in- ternazionale, modificando la precedente disciplina che permetteva, invece, di rivolgersi an- che direttamente alle autorità straniere. Essendo stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 ottobre 2000 l’albo degli enti autorizzati, dal 15° giorno dalla data di pubblicazione la nuova normativa è entrata in vigore e conseguentemente chi vuole adottare un bambino all’estero deve conferire l’incarico a uno degli organismi indicati nell’albo (art. 29-bis legge su adozione), entro un anno dalla avvenuta modifica del predetto decreto.

11 Gli esperti affermano che i bambini che vivono in Istituto accumulano un ritardo di 4/5 mesi nello sviluppo per ogni anno di permanenza nella struttura di accoglienza, spesso non in grado di offrire l’accudimento e la stimolazione necessaria a un sano e armonioso sviluppo dei bambini. Questo dato da solo evidenzia l’importanza di un’attenzione parti- colare a tutto ciò che può apparire come anomalo in un bambino appena adottato. Tutto, in queste fasi iniziali, può apparire sia ingigantito sia poco comprensibile quando non si ha cognizione delle realtà dei bambini e delle bambine privati di famiglie accudenti.

12  La ricerca pediatrica sul tema rileva anche che: “più del 50% dei bambini prove- nienti dall’estero per adozione internazionale sono affetti da una qualche patologia diagno- sticabile, solo nel 20% dei casi con la visita pediatrica, senza l’ausilio di esami di laboratorio” (Piero Valentini).

13 In Genitori si diventa, a cura di A. Fatigati, FrancoAngeli, Milano, 2006.

14 Ricordiamo per esempio il Protocollo della Regione Emilia-Romagna per la tutela della salute psico-fisica dei bambini adottati e la Deliberazione della Giunta Regionale della Regione Piemonte del 30 dicembre 2009, n. 22-12964: Azioni a favore dell’area sanitaria inerente le adozioni internazionali e nazionali.

15 Nei centri italiani del GLNBM negli anni 2016-2017 sono stati valutati comples- sivamente 2.516 bambini (76% dei 3310 minori adottati giunti in Italia nei 2 anni). Con percentuali differenti a seconda del Paese d’origine, sono stati registrati numerosi soggetti con malformazioni o con esiti di infezioni congenite, TBC, parassitosi, stati carenziali. In molti casi è stata osservata comparsa di pubertà precoce dopo l’adozione. La maggioranza dei bambini infine è risultata non adeguatamente vaccinata (dott. Zavarise, XII Congresso Nazionale FIMP, 2018).

16  La ricerca internazionale (Van Ijzendoorn, Juffer, 2006) rileva come l’adozione, intervento di recupero tra i più efficaci in ogni area di sviluppo dei bambini, non riesca a garantire altrettanto nell’area della performance scolastica. La frequenza di Disturbi spe- cifici dell’apprendimento risulta maggiore per i bambini adottati rispetto ai non adottati (Silver, 1989), notandosi difficoltà di attenzione significativamente superiori alla media (Molin, Cazzola Cornoldi, 2009).

17 Alla pubertà precoce è dedicato un intero paragrafo di questo libro, ci fa piacere segnalare quanto segue del dott. R. Virdis (Ambulatorio Adozioni Internazionali, Azien- da Ospedaliera-Universitaria e “Poliambulatorio Dalla Rosa Prati”, Parma): Numerose sono le ipotesi che possiamo avanzare per spiegare questo fenomeno. Un ruolo rilevante è svolto senza dubbio dal miglioramento della dieta, direttamente e indirettamente tramite le variazioni metaboliche che implica, quali stimolo alla produzione di sostanze endogene (ormoni, neurotrasmettitori, e altre) e modificazioni corporee importanti per l’avvio dello sviluppo puberale (in Genitori si diventa, cit.).

18  Direttore della U.O.S.A. Pediatria Specialistica del Policlinico “A. Gemelli” Roma.

19  Fabio Antonelli, volontario di Genitori si diventa, segnala l’aiuto e il supporto fornito da Anna Guerrieri soprattutto nel tenere traccia delle molteplici fonti bibliografiche.

Data di pubblicazione: 
Lunedì, Febbraio 3, 2020

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