Da qualche mese, Marco vuole fare i compiti dopo cena.
Forse perché c’è più silenzio, forse perché è uno spazio solo suo. Gli altri ragazzi del gruppo passano davanti alla porta e cercano di disturbare il meno possibile. Non entra nessuno.
Sanno che quel momento è necessario all’amico per sentirsi meglio.
…Così studiamo, chiusi nella sua stanza, a gambe incrociate sul letto. E la storia, l’antologia, la grammatica diventano il pretesto per parlare della vita. La sua.
Marco non riesce a chiederti di stare un po’ con lui.
Non sarebbe “da uomo”.
Lui è finalmente grande. Lo sono le sue mani. Le sue spalle. I suoi muscoli, scolpiti dallo sport, di cui è tanto fiero.
E ti spiega, curvo sulla sedia, la testa bassa… che non è una questione estetica. “È che finalmente nessuno mi può più picchiare. Vedi… riesco a difendermi. Non devo più scappare. A casa le botte non finivano mai. Ero troppo piccolo e non trovavo mai un posto per nascondermi. Adesso sono gli altri che hanno paura se mi arrabbio”.
E abbozza un sorrisetto compiaciuto.
In realtà nessuno ha paura di lui. Lo stimano e gli vogliono bene.
Perché è coraggioso e sensibile.
Si mette sulle spalle i bimbi più piccoli e, quando gioca con loro alla lotta, è delicato. Attentissimo a non far male. La loro fragilità un po’lo spaventa.
Marco è introverso, un tantino orso.
L’umore altalenante, colpa dell’adolescenza e degli ormoni, non gli dà tregua…Incredulo domanda se davvero è la crescita, e se poi passa…
La mattina ti chiede di svegliarlo con un po’ di anticipo.
Si deve radere. Il naso ad un centimetro dallo specchio, sguardo investigativo alla caccia del pelo randagio. E poi… schiuma da barba su tutta la faccia e lametta senza pietà.
È innamorato della compagna di classe e l’aspetto è fondamentale. Il giorno di San Valentino con la sua mancetta le ha comprato una scatola di “Baci Perugina”. Lei gli ha dato un bacio sulla guancia e gli altri ragazzi, discreti come sempre, mi hanno detto che è diventato rosso e non è riuscito a dirle una parola.
Mentre studiavamo epica, mi ha chiesto perché è così complicato dire Ti voglio bene.
“Sai mi sudano le mani, mi viene quasi il vomito e se lei mi risponde:… io no..?”
E poi ci sono i momentacci. Quelli in cui la rabbia non si controlla e allora si rompe tutto. In silenzio.
Rischiando di farsi male. Per non farne a chi gli è vicino.
Marco non urla mai: a denti stretti gli esce qualche parolaccia.
Piange a singhiozzi. Le spalle che vanno su e giù. Lacrime grandi, sproporzionate. E lui che spezza, con le sue mani troppo grosse, matite, cd, righelli, macchinine.
Il dolore è troppo in quei momenti.
“Perché non posso avere una famiglia?. Io ne ho bisogno. Non so neanche cosa farò tra due mesi. Mi avete iscritto ad una scuola dove non andrò mai. Perché tanto non sarò più qui.”
È vero. Quel liceo l’abbiamo scelto insieme.
Un giorno è tornato con il volantino, entusiasta. “Guarda!! Troppo bello!!! Qui ti fanno fare anche il patentino per le moto!!” La sua grande passione. Insieme alle auto sportive, alla storia e alla matematica. Mentre guardavamo al computer il sito della scuola, dondolava felice sulla sedia.
È stato un attimo di serenità. Di equilibrio. Di progetto.
Perché di progetti Marco non può farne.
Alla fine di quest’anno è certo che per limiti di età non potrà più restare in comunità.
E mentre lo si guarda fare a pezzi gli oggetti a cui tiene, si è impotenti.
Non ci sono risposte. Tranne quella solita e scontata : che si sta facendo il possibile perché abbia un futuro sereno.
Ma perché nessuna famiglia mi vuole? Cerco banalmente di spiegare che la difficoltà maggiore è legata all’età, ma non mi escono le parole quando mi interrompe: “Ma voi dovete dirlo che, anche se sono grande, sono bravo. …Non faccio casino, studio …e poi posso anche dare una mano, non sarei un peso”.
Fingo di cercargli un fazzoletto mentre mi ricaccio in gola il pianto.
Gli soffio il naso. Come se avesse due anni.
Protesta…ma soffia… e gli sfugge un sorriso.
Immobili aspettiamo il lento ricomporsi di testa e cuore.
Ripartiamo dall’analisi logica.
Concentrarsi sul complemento di specificazione è quasi un sollievo.