Autore: 
Antonella Di Berto Mancini Simonetta Cavalli

La Regione Lazio ha attivato da alcuni anni un progetto sul post-adozione e le crisi adottive. Nel contesto di questo progetto sono stati attivati: monitoraggio delle adozioni in Regione, interventi diretti alle famiglie, supervisioni e webinar per gli operatori. Nel 2021 uno dei webinar è stato dedicato all’esperienza dei gruppi nel contesto del progetto, dei servizi territoriali, degli enti autorizzati e dell’associazionismo familiare. Quanto segue descrive una delle esperienze realizzate dai servizi territoriali.

All’interno delle attività rivolte alle famiglie adottive organizzate dal nostro servizio, Gil Adozioni Asl Roma 1, abbiamo previsto momenti di lavoro in gruppo. Si tratta di esperienze pensate ed organizzate al di fuori dell’attività di routine e realizzate da alcuni operatori che hanno deciso di sperimentarsi e mettersi in gioco in modalità operative nuove. Tra le varie esperienze, molto interessante e stimolante è stata quella che ha visto al centro famiglie che avevano accolto in adozione un bimbo neonato e incontrato nel reparto maternità dell’ospedale.

Si è deciso di coinvolgere coppie che avessero adottato il loro bambino da non meno di un anno. Abbiamo quindi cercato nel data base del nostro servizio, famiglie così caratterizzate e contattato le coppie proponendo la partecipazione al gruppo. La prima difficoltà incontrata è stata che, a parte una, le altre non conoscevano gli operatori che avrebbero condotto il gruppo e forse anche per questo motivo molti coniugi non hanno aderito. Anche l’orario proposto poneva il problema dell’assenza dal lavoro e questo ha costituito un limite per la disponibilità dei coniugi. Il gruppo ha quindi visto la partecipazione di quattro coppie con bimbi più o meno coetanei di 12/16 mesi. Gli incontri, 6 in totale della durata di tre ore a cadenza tri-settimanale, si sono svolti presso una delle sedi del Gil Adozioni, la mattina.

Ad ogni incontro le operatrici hanno lanciato una parola stimolo chiedendo ai partecipanti di produrre un breve scritto sul tema da affrontare, da preparare nell’intervallo tra un incontro e l’altro. Le parole proposte sono state: attesa, incontro, paura, riconoscere-conoscere, insieme.

Abbiamo osservato che nel nostro contesto, le coppie hanno inizialmente faticato ad aprirsi e ad affidarsi sia tra loro stesse che agli operatori. Significativo ci è apparso in questo senso che mai sono stati presenti tutti, anche se la presenza delle 4 coppie era sempre garantita da almeno un componente e spesso si sono presentati all’incontro senza l’elaborato che avevamo proposto di realizzare, “non avevano fatto i compiti” per così dire.

In prima istanza abbiamo pensato che la reticenza ad affidarsi al gruppo potesse anche essere dovuta al fatto che  non conoscevano gli operatori, riflettendo abbiamo anche pensato alla difficoltà di creare un legame di attaccamento con il gruppo mentre erano impegnati internamente a creare il loro legame di attaccamento con il proprio bambino.

Il clima, tuttavia, con lo svolgersi degli incontri è diventato caldo ed empatico. Il gruppo ha permesso ai genitori di uscire e affrontare la solitudine aprendosi ad un confronto autentico con gli altri presenti che vivevano la loro stessa esperienza, trovandosi in una condizione di libertà e scambio comunicativo che ha consentito di guardarsi tutti, di confrontarsi e darsi sostegno reciproco. I partecipanti hanno espresso pensieri e interrogativi che avevano dentro, che creavano rumore e scombussolamento ma che non avevano modo di far uscire fuori, di verbalizzare trasformandoli. 

il ruolo di noi operatrici è stato quello di ridare significato e valore alla frammentazione delle diverse esperienze; come accade con la funzione materna di sintonizzazione sui bisogni del bambino, abbiamo permesso ai partecipanti di rispecchiarsi in noi come il bambino si rispecchia nella madre e comincia a mentalizzare. In modo e tempi diversi i partecipanti hanno potuto raccontare la propria esperienza, anche di disagio interiore e insofferenze, in un contesto non valutativo né rigido e in un clima di apertura. Ogni membro del gruppo ha scelto in che modalità partecipare, se ascoltare e non parlare direttamente o se invece apportare un contributo personale. 

La realtà adottiva è sovente intrisa della solitudine dell’esperienza perché i genitori adottivi vivono la propria genitorialità come esperienza particolare, difficilmente condivisibile nel mondo sociale. Il gruppo permette una dimensione comune e la possibilità di riconoscersi “normali”.  Le parole del gruppo hanno fatto da cassa di risonanza agli affetti, circolando fra le persone molto velocemente e raggiungendo livelli espressivi notevoli con momenti intensi di partecipazione e commozione. La maggior parte dei partecipanti è rimasta stupita dei contenuti interni che era riuscita a verbalizzare e che mai avrebbe immaginato di poter fare con altri estranei.  Le coppie hanno rivelato parole, paure e fantasie recondite che a volte non avevano rivelato neanche al partner non essendone consapevoli neanche loro. La sperimentazione del non giudizio in un percorso altresì irto di valutazioni, sia degli operatori ma anche del gruppo amicale e familiare, ha consentito ad ogni partecipante di potersi esprimere in modo autentico nel viaggio della filiazione con un bambino sconosciuto, estraneo.

Nell’immaginario collettivo delle coppie che si accingono ad adottare, l’adozione di un bambino abbandonato in ospedale rappresenta la situazione di adozione più semplice, ed auspicabile, quella che tutti desiderano. Quasi non ci fosse storia e il bambino “diventa subito tuo”. Lui o lei sembrano quasi non avere origine e la genitorialità espressa appare solo quella della coppia adottiva che sembra quindi non avere ostacoli nel percorso. In questa sorta di illusione ottica, l’idea del bambino abbandonato in ospedale e adottato subito dopo, consente “quasi” un rapporto e una strutturazione del legame di attaccamento come nella genitorialità biologica, tra la coppia e il bambino non c’è illusoriamente “nessun altro”. La madre naturale, in questa fantasia, diventa una sorta di “utero in affitto”. La fantasia descritta  tende a far dimenticare il passato del figlio  colludendo con i movimenti interni, non sempre consapevoli, che tendono a non permettere il pensiero sul passato dei figli. L’adozione di bambini neonati contiene aspetti delicati e critici di cui tener conto e l’attività di gruppo può essere di aiuto per affrontarli. Insieme si può ripensare al passato così presente sia dei bambini che dei genitori, si immagina il futuro della nuova famiglia accendendo una luce sull’oggi. Il lavoro che è stato possibile attraverso gli incontri di questo gruppo, è stato quello di dar voce alla realtà di una adozione complicata e a volte molto dolorosa .

Il neonato alla nascita già possiede un suo bagaglio che è sia fisico che mentale, questo bagaglio lascia una memoria corporea di esperienze prenatale che può anche incidere sulla vita successiva. Alla nascita al bambino abbandonato in ospedale viene a mancare tutto quel contatto contenitivo, quell’abbraccio che gli consente lo sviluppo di funzioni fondamentali, quali la percezione del confine tra sé e l’altro, la percezione delle proprie emozioni che non sono filtrate e restituite da nessuno se non da persone occasionali pure ben disposte (si pensi per esempio alle infermiere) impedendo quindi lo sviluppo di funzioni adeguate ai fini della crescita evolutiva. L’essere toccato, manipolato dalla madre consente al bambino l’organizzazione dello schema corporeo, la strutturazione di un senso di sé come capace di ricevere e trasmettere sensazioni “buone”, quindi un senso di autostima e autoefficacia. La madre permette anche la modulazione adattiva degli stati ansiosi consentendo la così detta regolazione emotiva.

I partecipanti al gruppo hanno compreso di convivere con la consapevolezza di essere genitori adottivi e non biologici ed è emerso che a differenza di quanto si sarebbero aspettati, paradossalmente, tanto il bimbo è più piccolo, tanto più il fantasma dell’“altra” è vicino, è presente. Quasi tutte le mamme del gruppo hanno espresso la difficoltà iniziale di toccare la pelle, gli umori e gli odori di un bambino estraneo al sé; l’intimità cosi ineluttabile che richiedono le cure di un neonato richiama alla mente prepotentemente l’altra madre, quella biologica. Pelle, odore, umore sono dei potenti evocativi emozionali che collegano in modo subitaneo le mamme adottive all’“altra”. Questo richiamo accade in tutte le adozioni, ma con un bambino neonato il corpo è il veicolo immediato di interazione 

La possibilità per ognuna delle mamme di esprimere senza pudore emozioni legate anche a sensazione di estraneità di un piccolo corpo altro da sé e scoprire di non essere sole, ma anzi di essere comprese e riconosciute da chi stava vivendo una esperienza similare, è stato per tutte una grande e preziosa opportunità di conoscere e riconoscere sé stesse nel percorso di attaccamento al figlio. I vissuti dolorosi sono stati elaborati ed integrati nell’attuale vita affettiva dando spazio alla possibilità di amare in modo autentico ed originale, permettendo la costruzione di una genitorialità possibile.

Il gruppo ha permesso anche di rendere evidenti e pensabili le paure delle mamme che talvolta colludevano con le carenze profonde dei bambini la cui espressione a volte portava alla somatizzazione: dermatiti, ipercinesia, disturbi dell’alimentazione e del sonno. L’esperienza del gruppo ha visto questi sintomi diminuire e sparire nel momento in cui la madre adottiva ha potuto comprendere e tenere dentro di sé l’altra mamma. Madri e padri hanno potuto   integrare e pensare   le difficoltà della loro adozione, entrando in contatto col vissuto profondo degli altri genitori riconoscendosi e non sentendosi più soli e sbagliati ma tutti in un percorso di crescita sapendo   di essere ognuno una risorsa per l’altro. E in questo scambio si è creata una rete di solidarietà e speranza, “ce la posso fare” “ce la possiamo fare”.


La nostra associazione organizza attività dedicate alla famiglia adottiva e a chi intende avvicinarsi al mondo dell'adozione. Organizziamo conferenze e incontri dedicati ai temi a noi cari e molte attività dedicate ai soci.

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Data di pubblicazione: 
Giovedì, Dicembre 2, 2021

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