Autore: 
Devi Vettori, formatrice e consulente di narrazione esperta di letteratura per l’infanzia

La narrazione è parte della natura umana come il respiro e la circolazione del sangue.

[Narration is as much a part of human nature as breath and the circulation of the blood].

Antonia Susan Byatt, On Histories and Stories, 2000

La narrazione rappresenta per l'essere umano uno strumento per raccontarsi, elaborare e anche consegnare parti di sé a qualcuno che, per quanto vicino, è altro, specchio e riflesso del nostro racconto. In questo, il raccontarsi diviene quasi un salto nel vuoto perché non si può prevedere la risposta alla condivisione di qualcosa che può essere molto personale.

In ambito adottivo, questa sensazione di salto nel vuoto può acquisire varie sfumature, anche per la molteplicità di narrazioni che si stratificano e si possono sovrapporre e intersecare, un po' come in una millefoglie di visioni e storie.

Prima, però, una specifica che ritengo fondamentale: parlando di narrazione non si intende solo la parola, scritta o parlata, ma anzi molte altre modalità in cui sperimentarsi, come la fotografia, l'illustrazione, la musica, il movimento ovvero il racconto che facciamo di noi anche attraverso il corpo, il modo in cui abitiamo lo spazio e ci muoviamo dentro di esso. Certo, alcune di queste sono narrazioni che dipendono dalla nostra intenzionalità mentre altre, come quella del corpo, non sempre sono volontarie, poiché il corpo racconta di noi, talvolta prescindendo dalla nostra volontà di esporci. Ma anche in questo caso si può cercare una narrazione pensata come la costruzione di un racconto da condividere, quindi agita consapevolmente, riappropriandosi del diritto di narrarsi come, quando e quanto si desidera.

Proprio pensando alla necessità che il racconto di sé sia una scelta, riprendiamo l’iniziale idea di una narrazione adottiva millefoglie, dove le narrazioni multiple che la compongono si intrecciano e stratificano tra loro; diviene, quindi, necessario riuscire a distinguerle, non perché si possa o si debba eliminarne qualcuna, ma perché saperne riconoscere i confini può aiutare a districarsi tra di esse.

Difatti, in ambito adottivo si possono ben distinguere almeno queste narrazioni:

  • una narrazione personale, con cui si intende il racconto di sé e del proprio vissuto, fatto dalla persona che ha un background adottivo, a se stessa e agli altri;
  • un'altra narrazione è quella familiare, ovvero quella che si costruisce nella cerchia della famiglia rispetto alla storia dei propri figli, in cui all’inizio o in alcune fasi, saranno magari i genitori stessi a raccontare o comunque ad accompagnare nella costruzione di una narrazione del vissuto, dell'intreccio con quella della coppia e delle dipanazioni varie che queste possono prendere.
  • Serve poi tenere presente che ci sarà una narrazione sociale, ovvero quelle situazioni in cui la storia adottiva verrà condivisa all'esterno, dai contesti amicali, di gruppo come lo sport o altre attività, e ovviamente alla scuola, ambito per il quale ci si troverà ad interfacciarsi anche con la narrazione istituzionale, che troppo spesso rappresenterà un passaggio obbligato quanto complesso e faticoso, data la poca attenzione e gli inghippi burocratici che si possono incontrare. 
  • Infine, ma non tralasciabile, c’è la narrazione che i media fanno delle tematiche adottive, troppo spesso polarizzata in visioni estremiste che oscillano tra l'utilizzare il vissuto adottivo come motivazione per qualsiasi azione ritenuta criminosa e dall'altra parte un'esaltazione di successi e primati, in cui l'adozione viene letta sotto la lente distorta del riscatto dell'inizio in salita o della gratitudine da esprimere per le possibilità salvifiche dei bravi e buoni genitori di cui è necessario dimostrare di essere meritevoli.

Ognuna di queste narrazioni ha sfumature e aspetti molteplici, perché la realtà è complessa e la narrazione di essa non può che seguirne le tracce rivelandosi sempre articolata e in evoluzione, e anche i racconti delle storie di adozione si diramano e si intrecciano con forme differenti di volta in volta.

L'invito è dunque ad esplorare le possibilità narrative senza limitarsi, allenandosi a starci dentro e cogliendo le opportunità di incontrarne di nuove, con la consapevolezza del loro essere mutabili, un work in progress che ci regala la libertà di pensare a narrazioni differenti ad ogni trasformazione attraverso cui si passa, per riconoscersi ogni volta non granitici, ma piuttosto sempre un po' più simili al sentire di quel momento, sapendo che cambierà ancora e farà scoprire altre parti di sé, magari da raccontare.

 

 

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Data di pubblicazione: 
Lunedì, Aprile 22, 2024

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