Autore: 
Monica Nobile – pedagogista, tutor dell’apprendimento, counselor.

A settembre ricomincia la scuola, alcuni ragazzi affronteranno il passaggio alla scuola superiore, alcuni dovranno ripetere l'anno, altri vivranno l'incertezza di trovarsi nell'esperienza giusta per loro. 

In tutti questi casi è importante ricordare che la normativa dà alcune importanti possibilità per sostenere gli studenti che si trovassero in situazioni di fragilità. 

La dispersione scolastica nel nostro Paese ha raggiunto livelli preoccupanti e occorre riflettere attentamente sulle azioni preventive da attuare prima che i ragazzi arrivino al livello di insofferenza e al senso di inadeguatezza che potrebbe portarli all'abbandono della scuola. 

Una legge importante, definita "passerella", è quella che consente - se ci si accorge di aver sbagliato percorso in prima superiore, di prendere in considerazione l'iscrizione ad una scuola alternativa. Entro il primo quadrimestre i genitori possono valutare questa possibilità e comunicarla al dirigente scolastico, che dovrà accordare il nulla osta per l'inserimento nel nuovo istituto. Entro gennaio, senza particolari ostacoli burocratici, è sufficiente che il ragazzo sostenga un colloquio conoscitivo con il Consiglio d'Istituto della nuova scuola, per poi attuare il passaggio, la "passerella" appunto. Gli insegnanti indicheranno alla famiglia le attività di potenziamento per allinearsi al livello del gruppo classe. 

Più complesso, ma non impossibile, è il percorso da intraprendere per chi si accorge di aver sbagliato scelta più tardi, magari in seconda o terza superiore. In questo caso lo studente dovrà sostenere un colloquio con una commissione scelta dal Consiglio d'Istituto. Colloquio che non sarà più solo conoscitivo, ma di verifica delle competenze. Se, ad esempio, il passaggio è da un istituto tecnico a un liceo scientifico, la commissione dovrà verificare le competenze su tutte quelle materie che al tecnico non c'erano, come latino o filosofia.  

In questo caso non sarà sufficiente prevedere un leggero potenziamento ma corsi di studio e di recupero delle materie nuove da affrontare. In questi casi è più opportuno pianificare il passaggio prima dell'estate in modo da avere il tempo di recuperare e affrontare adeguatamente il nuovo anno. Nel caso in cui si trovi una buona disponibilità da parte del dirigente, si può anche valutare la frequenza di un primo anno scolastico come uditore nella nuova scuola, per poi passare all'anno successivo in pari con le materie previste. 

A volte è l'istituto a mettere a disposizione corsi di recupero, più spesso è la famiglia a sostenere il figlio, seguendolo nello studio pomeridiano o individuando un tutor privato. In ogni caso è importante dare peso e attenzione al malessere scolastico dei figli, talvolta si tratta di fasi passeggere in cui i ragazzi hanno poca voglia di studiare e vivono semplicemente la pesantezza dell'impegno scolastico, ma altre volte il malessere può essere più serio, sottendere un disagio con gli insegnanti o con i compagni, o una vera e propria crisi rispetto a scelte fatte in un'età in cui è ancora prematuro intravedere il proprio futuro e riconoscere le proprie inclinazioni. 

Mi spiega Marco, che ha concluso la frequenza del primo anno di un istituto tecnico:

la mia scuola non mi piace, voglio andare all'istituto alberghiero.

Provo a capire, gli chiedo quali sono le materie che gli risultano sgradite, quali quelle che gli piacerebbe studiare. Non riesce a restituirmi un quadro chiaro, resta vago, prende in considerazione, una a una, tutte le materie svolte e non ne salva nessuna: quella è troppo difficile, l'altra è troppo noiosa, quell'altra è trattata da una professoressa insopportabile. Guardiamo insieme i programmi di altre possibili scuole, vagliamo le diverse materie, nessuna sembra accendere il suo entusiasmo. Gli chiedo perché voglia frequentare proprio l'alberghiero e mi risponde che gli piacerebbe imparare a cucinare. Gli spiego che non ci sono solo i laboratori e che, comunque, le attività pratiche coprono soltanto sei ore del calendario scolastico, illustrandogli tutte le altre materie che dovrà affrontare. Tace per un po', si imbarazza, capisco che vuole dirmi qualcos'altro ma non è sicuro della mia possibile reazione.

Alla fine si decide:

lì si studia poco e promuovono tutti. Molte persone che conosco me l'hanno confermato, dicono che è una figata perché i prof ti danno la sufficienza senza pretendere che tu sia preparato. I miei amici che vanno lì hanno un sacco di tempo libero per divertirsi, giocare a calcio, uscire al pomeriggio. 

Marco ha superato il primo anno della scuola che non vuole proseguire con la promozione, qualche sei e qualche sette, nove in comportamento. 

Gli spiego che non sono lì per convincerlo di frequentare una particolare scuola, né per farlo desistere dalla scelta dell'alberghiero, anche se i suoi genitori lo hanno mandato da me proprio per questo scopo. 

Gli prometto che lo sosterrò nella sua decisione, ma solo e soltanto dopo che sarò sicura che lui abbia tutte le informazioni necessarie per compiere una scelta consapevole.

Gli propongo di riflettere sul punto di vista degli adulti e su quello dei ragazzi della sua età, cercando di intravedere la possibilità di avvicinare due mondi, che ai suoi occhi sono irreparabilmente distanti, per scovare insieme una via di mediazione possibile.

Quando i genitori affrontano il tema della scuola si proiettano nel futuro dei loro figli, prendono in considerazione i titoli di studio che possano garantire una buona occupazione professionale, valutano la qualità dell'ambiente formativo, non solo dal punto di vista curricolare, ma anche vagliando le caratteristiche di una scuola che sappia coinvolgere i ragazzi durante la fase più critica della loro esistenza, puntano ad una rotta che garantisca un porto sufficientemente sicuro, affinché i figli possano essere traghettati verso la vita adulta nel migliore dei modi. 

I figli, spesso, si occupano di tutt’altro. I loro interessi sono diversi. Trovare una classe dove si possa fare amicizia, seguire ideali e sogni, forse non sempre ben definiti e realistici, ma appetibili e accettabili per loro e - non di rado - per il loro gruppo di riferimento, garantirsi un impegno di studio congruo, non eccessivo, che possa lasciare il tempo per qualcosa di altro dalla scuola. 

Marco vuole andare all'alberghiero perché lì ci sono alcuni amici con cui si trova bene, perché quella scuola non gli prospetta interi pomeriggi trascorsi a studiare, perché concentra la sua immaginazione sui laboratori di cucina, certamente più piacevoli ai suoi occhi di una lezione di diritto aziendale. 

Pur essendo comprensibili e condivisibili i parametri di scelta dei suoi genitori, credo che i pensieri di Marco vadano rispettati e accolti, poiché esprimono bisogni importanti di un ragazzo della sua età. 

Il percorso che abbiamo intrapreso ci ha portati a riflettere sull'insieme delle questioni, assumendole tutte come importanti e provando a capire se, in un ragionamento di più ampio respiro, avremmo potuto trovare la giusta strada da percorrere. Andando per esclusione, abbiamo individuato tre scuole possibili: alberghiero, liceo scienze umane, tecnico biotecnologie. Le abbiamo scelte in base all'orario settimanale, alle materie prevalenti, alle possibilità che davano dopo il diploma, ai progetti extracurricolari, alle informazioni sugli insegnanti, che abbiamo raccolto attraverso le nostre rispettive reti di conoscenze. 

Abbiamo poi incontrato i tre insegnanti referenti per l'orientamento, preparandoci, prima degli incontri, una lista di domande, stabilendo quali fossero le notizie più importanti da raccogliere.

L'insegnante del liceo ha conquistato Marco. Non ha fornito una semplice descrizione tecnica e curricolare, ma piuttosto il progetto della scuola, oltre le specifiche materie, ha spiegato, con un linguaggio semplice ed empatico, quali erano le finalità formative e educative che condivideva con i suoi colleghi. Nella mia posizione di addetta ai lavori e, nel contempo, di presenza silenziosa accanto a Marco - ho colto che quell'insegnante credeva nel suo lavoro, lo svolgeva con dedizione e apertura nella relazione con i ragazzi. 

Marco, conclusa la lista di domande che avevamo preparato, le ha chiesto se quella fosse una scuola difficile.  

Lei ha risposto con un esempio: gli ha spiegato di essere sempre stata molto esigente con i suoi studenti nello studio della storia. Ha precisato che non le interessano le date precise e che talvolta sorvola sui nomi di re e papi, ma che desidera, invece, trasmettere l'importanza degli strumenti per capire la realtà in cui viviamo e coltivare la speranza e la consapevolezza di poter cambiare il mondo.  

L'ha convinto così, con la passione. Marco a settembre frequenterà quel liceo. Quest'estate ha studiato per sostenere gli esami integrativi, brontolando molto per lo studio del latino ma mettendo il suo impegno, in vista di un obiettivo che aveva fatto suo. Abbiamo concordato che sarò sua tutor per qualche ora la settimana e che lavoreremo sul metodo di studio e sulle strategie efficaci per liberare tempo da dedicare ai suoi interessi e alle sue relazioni amicali. 

Non posso sapere come andrà, ma penso che per lui sia stato importante diventare protagonista della sua scelta e intravedere la possibilità che la scuola non sia un incubo quotidiano, ma uno spazio dove scoprire e coltivare i propri interessi, respirando la passione che quell'insegnante, durante il colloquio, gli aveva trasmesso. 

Ci siamo detti che l'alberghiero non è per niente una cattiva idea e che quell'indirizzo resta interessante, ma che per il momento era meglio farsi guidare da un'idea più ampia, superando la dicotomia tra scuola facile o difficile e trovando, invece, un senso che avesse significato per lui, per la sua età, per la sua crescita. 

La ricerca della strada da percorrere, a volte, è un tema ancor più cruciale per i ragazzi con background adottivo. Penso ai casi in cui le esperienze passate li hanno resi più fragili nel percorso scolastico, più minati nell'autostima, più esposti alla frustrazione e alla paura del fallimento. A volte arrivano alla scelta della scuola superiore dopo anni difficili, percorsi minati da una mancata capacità di accoglienza e di empatia da parte degli insegnanti, segnati da reiterati giudizi negativi e da interventi inadeguati in risposta alle loro difficoltà scolastiche e ancor prima emotive.  

Il passaggio alla scuola secondaria di secondo grado può essere, in questi casi, affrontato con forte ansia da parte dei genitori, scoraggiati dalle esperienze precedenti che hanno generato forti dubbi sulla reale possibilità per i loro figli di farcela, di poter andare avanti, di poter trovare un percorso che li porti alla soddisfazione e realizzazione. 

Lo scorso anno ho incontrato Silvia, per aiutarla nella scelta della scuola. Quando le ho chiesto le sue preferenze, mi ha spiegato che avrebbe voluto fare scienze applicate, ma che invece prenderà l’indirizzo classico perché il latino è una materia molto importante nella vita. Suona stonata quella frase in bocca ad una ragazzina! 

Mi ha spiegato:

a scuola sono sempre andata così così e i miei genitori mi hanno fatto promettere di impegnarmi di più. Dicono che la testa ce l'ho e che dipende solo da me diventare finalmente una brava studente. Devo smettere di aver paura di tutto, non sono più una bambina! 

I genitori mi avevano raccontato che gli insegnanti delle medie non l'avevano mai capita, che era una ragazzina molto emotiva e che andava nel panico quando doveva sostenere una verifica o un'interrogazione. Mi hanno spiegato che, vedendola sempre insicura, volevano rinforzarla e convincerla delle sue capacità. Intendevano così contrastare i giudizi, spesso negativi, di insegnanti poco capaci di riconoscere i suoi vissuti e non abbastanza competenti nell'individuare l'origine emotiva delle sue difficoltà cognitive. Volevano che si convincesse di poter fare ciò che desiderava, esattamente come tutti i suoi compagni. 

Ho proposto a Silvia di valutare anche altre scuole, di non categorizzare quelle di serie A e quelle di serie B, ma di provare invece ad immaginare quali studi avrebbero potuto nutrirla. 

Non era convinta fosse una buona idea, mi ha spiegato che non voleva dare un dispiacere ai suoi genitori.
 

A loro piace quel liceo, ci tengono tanto che io abbia successo, se gli propongo un'altra scuola poi si spaventano e pensano che sia una fallita, sarebbe ancora peggio. In fondo lo fanno per me e agiscono per il mio bene. 

Penso a quanto sia complicato fare il genitore. Si rischia facilmente di essere ingombranti, di condizionare le scelte dei figli con le proprie aspettative e di finire per decidere al loro posto. Sostenerli e spronarli perché sentano di potercela fare può, nonostante le migliori intenzioni, renderli ancor più insicuri.

Nell'esperienza adottiva, talvolta, i genitori sono impegnati a riparare le ferite di un figlio, con un passato traumatico, che non ha trovato nella scuola lo spazio di crescita della propria autostima e di consapevolezza del proprio valore.

Quando, in adolescenza, si trovano ad accompagnare i ragazzi nella definizione del loro futuro, si trovano, a volte, divisi tra la preoccupazione di non sottoporli a percorsi eccessivamente prestanti e l'attenzione al loro valore, desiderando che anche i loro insegnanti, una buona volta, si accorgano delle loro potenzialità e li aiutino a sbocciare.

Durante i colloqui sull'orientamento scolastico, alcuni genitori sono molto incerti, ad esempio, se non sia meglio scegliere un istituto professionale - meno richiestivo e quindi più adeguato a garantire la gestione dell'ansia e il raggiungimento di un benessere personale - piuttosto che altre scuole che promettono una maggiore crescita formativa e possono aprire a opportunità personali e professionali e permettere di immaginare un futuro di maggiore pienezza e gratificazione. 

Quei figli - anche se faticano a risollevarsi da esperienze negative vissute durante l'infanzia - arrivati all'età in cui si deve avere la possibilità e la libertà di scegliere, devono poter essere protagonisti e poter muovere i loro passi verso il futuro. Ai genitori spetta il non facile compito di rispettarli, sostenerli e cercare di guidarli senza sostituirsi a loro nelle scelte.

Trovare il giusto equilibrio in questo senso può mettere in difficoltà, per questo costruire alleanze e aprire un dialogo costruttivo con la scuola, assume un'importanza fondamentale. Come trattato all'inizio dell'articolo, la questione cruciale verte sulle qualità di inclusione e accoglienza della scuola e sul fortunato incontro con insegnanti che appassionano, che fanno il tifo per i ragazzi, perché, penso, è nel loro agire professionale con passione e competenza che possono davvero, in sinergia con le famiglie, aiutare ad attuare scelte che promuovono benessere e crescita. E quando si verificano incidenti di percorso possono, anche attraverso gli strumenti normativi, agevolare passaggi e adeguate azioni, per riformulare i progetti scolastici e accompagnare gli studenti nel loro percorso, senza mai perderli di vista e aiutandoli a definirsi in una loro giusta e adeguata dimensione. 

Silvia ha concluso con successo il primo anno di un istituto agrario ritenuto, a ragione, un'eccellenza per la qualità degli insegnamenti e la ricchezza dei progetti territoriali extra curricolari. 

Siamo arrivati ad una scelta che oggi ci rende molto soddisfatti; l'abbiamo fatto insieme, ragionando, ascoltando, collaborando, mettendo al centro Silvia e nel contempo stabilendo, passo fondamentale, un rapporto di reciproca fiducia e stima tra insegnanti e genitori.


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Data di pubblicazione: 
Mercoledì, Agosto 30, 2023

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