Autore: 
Maria Rupil, Psicologa, psicoterapeuta, dott. In Servizio sociale Didatta della S.R.P.F. ( Scuola Romana di Psicoterapia Familiare)

Ho deciso di rappresentare il mio pensiero, sul tema delle origini nell’ambito adottivo e del contatto – reale o immaginato – con la propria madre biologica, facendomi accompagnare dalle parole di una protagonista.

Nell’articolo che segue leggerete in corsivo e in citazione “il racconto” che una giovane ragazza adottata ha presentato, a completamento del suo percorso universitario, nella sua tesi(1), che ha trattato proprio il tema dell’adozione. Ha svolto la sua tesi accompagnandola e sintetizzandola attraverso un libretto figurato e un video, costruito attingendo ai suoi pochissimi ricordi e alle sue fantasie, ricordi e fantasie che proietta trasferendole nel personaggio di una fantomatica bambina di nome Lara.

Io qui annoderò le mie riflessioni al racconto di “Lara”.

 

Il racconto di Lara: i ricordi

Lara ha sei anni, il suo vero nome è Larissa ma i grandi trovano più comodo chiamarla Lara. Larissa (o Lara) è nata un giorno di primavera, molto piccola è stata lasciata in orfanotrofio. Larissa è una bambina minuta, ha due grandi occhi scuri ed un nasino all’insù sempre rosso per il freddo. A Lara piace che i suoi capelli dai riflessi biondi siano raccolti in due codini legati proprio sopra le orecchie.

I suoi genitori avevano tanti problemi e non potevano prendersi cura di lei ma l’amavano e volevano che sopravvivesse e siccome non avevano scelta la portarono in orfanotrofio in un posto dove c’erano tanti altri bimbi come lei.  Li la loro piccola sarebbe stata accudita e un giorno qualcuno l’avrebbe amata come loro e di questo erano certi.

Affinché Lara sapesse che i suoi genitori biologici non l’avrebbero mai dimenticata, le lasciarono come compagno un peluche da cui Lara non si sarebbe mai separata. 

...  Il peluche è un leoncino che Lara ha chiamato: Leone Zampone perché ha delle zampe enormi.

Lara tiene Zampone sempre con sé, pure quando dorme o si lava. Le ricorda il calore della sua mamma.

                                                                                    

Lara nel racconto che prosegue dirà che il suo peluche, che mai abbandona, è la sua consolazione, il compagno di fantasie giocose, il compagno che le fa coraggio, che le dà speranza, che la sollecita a vedere il mondo. La presenza che le è accanto e la protegge dai mostri... da quei mostri guardiani che sempre la osservano e la minacciano di farglielo sparire se lei non ubbidisce, se non decide di crescere.

 

... Lara ha molta paura, si infila sotto le coperte e stringe a sé Leone, nessuno glielo porterà via. ...  Lara ha paura da quando era piccola.  

 

Il racconto di Lara ci introduce alla complessità del viaggio da un mondo ad un altro, alle paure, alle speranze e alle difficoltà ed ambivalenze che questo passaggio di vita comporta.

Lara o Larissa, non ricorda molto, non ricorda del prima dell’orfanotrofio e quasi nulla anche di questo periodo. A poco a poco ricorderà solo della paura dei mostri, degli occhi onnipresenti, anche di notte. Della sua speranza di avere “un abbraccio e un bacio per non avere più paura; forse questo le potrebbe bastare”

Lara in questa storia, che la distanzia e al contempo la unisce a sé, nel raccontare di fantasia, invita noi a non dimenticare che le storie di vita non si perdono mai del tutto. Anche non ricordando, o credendo di non ricordare, i primi legami, le prime esperienze affettive e le ferite a qualche livello restano impresse, presenti. Rimangono tracce mute, tracce silenti, ma resilienti. 

Molte Larisse, com’è anche desiderio della nostra Lara, troveranno poi nella loro vita braccia accoglienti e occhi sorridenti, troveranno dei genitori che le accoglieranno, ma noi tutti sappiamo che il passaggio di per sé non sarà sufficiente a garantire l’entrata nel nuovo mondo, perché non sono bambine nuove.

Il nuovo nucleo familiare attraverserà periodi di luna di miele ma anche incertezze e non sempre con facilità troverà modulazioni relazionali sintoniche.

Vi potranno essere figli che esprimeranno problematiche severe, genitori che dichiareranno “di non farcela più” e le storie adottive delle Lare o dei Giovanni, nel loro dispiegarsi potranno trovare sbocchi preziosi o dovranno riavvolgere il filo e ricominciare daccapo, ma con dei nodi più stretti.

La teoria della complessità ci insegna a tenere in mente che i percorsi di vita non sono destini. Che non avremo mai certezza di come il filo si dipanerà e che traiettoria seguirà, così come non dobbiamo pensare che i nuovi inizi siano realmente un ricominciare dal principio. Il filo della vita può scorrere facilmente, può perdersi, frammentarsi o annodarsi, ma comunque rimane.

Il nuovo percorso, il legame affettivo che s’innesta, è fonte di speranza, di felicità, d’incertezza e di meraviglia e in questo “far appartenenza” sta la capacità, la competenza, la volontà di percorrere strade evolutive condivise.

 

Ti addormenterai ogni sera con un bacio e una carezza e sarai cullata dal suono dolce di un cuore che pulserà solo per te.  Diventerai grande.  

 

Questa è la promessa di felicità che Lara sogna e s’aspetta dalla vita. E una simile promessa d’amore penetra anche nel cuore di chi desidera un bambino da adottare. Ma i desideri di felicità ci portano spesso a illuderci che sarà così anche nella realtà.

Dimentica il presente e il sogno realtà diverrà”, ci suggerisce un’indimenticabile storia dell’infanzia, e nell’esperienza adottiva è facile essere tentati di credere che sia utile anche distrarsi dal (loro) passato, e credere che “il loro cuore pulserà solo per noi”. 

Il desiderio di amare e crescere un figlio, la volontà di “offrire riparo” a bimbi vulnerabili impegna anima e corpo e, ancora una volta, l’energia, l’attenzione, aggancia il presente in relazione al futuro. Fa credere che l’esperienza passata possa rimanere sullo sfondo e con essa le emozioni connesse. Le esperienze vissute in tempi lontani, tanto più dolorose, se non traumatiche, e quelle legate alle esperienze   presenti si intersecano e danno ragione a situazioni, a volte, poco comprensibili, a crisi che assumono variegate forme espressive e che, di volta in volta, cercano come matrice l’origine e l’esperienza infantile di un tempo, oppure si centrano sui comportamenti incongrui del figlio adottato, ancorati alla vita presente.

Nel passato lontano o nel qui ed ora sta la disfunzione? Le crisi chiamano, in un’ottica complessa, la ricerca di una comprensione più ampia. Ci chiedono di legare il tempo con i tempi, di avere la capacità di coniugare e dare un senso agli accadimenti di oggi attraverso quelli di allora, di cogliere l’intreccio e la funzione della crisi, che probabilmente “cerca” di dare parola a parole sconosciute, ad emozioni sottratte.

La vicenda adottiva non incontra solo ricordi confusi, vuoti di memoria, non teme solo di “non poter dire”, ma anche sperimenta due mondi di relazioni reali che per quanto separati, convivono nella realtà attuale del bambino che cresce.

Convivono un contesto familiare adottivo e un contesto familiare fantasma che sosta, in segreto, sopito o che si anima e si dibatte nel mondo interno.

Leggendo Lara mi chiedo: Potrà separarsi dal suo peluche Lara? Quel peluche sempre sotto minaccia di sottrazione, quel peluche che si può anche perdere, ma che Lara sente di non poter abbandonare mai del tutto.

Lara ha molta paura, si infila sotto le coperte e stringe a sé Leone, nessuno glielo porterà via.  Lara ha paura da quando era piccola. 

 

Un’infanzia infelice, uno strappo lacerante, tanto più se silente, deve trovare accoglienza in una mente e in un cuore che ascolta e può sostenerne il dolore, anche se questo dolore, sappiamo, può riattivare ferite complementari in chi si propone di accogliere.  

Lara, continua il racconto, incontrerà la sua famiglia adottiva a sei anni, sarà amata e riamerà. Lara non ricorda, non è interessata al suo passato.... In adolescenza prova rabbia, provoca la madre e ha difficoltà nell’essere abbracciata.

 

 Lara ha paura da quando era piccola. Leone Zampone fa per accarezzarla ma Lara si allontana bruscamente e chiude gli occhi impaurita. Leone sa perché fa così, e le chiede scusa. Lara ha paura da quando era piccola.

 

 

Il tempo che lo scorrere del tempo non ha offuscato: ricordare

La legge 184/83 art.28 prevede che le persone adottate non solo siano informate in relazione alla propria origine ma che in seguito, possano accedere a notizie più specifiche, fino a richiedere, attraverso il Tribunale, un incontro con la stessa madre biologica (o con un familiare)(2).

L’evoluzione del contesto normativo e giurisprudenziale ha introdotto un forte cambio culturale rispetto alla prospettiva dell’adozione di un tempo, che voleva un passato inaccessibile, sepolto, inesistente. Si trattava di una norma che sanciva una netta frattura tra il prima e il dopo adozione. Il cambiamento è stato un passaggio significativo. 

Al contempo sappiamo che i tempi della legge non coincidono sempre con i tempi emotivi e se è pur vero che le leggi recepiscono e strutturano il nuovo modo di pensare, allo stesso tempo non è sufficiente una legge scritta per modificare una consuetudine emotiva che ancora persiste.

Contemporaneamente la possibilità dell’accesso libero al ritrovamento (questa volta da entrambe le parti) attraverso i mezzi tecnologici attuali, anticipa i tempi legislativi e sfugge a qualsiasi controllo.   

   Questa situazione ci porta a ripensare a quel tempo che lo scorrere del tempo ha offuscato, dando alle famiglie adottive “sicurezza” di appartenenza certa.

Ritorna, come un pensiero molesto, quel sapere tralasciato, quelle foto dimenticate, rimosse, che comunque, a qualche livello permangono. Ritornano alla mente quei legami sfocati, quelle narrazioni fiabesche, vere o visionarie che tanto meno hanno trovato confronto reale e spazio espressivo “all’esterno”, tanto più stazionano internamente.

L’entrata del minore nel nuovo nucleo, l’incontro dei “due mondi” nella diversità di ogni singola esperienza, sviluppa in modo trasversale, una dinamica univoca rintracciabile nel declinarsi di un percorso di contaminazione tra passato e presente che prevede, come esito soddisfacente, lo sviluppo di una narrazione integrata del proprio sé.

 

Ricercare, ritrovare

Il momento dell’avvio della ricerca apre una fase critica: evento catastrofico o denso di opportunità? Quanto siamo preparati a sostenere questa fase, come genitori, come figli, come operatori? 

Emerge con intensità un mondo emozionale. Entusiasmo per un possibile ricongiungimento, per una storia a “doppio lieto fine”, come paura di nuovi abbandoni, di tradimenti. Quale riposizionamento nello scenario delle relazioni?

E la madre cercata? 

Irrompe nella sua vita la notizia del suo essere stata ritrovata, anche a fronte di una legge che tutelava la sua scelta di anonimato. Ora, una seconda scelta? Una felicità impensata?  Uno sconvolgimento di vita? Quale onda d’urto in tutti i sistemi coinvolti?  Quale accompagno e quale sostegno? Questa fase è densa di forti emozioni, d’incertezze, di attese, di sentimenti ambivalenti. L’esito atteso, la favola del ricongiungimento “del vissero tutti felici e contenti” non è scontata.

Le due storie di vita si ritoccano, si ricongiungono o si ridistanziano? Quale vicinanza ora sarà possibile?

Nulla è prevedibile, l’incontro, la negazione all’incontro o l’articolazione dell’incontro, segna un passaggio significativo, ricuce la storia con dati di realtà, con l’esperienza soggettiva vissuta all’interno di contesti relazionali allargati e per questo può apportare nuovi sorrisi, come nuove ferite, delusioni, destabilizzazioni complesse, che hanno bisogno di un tempo per trovare “la giusta vicinanza o la giusta distanza”.

La ricerca delle origini diviene così un tempo ricco di risorse, ma anche di inganni, di possibili delusioni e ambiguità tra la rappresentazione interna, la dimensione fantasmatica e l'interazione reale. La qualità dell’incontro e della relazione che si svilupperà tra i due mondi, tra le due madri potrà orientare la crescita attraverso strade di appartenenza sicura, come strutturare un cammino di cesura o di “doppia assenza”.

 

Accompagnare negli incontri

L’aver cura dei legami e della continuità delle storie di vita è un compito riferito anche agli operatori coinvolti nelle storie adottive. Si prospetta così l’invito a costruire percorsi di sostegno più strutturati, dove sia possibile aprire spazi di riflessione per scelte maggiormente consapevoli, dove il possibile incontro non sia vissuto come “incontro fatale” ma sia inserito in un processo, accompagnato e sostenuto nelle sue articolazioni e attento al sistema allargato coinvolto. In particolare, l’eventuale esito deludente va sostenuto e dotato di senso. 

Accompagnare e sostenere l’incontro, anche durante l’esperienza reale, riflettere sulle variabili che si potrebbero sviluppare nel tempo, significa individuare, proprio nella relazione che si concretizza nella “dimensione presente”, una significativa risorsa per il benessere futuro del minore, della famiglia acquisita e di quella biologica. Per rispondere davvero alla domanda: “Mamma, papà qual è la mia storia?

Por mucho que se la intente silenciar, la historia humana se niega a callarse la boca.

Per quanto si cerca di farla tacere, la storia umana non si lascia zittire.

E. Galeano

 

Spesso le storie eclissate permangono e riemergono. Un passato strappato, nascosto, sconosciuto, rischia di lacerare anche la storia futura.

La fase della ricerca delle origini e del possibile ritrovamento, non va pensato per forza come parte di un processo che avviene nel reale. La possibilità di dare spazio al ricordo, anche non ricordandolo, il poter dare respiro a nuove narrazioni sappiamo avere il potere di risanare o ristorare le ferite ed autorizza il passaggio “dal conflitto, alla conciliazione tra le due madri”. E’ strettamente connesso con “il trovare chi siamo”, permettendo che il domani stesso non rimanga a sua volta ferito o disperso.

Il voler conoscere le proprie radici, il desiderio di sapere di più della propria storia, o il desiderio di riconnettersi a persone e territori con e nei quali un tempo siamo vissuti, fa parte di un bisogno esistenziale. Il bisogno di riconoscersi all’interno di storie e appartenenze plausibili è elemento essenziale nella costruzione dell’identità.

Il pensiero dell’origine incrina e sorpassa la dicotomia del prima e del dopo, della nascita e della rinascita. Afferma con forza che i legami non si escludono a vicenda, che il legame biologico e il legame costruito possono differenziarsi e coesistere e al contempo trovare specifiche e originali vicinanze e distanze.  Ma sappiamo anche, comprensibilmente, quanto a livello emotivo, sia per i genitori adottivi sia biologici, rimanga difficile da abbandonare il pensiero che: “quel cuore pulserà solo per me”.

Una grande sfida, per grandi cuori.

“Hai sentito anche tu Zampone?”

“Si, Lara.”

Si abbracciarono stretti.

 

Note

  1. La tesi è di La Bionda T, Facoltà di Graphic Design
  2. Il medesimo articolo, al comma 7, indica anche che l'accesso alle informazioni non è consentito nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata. La Corte Costituzionale, con sentenza 18 - 22 novembre 2013, n. 278, ha dichiarato peraltro l'illegittimità costituzionale dell'articolo 28, comma 7, della legge 4 maggio 1983, n. 184, nella parte in cui non prevede - attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza - la possibilità per il giudice di interpellare la madre - che abbia dichiarato di non voler essere nominata - su richiesta del figlio, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione.

 

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Data di pubblicazione: 
Mercoledì, Febbraio 9, 2022

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